Sguardi nuovi sul Medio Oriente

Esce per Astarte Edizioni “Uomini nuovi”, originale lavoro di Marta Tarantino che indaga le mascolinità decostruite nella regione mediorientale attraverso l’esperienza di realtà e collettivi maschili impegnati per abbattere le strutture patriarcali.

L'image représente deux personnes sur une moto : un homme au chapeau, souriant, se tient derrière une femme portant un foulard. Le fond est composé de couleurs neutres et texturées.
copertina di Lavinia Fagiuoli

Rinnovare lo sguardo

Il lavoro di Marta Tarantino si inscrive in un giovane filone di studi su uomini e maschilità nei paesi arabi e/o nella cosiddetta area MENA. Il dibattito su questi temi è vivo in ambito internazionale soprattutto a partire dagli anni 2000, e di recente ha iniziato ad essere alimentato anche da ricercatori e ricercatrici italiane. Come conseguenza, chi vuole approfondire le esperienze, le soggettività e i molteplici modi di essere uomo oggi nei paesi a maggioranza araba o nella diaspora proveniente dal Medio Oriente può destreggiarsi in italiano tra diversi volumi.

Tra i lavori più recenti che provengono dall’antropologia e dalla sociologia possiamo richiamare, ad esempio e in modo assolutamente non esaustivo, le etnografie “Karim e gli altri. La gioventù tunisina dopo la Primavera” di Giovanni Cordova e “Fai l’uomo ! Come l’eterosessualità produce le maschilità” di Vulca Fidolini, insieme al saggio “Islam e mascolinità. La definizione delle soggettività di genere nella diaspora musulmana nel Mediterraneo” di Valentina Fedele.

Il testo “Uomini nuovi. Ripensare le mascolinità nel mondo arabo”, di recente pubblicazione per Astarte Edizioni, si inserisce quindi in un nuovo ma florido filone, presentando punti in comune e specificità rispetto alle altre letture. Il principale punto in comune tra questi lavori è la prospettiva adottata, da cui deriva, in un certo senso, anche l’obiettivo che i volumi si pongono. Come altri testi sulla mascolinità nell’area Swana, o su maschilità e islam, il lavoro compensa decenni di studi d’area sulle esperienze del genere femminile : per molti anni “studiare il genere” ha significato prevalentemente che studiose donne si sono occupate di studiare altre donne, ed è cosi che a partire dagli anni ’80 in poi abbiamo letto molteplici lavori etnografici e non su vari aspetti della vita delle donne nella regione.

Studiose occidentali, native e “halfies” (figlie di coppie miste, oppure mediorientali che avevano acquisito una formazione nelle accademie occidentali) hanno sentito l’urgenza di compensare decenni di studi androcentrici, ovvero di lavori fatti da uomini che parlavano con altri uomini, senza però problematizzare il genere come categoria fondamentale per il posizionamento e per l’analisi. La necessità di contrapporsi a questi precedenti lavori, che avevano descritto le donne come esseri subordinati, passivi, privi di agency nello spazio pubblico e nel discorso religioso, aveva portato le antropologhe che scrivevano di genere in Medio Oriente ad assumere talvolta posizioni ideologiche, spesso orientate a ricercare una visione romantica della resistenza ai sistemi di oppressione patriarcale.

La storia delle discipline umanistiche che si occupano di genere ha fatto il giro lungo, riportando oggi studiosi e studiose a occuparsi di uomini, ma con uno sguardo teorico, metodologico ed epistemologico rinnovato grazie alle acquisizioni della letteratura femminista. Così come gli studi sulle donne avevano sentito la necessità di contrapporsi ai lavori che le avevano rese invisibili, questo nuovo filone di studi è necessario per “liberare” gli uomini da decenni di sguardi orientalisti che hanno prodotto una descrizione omogenea e stereotipata dei soggetti maschili mediorientali, spesso descritti solo in relazione a forme di violenza, estremismo, cooperativismo.

Questi andamenti in area mediorientale sono lo specchio di tendenze degli studi di genere che riscontriamo anche a livello internazionale. Nel primo capitolo del suo lavoro, Marta Tarantino ripercorre la genesi del filone che va sotto il nome di “Critical Studies on Men and Masculinities” (CSMM), corrente all’interno della quale l’autrice si colloca raccogliendo l’eredità di una delle indiscusse pioniere degli studi sulla maschilità, Raewyn Connell. Dopo aver sintetizzato il lavoro di Connell che “aprì la strada al superamento della nozione di patriarcato adottata anche da una parte del femminismo radicale, che lo considerava un sistema di dominazione universale fissa nel tempo” (p. 34), l’autrice passa in rassegna alcuni lavori sul Medio Oriente che servono a illustrare come lo sguardo sulla maschilità si è declinato negli anni recenti nei lavori di Paul Amar, Marcia Inhorn, Farha Ghannam e Afsaneh Najmabadi, tra gli altri e le altre.

Nel secondo capitolo si descrivono alcuni costrutti che hanno contribuito a cristallizzare l’immagine degli uomini e delle donne mediorientali, in termini di mascolinità etero-normata, di maschilità incorporata e di performance di genere. L’autrice passa in rassegna elementi che spingono verso il mantenimento di una gerarchia tra i generi, come l’esistenza di forme di istituzionalizzazione delle disuguaglianze che traducono in norme interpretazioni misogine dei testi sacri (pp. 54-55), la presenza di rituali che marcano separazioni tra il mondo maschile e quello femminile (pp. 60-65) e di valori inscritti in sistemi culturali che impongono all’uomo di mantenere una postura di controllo sulla componente femminile della famiglia (pp. 70-83).

È forse in questa parte che alcuni passaggi paiono quasi confermare quell’idea che in fondo il libro intende mettere in discussione, dando a tratti l’impressione che in un passato non troppo lontano la regione sia stata abitata esclusivamente da uomini che hanno incarnato esperienze di misoginia e patriarcato. Piuttosto che confermare una rigida dicotomia tradizione/modernità, la sfida delle acquisizioni recenti e contemporanee è non solo quella di guardare al presente con occhi nuovi, ma anche quella di sradicare certe visioni da un corpus di letteratura pregresso, contribuendo a rendere le narrazioni meno nette e più aperte alle sfumature e alla pluralità. Contestualmente, nel secondo capitolo lo sguardo alla contemporaneità si arricchisce della descrizione di alcune delle spinte trasformative che scuotono l’area, come ad esempio le trasformazioni demografiche in atto (p. 56), l’aumentata consapevolezza delle conseguenze psicofisiche che la maschilità tossica produce sugli uomini stessi (p. 67) e le numerose azioni che la società civile porta avanti, nonostante in alcuni contesti sia sempre più difficile proporre voci alternative.

Questa lunga premessa è necessaria per soffermarsi su un punto fondamentale : se da un lato, come dice il titolo dell’opera, vi sono “uomini nuovi”, dall’altro è evidente che sono anche gli sguardi dei ricercatori e delle ricercatrici ad essere profondamente rinnovati.

L’attivismo e il male-engagement

La specificità di questo testo rispetto ad altri volumi che si possono leggere in italiano su maschilità nel mondo arabo o nell’area mediorientale è sicuramente il focus sull’attivismo e, in particolare, su quello che l’autrice chiama "male-engagement", ovvero la partecipazione di giovani uomini ad attività di sensibilizzazione e diffusione di una cultura di genere egualitaria. Introducendo il tema, il terzo capitolo inquadra le azioni della società civile in uno sguardo che parte dalle “Primavere Arabe” e arriva ai giorni nostri, cogliendone le trasformazioni. L’autrice, basandosi anche sul lavoro di altri studiosi e studiose, identifica “l’inasprirsi della repressione” e il restringimento “dello spazio di protesta” (pp. 93-94) come cause della “depoliticizzazione dei movimenti”, intesa non come assenza di prospettiva politica, ma come il sottrarsi da un discorso politico diretto verso i regimi che spinge la società civile a collocarsi in un più ampio e generico discorso volto al “miglioramento delle condizioni della società” (p. 95).

Secondo questa cornice, siamo passati negli ultimi 15 anni da forme di attivismo di piazza a manifestazioni di soft activism, ovvero “nuove forme di mobilitazione più strategiche, a volte in collaborazione con i governi e le autorità [...] a volte in totale autonomia [che puntano alla] sensibilizzazione capillare mediante diversi canali e forme comunicative”. La conseguenza, secondo l’autrice, è che “le traiettorie che caratterizzano l’attivismo delle nuove generazioni sono molto più ampie e difficili da sintetizzare rispetto alle proteste di massa del passato rivoluzionario” (p. 95).

Con l’obiettivo di accompagnare chi legge in uno dei tanti spazi di questo attivismo, Marta Tarantino sceglie la lente dell’attivismo di genere e, in maniera decisamente originale, la partecipazione degli uomini alla creazione di un discorso pubblico che problematizzi sia una visione del genere come necessariamente legata alle caratteristiche biologiche dei soggetti, sia una distribuzione diseguale dei diritti in base al genere di appartenenza. Per leggere e descrivere queste esperienze, l’autrice sceglie di usare la categoria di “mascolinità positive”, descritte sin dall’introduzione come “mascolinità in totale opposizione con il modello patriarcale machista” (p. 20). Va detto che chi legge potrebbe cogliere nell’aggettivo “positivo” uno sguardo valutativo e un approccio che traccia una linea di demarcazione forse troppo netta tra passato e presente, tra “tradizionale” e “moderno”. D’altra parte, questo concetto si pone in continuità sia con l’idea di emergent masculinities (elaborata da Marcia Inhorn in un testo fondante del filone di studi sulla maschilità nel mondo arabo (2012) e poi ripresa in lavori più recenti (2022) dalla stessa Inhorn insieme alla collega Konstantina Isidoros) ; sia con il concetto emico di mascolinità positiva, definizione usata da uno degli attivisti su cui il volume si concentra nell’ultima parte, Soufiane Hennani. L’attivista marocchino definisce la mascolinità positiva come una “mascolinità destrutturata, nuova e che si discosta dalle definizioni tradizionali” e aggiunge : “Essere un esempio di mascolinità positiva significa essere uomo non dominante - dove uomo equivale ad essere umano - alla pari con le donne e le persone non binarie, non considerando più il proprio genere un privilegio” (pp. 130-131).

Uomini in carne ed ossa

Tenuta a mente questa cornice, il quarto capitolo è sicuramente quello che offre a chi legge il materiale più originale e per alcuni, forse, inatteso. L’autrice sceglie di approfondire tre realtà, diverse per paese, logica, termini utilizzati, tipologia di attivismo, nonché per diversa frequentazione e conoscenza dell’autrice. È come se Tarantino aprisse tre finestre su soggetti o collettivi mediorientali, invitando chi legge a incuriosirsi, a seguire i profili e le pagine che queste realtà hanno creato, per entrare in contatto - seppur virtualmente - con uomini in carne ed ossa. Non più soggetti stereotipati e ingabbiati in una descrizione monolitica, Laith Abu Taleb, Soufiane Hennani e Hadi Damien, protagonisti delle azioni raccontate, sono tre giovani uomini che si sono esposti, facendo fronte a contesti talvolta respingenti dal punto di vista sociale (come Tarantino descrive nel caso giordano), talvolta anche dal punto di vista legale (come viene richiamato nel caso libanese).

Il primo esempio descritto dall’autrice è quello di “HeForShe”, progetto per l’empowerment femminile nato sotto la guida di UN Women e realizzato in Giordania dal 2015. Progetto top-down, ideato all’interno di un organismo internazionale che offre formazioni online per i volontari, questo esempio racconta dell’attivazione di giovani giordani, ma anche delle questioni che possono emergere in relazione a forme di attivismo promosso dalle agenzie internazionali. L’autrice racconta le ostilità che alcuni termini radicati nella storia occidentale incontrano nell’essere esportati altrove e descrive le strategie che gli attivisti e le attiviste adottano per costruire un loro discorso morale all’interno del quale collocare le idee di uguaglianza di genere, in un tentativo di rendere “indigeni” azioni e concetti.

Il secondo esempio è un progetto multimediale per la parità di genere che va avanti in Marocco dal 2020. Sulla pagine Instagram del progetto e su Spotify si possono leggere contenuti e ascoltare i podcast creati da Hennani Soufiane e dal collettivo “Elille” all’interno del progetto “Machi Rojola”, uno spazio virtuale che dialoga prevalentemente con le nuove generazioni marocchine. “Machi Rojola” persegue un obiettivo di sensibilizzazione nonchè di trasformazione, e dirimenti per la sua diffusione sono l’uso della variante dialettale dell’arabo e l’uso delle nuove tecnologie.

L’ultimo esempio su cui ci si sofferma è quello del Beirut Pride, evento annuale iniziato dal 2017 con l’obiettivo di decriminalizzare l’omosessualità e accrescere la visibilità della comunità queer locale. Il movimento ha sempre mantenuto fede alla scelta di indipendenza rispetto all’utilizzo di fondi esterni, una scelta che nell’ottica di chi lo organizza significa anche emancipazione rispetto a discorsi egemoni. Grazie a questa esperienza - che si è sviluppata in modalità differenti rispetto ai Pride nati in altri contesti - si è diffusa al di fuori dell’area la visione del Libano come spazio aperto e accogliente rispetto alle identità queer. L’autrice ripercorre in breve la storia di questa esperienza e illustra tanto le fasi più delicate che l3 attivist3 hanno dovuto superare (in termini di attacco dall’esterno) quanto come queste l3 abbiano portat3 a ripensare le loro attività. Le considerazioni contenute in questo volume aiutano chi legge a decostruire idee fisse, monolitiche e stantie sugli uomini arabi, mediorientali e/o musulmani. Vista l’interconnessione tra i gruppi umani - legata sia alle forme di mobilità che agli eventi geopolitici - questo esercizio di decostruzione non è utile solo ed esclusivamente per chi si interessa di Medio Oriente, ma per qualsiasi lettore e lettrice interessata a conoscere da vicino soggetti che fanno parte delle società in cui viviamo, imprescindibilmente plurali.

Author : Marta Tarantino Collana : Manifesta Pubblicazione : 19 settembre 2024 Pagine : 155 con immagini B/N ISBN : 979-12-80209-44-3 Categorie : LGBTQIA+, Questioni di genere, Saggistica, Storie vere, Voci di donne Tag : femminismo, LGBTQIA+, Medio Oriente, Nord Africa, nuove mascolinità, patriarcato, saggistica

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