Focus Gaza-Israele

Che cos’è Hamas?

Nel novembre 2021, l’ex premier britannico Boris Johnson dichiarava di voler includere l’ala politica di Hamas nella lista delle “organizzazioni terroristiche”. Con l’entrata in vigore della proposta, il Regno Unito, che fino ad allora aveva classificato come tale solo l’ala militare del movimento islamista, si allineava così alla presa di posizione già adottata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti.

Guidata dal febbraio 2017 dal leader palestinese Yahya Sinwar, Hamas governa la Striscia di Gaza dalla vittoria alle elezioni parlamentari del 2006. Il nome del movimento si deve all’acronimo Harakat al-muqawama al-islamiya, ovvero Movimento di Resistenza Islamico. È nel 1987, durante la prima Intifada, che la branca palestinese dei Fratelli Musulmani decide di fondare Hamas, che adotta tra le sue pratiche anche la lotta armata contro Israele. Il movimento mira anche a una reislamizzazione dal basso della società palestinese con la gestione di ampi programmi sociali, guadagnando popolarità e consenso grazie all’apertura di scuole e ospedali.

Il ruolo dello sceicco Yassin

Fin dal principio, Hamas non aderisce all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Nel 1988 pubblica la sua prima Carta fondamentale, che ha tra gli obiettivi la scomparsa dello Stato ebraico e l’istituzione di uno Stato islamico, dichiarando che “non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihad” contro Israele. Forte oppositore del dialogo con Israele, il movimento Hamas rifiuta categoricamente gli accordi di Oslo, firmati nel 1993 da Yasser Arafat e dall’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, che istituiscono l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), senza chiarire se gli accordi di pace – oggi ormai sepolti – avrebbero portato alla creazione di uno Stato palestinese indipendente dopo cinque anni di autonomia limitata.

La politica di colonizzazione della Cisgiordania prosegue anche con i successivi governi israeliani senza rispettare gli accordi previsti sul graduale ritiro delle forze militari dai territori palestinesi. In questa fase, Hamas è responsabile di una serie di attentati terroristici suicidi contro i civili israeliani. La reazione di Israele porta all’uccisione di molti leader del movimento, a cui Hamas risponde, a sua volta, con una nuova campagna di attentati suicidi. La seconda Intifada, scoppiata nel settembre 2000, vede un’ulteriore escalation con numerose vittime da ambo le parti.

Nel 2004, viene ucciso in un raid aereo israeliano il leader spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, cieco e paraplegico dall’adolescenza. Prima dell’improvvisa scomparsa, lo sceicco aveva più volte ribadito che l’intenzione di Hamas di accettare una hudna1 una tregua a lungo termine con il ritorno ai confini stabiliti nel 1967, precisando inoltre che la decisione di riprendere o meno la lotta sarebbe spettata “alla generazione successiva”.

L’ingresso sulla scena politica

Pur non riconoscendo formalmente lo Stato di Israele, lo sceicco Yassin stava compiendo così un grande passo. Tuttavia, è lecito ipotizzare che proprio questa apertura politica abbia provocato l’esecuzione mirata dello sceicco da parte del governo israeliano guidato dall’ex premier Ariel Sharon, contrario a ogni forma di accordo con i palestinesi. L’idea di una tregua a lungo termine viene però ripresa dai successori dello sceicco Yassin.

Nel frattempo, dopo la decisione di sospendere gli attentati suicidi nel 2005, Hamas decide di entrare a pieno titolo nella scena politica palestinese presentando dei propri candidati alle elezioni parlamentari del 2006, pur continuando a non riconoscere gli accordi di Oslo. Il partito islamista vince le elezioni, conquistando 76 seggi su 132 grazie al 43% dei voti contro il 40% di Al-Fatah, il partito fondato da Yasser Arafat e guidato da Mahmoud Abbas, noto con il nome di Abu Mazen. E proprio il presidente dell’ANP a nominare il leader di Hamas Ismail Haniyeh come primo ministro... ma a causa delle tensioni con Al-Fatah, Haniyeh rassegna le dimissioni nel 2007. Intanto a Gaza, Hamas prende il potere con le armi, il che porta all’espulsione dei leader di Al-Fatah, sospettati di organizzare un golpe contro Hamas.

Il nuovo statuto del 2017

Tutti i tentativi di riconciliazione tra Hamas e Al-Fatah falliscono. La Palestina resta divisa in due territori, da una parte la Striscia di Gaza guidata da Hamas, dall’altra la Cisgiordania sotto la guida di Al-Fatah. A Gaza, sottoposta a un duro embargo da parte di Israele da una parte e dell’Egitto dall’altra, Hamas prosegue la lotta armata con il lancio di razzi contro il territorio israeliano, azioni incomparabili rispetto ai raid israeliani con migliaia di morti. Ciò non preclude l’ulteriore evoluzione politica di Hamas con un nuovo statuto pubblicato nel 2017, in cui il movimento islamista accetta la creazione di uno stato palestinese delimitato tra Gaza e Cisgiordania con capitale Gerusalemme Est entro i confini stabiliti prima della guerra del 1967.

Il nuovo statuto non abroga formalmente la carta fondativa del 1988, ma riprende alcuni punti del testo originale e ne modifica altri. Oltre a non sostenere più l’eliminazione dello Stato di Israele, il nuovo documento attenua i toni antisemiti presenti nel primo statuto del 1988. Hamas non lotta più contro gli ebrei, ma “contro i sionisti che occupano la Palestina”. Nel nuovo statuto, Hamas si discosta da una legittimità di carattere puramente religioso, facendo appello al diritto internazionale.

1La hudna è un termine arabo che significa “tregua” o “armistizio”, [NdT].