Diario da Gaza

“Ricevere un pacco a Rafah è una cosa eccezionale”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. A ottobre, sotto la pressione dell’esercito israeliano, Rami ha lasciato il suo appartamento a Gaza con la moglie e i quattro figli. Il loro è stato un viaggio molto pericoloso, sotto il fuoco dei cecchini e dei carri armati israeliani. Oggi la famiglia di Rami fa parte dei circa 1,5 milioni di sfollati stipati a Rafah, la città più a sud della Striscia, al confine con l’Egitto. Il premier israeliano Netanyahu ha minacciato di invadere la città, con il rischio di un nuovo massacro di civili. Fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che fornisce aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami oggi condivide un appartamento con due camere da letto con un’altra famiglia. “È un lusso”, dice con humor nero, vista la situazione della maggior parte degli sfollati. Orient XXI gli dedica questo spazio per raccontare la sua vita quotidiana e quella degli abitanti di Gaza a Rafah, bloccati in questa enclave miserabile e sovraffollata, in preda al loro destino.

Veduta aerea delle tendopoli per sfollati palestinesi a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto, il 31 dicembre 2023.
AFP

Mercoledì 21 febbraio 2024

Ieri abbiamo ricevuto un bel regalo da un amico francese: una tenda a quattro posti. Un regalo bellissimo perché avere una tenda a Rafah è un sogno. E anche perché da un momento all’altro, potremmo essere sfollati con la forza, come è successo ad ottobre, sotto il fuoco dei carri armati e dei cecchini. Questa tenda è la nostra ruota di scorta. Il nostro amico ci ha spedito anche dei vestiti e della cioccolata per i bambini. Walid, il più piccolo dei miei figli, ha fatto i salti di gioia. Nel pacco, c’erano anche medicinali e, soprattutto, delle pastiglie per purificare l’acqua da bere. È di vitale importanza perché qui l’acqua è salata. Ricevere un pacco a Rafah è una cosa eccezionale. È quasi un miracolo, un fatto straordinario. Bisogna avere dei contatti, ma non posso parlarne per motivi di sicurezza.

Stamattina i vicini mi hanno chiesto se fosse meglio andare ad Al-Mawasi, una zona sabbiosa in riva al mare1. L’esercito israeliano continua a dire che è un posto sicuro. Ma ieri sera ci sono stati degli attacchi aerei con almeno sette morti e numerosi feriti. Almeno due persone sono state uccise in un rifugio occupato dal personale di Medici Senza Frontiere (MSF). L’ultima notizia è che l’esercito si sia ritirato mercoledì mattina. MSF ha fornito agli israeliani le coordinate satellitari in modo che non venissero bombardati.

Screenshot del percorso a piedi da Rafah ad Al-Mawassi (la durata di 1h37 è puramente indicativa).
Screenshot del percorso a piedi da Rafah ad Al-Mawassi (la durata di 1h37 è puramente indicativa).
Google Maps

L’esercito ha tagliato la strada che va verso nord, da Rafah a Deir el-Balah, passando per Khan Younis. È una novità. Anche la strada di Salaheddine, che va verso nord, è stata a lungo tagliata fuori. In questo modo, Rafah è completamente isolata. La gente è angosciata, in preda al panico. Non sa più cosa fare. È l’inizio dell’incursione di terra a Rafah? Le forze israeliane inizieranno da Al-Mawasi per poi attaccare Rafah, e per scacciarci in Egitto, nel Sinai?

Chi preferisce mantenere un atteggiamento ottimista presta attenzione alla visita al Cairo di Ismail Haniyeh, il leader di Hamas. Sono in molti a pensare che ci saranno pressioni su Hamas e Israele per raggiungere almeno un cessate il fuoco. Anche se temporaneo, spero che il cessate il fuoco arrivi per il periodo del Ramadan. Qui la gente è davvero stanca. Bisogna fare in modo che arrivino gli aiuti umanitari, soprattutto nella città di Gaza e nel nord della Striscia.

Screenshot della Striscia di Gaza che mostra le tre città di Rafah, Khan Yunis e Deir el-Balah.
Screenshot della Striscia di Gaza che mostra le tre città di Rafah, Khan Yunis e Deir el-Balah.
Google Maps

1Al-Mawasi è una zona costiera desertica a ovest di Khan Younis. Ormai da settimane migliaia di persone sfollate si sono rifugiate lì, in accampamenti di fortuna. E’ stata dichiarata “zona sicura” dall’esercito israeliano, ma è stata comunque ripetutamente bombardata