Omero e l’Oriente

Uno sguardo rivoluzionario su “L’Iliade” · Dopo essere stata oggetto di rare pubblicazioni passate inosservate, l’influenza della civiltà del Vicino Oriente sull’epica omerica è oggi al centro della ricerca, in particolare grazie all’opera di due grandi grecisti, il tedesco Walter Burkert e il britannico Martin West. Un tema che ridefinisce i concetti stessi di Oriente e Occidente.

“L’apoteosi di Omero”.
Jean-Auguste-Dominique Ingres (1827).

Già nel 1950, lo storico dell’antichità Hans Erich Stier si chiedeva cosa potesse esserci nell’antica Grecia che non fosse stato preso in prestito dall’Oriente. Lo storico stilò un impressionante elenco di prestiti materiali e spirituali greci da una civiltà del Vicino Oriente che lasciò il segno nei più diversi ambiti della vita greca in epoca arcaica1. L’Oriente si impose come un importante centro d’influenza, egemonico e “rivoluzionario”2 di questo periodo definito “orientalizzante”3. Quando Stier pubblicò i suoi studi, le scoperte archeologiche su cui si basava, riesumando culture molto più antiche di quella greca fin lì conosciuta, lasciavano ben pochi dubbi sull’importanza oltre che sul significato della trasmissione culturale che poteva avvenire solo da Oriente a Occidente.

Lo storico Walter Burkert è sicuramente colui che ha fornito il miglior quadro d’insieme della varietà dei contatti culturali emersi grazie all’archeologia. Tra i tanti esempi, Burkert cita un timpano in bronzo dell’VIII secolo a.C., ora nel museo archeologico di Candia nell’isola di Creta, “che si ritiene comunemente che rappresenti Zeus e i Cureti4… si tratta quindi della più antica rappresentazione del supremo dio dei greci”. E continua: “Anche se i libri illustrati sulla religione greca non osano il più delle volte mostrare quest’influenza assira”.

Semplici traduzioni di poemi epici in lingua accadica?

C’è voluto tempo negli ambienti accademici per ammettere l’influenza delle culture del Vicino Oriente antico sull’antica cultura greca. Ce n’è voluto ancor più per accettarlo riguardo la creazione letteraria. Rinunciare al prestigio dell’anteriorità si rivelerà, infatti, ancor più difficile.

Le reazioni alle scoperte di documenti letterari provenienti dalle varie culture del Vicino Oriente antico, le cui somiglianze sono state riscontrate con l’epica omerica e la Bibbia ebraica (Tanakh), già dalla decifrazione nel XIX secolo della scrittura cuneiforme mesopotamica, avverranno solo tardi e per gradi. Oggi si concentrano sulla letteratura mesopotamica, che rappresenta il più vasto corpus di testi dell’antico Oriente che testimonia, dal IX secolo fino alla distruzione della capitale del regno assiro Ninive nel 612 a.C., dei contatti diretti tra greci e assiri. La scrittura alfabetica, la più rilevante importazione dall’Oriente, fu adottata nella civiltà greca arcaica all’inizio di quest’epoca.

Negli studi comparativi, oggi si privilegia lo studio dell’Iliade. Lo storico Burkert5 e il filologo e grecista Martin West6 hanno tracciato molte analogie tra il repertorio orientale e l’epopea troiana. Hanno inoltre rilevato dei nessi incontestabili per quanto riguarda i pantheon divini e la mitologia nel suo insieme, ma anche sorprendenti similitudini nei motivi e nello stile anche tra l’opera omerica e l’epica in lingua accadica. In particolare, i “classici” Enuma Elish7, Gilgamesh8 e Atrahasis9, con alcuni estratti omerici che sembrano addirittura essere delle traduzioni dirette. I due storici hanno anche trovato nel testo dell’epopea troiana dei riferimenti a eventi che rimandano alla storia degli Assiri.

Il mito delle origini europee

Parlare di Omero significa parlare della nascita della letteratura occidentale. Ma se l’influenza orientale sui poemi epici, tradizionalmente attribuiti ad Omero, è stata a lungo contestata, è perché, in linea di massima, la questione omerica non è solo una questione letteraria. Omero rappresenta infatti “l’antenato storico”, “mitico padre dell’Europa”, il “principio” di cui il nostro continente sarebbe il coronamento. Perché la Grecia è l’Europa, e gli Europei sono tutti “discendenti” di un “genio originario”, creato praticamente dal nulla.

È proprio questa visione a essere stravolta dall’idea di un Oriente fonte d’ispirazione per Omero. Un Oriente che rompe l’immagine di un “isolamento provinciale” – secondo la formula del filologo e storico tedesco Franz Dornseiff, uno di quegli outsider di ieri a cui la ricerca oggi ha dato ragione – dei popoli dell’antichità. Ed è proprio l’Oriente che si troverà al centro della più importante e controversa questione degli ultimi decenni sorta intorno ai poemi omerici.

A scatenare la polemica è stata l’opera Homers Heimat. Der Kampf um Troia und seine realen Hintergründe (“La patria di Omero. La guerra di Troia e i suoi reali retroscena”), pubblicata nel 2008 e preceduta, tre mesi prima della sua pubblicazione, da un articolo apparso sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung dal titolo “L’enigma omerico è risolto”.

Il libro del poeta, scrittore, critico letterario, traduttore austriaco Raoul Schrott presenta altre clamorose “scoperte” sull’origine dell’Iliade e sull’identità del suo autore: il “vero” Omero sarebbe uno scriba assunto dagli Assiri. Un Omero poliglotta, che parla l’accadico oltre al greco, e che padroneggia la scrittura cuneiforme, attingendo direttamente dai testi scritti del Vicino Oriente per scrivere il suo poema in Cilicia. A volte lo scriba arriva persino al calco dell’originale. Un giornale scriverà in prima pagina: “Il grande Omero è accusato di plagio?”.

La questione omerica è stata oggetto di numerose dispute. Come quella che oppose tra il 2001 e il 2002 l’archeologo Manfred Korfmann e lo storico Frank Kolb, la disputa questa volta ha luogo nel campo di battaglia privilegiato che è l’ambiente germanofono dai tempi dei Prolegomeni (1797) di Friedrich August Wolf. Tuttavia, ha qualcosa di nuovo sotto molti aspetti. Per la sua durata, i suoi protagonisti – per la prima volta è un letterato a scatenare il dibattito – e soprattutto i toni accesi. Altro fatto inedito, la questione oltrepassa i confini accademici per arrivare al grande pubblico, con una grande eco mediatica.

Un vespaio di polemiche

Le reazioni al libro e le conseguenze sono altrettanto importanti, se non di più, rispetto al suo contenuto. La disputa è appena iniziata quando la Banca Centrale Europea organizza una conferenza a Francoforte, nel maggio 2008, sul tema: “Dove nasce l’Europa? Il contesti del dibattito sull’Omero di Raoul Schrott”. La risposta di una parte del mondo scientifico non si fa attendere: un convegno interdisciplinare internazionale riunisce il 13 e 14 novembre 2008 grecisti, filologi, assiriologi, ittitologi e altri specialisti del Vicino Oriente antico per discutere le tesi di Schrott. I lavori del convegno, organizzato dall’Università di Innsbruck, al quale partecipano West e Burkert, viene pubblicato, insieme ai successivi contributi, nel libro Lag Troia in Kilikien? (“Troia era in Cilicia?”). Un libro collettivo che si propone, secondo i suoi editori, di “smorzare i toni” del dibattitto e di individuare le basi per qualsiasi futura discussione sull’autore dell’Iliade e della sua epopea.

Se il contributo orientale alla poesia omerica non può più essere messo in discussione, le risposte divergono sul valore da attribuire: può essere considerato essenziale nel processo di creazione o ne rappresenta solo un aspetto marginale? Burkert riconosce in particolare a Schrott il “grande merito” di aver dimostrato che “i vari legami con le diverse forme di testi provenienti dalle culture del Vicino Oriente antico non sono, nel caso dell’Iliade, marginali, ma ne costituiscono una parte integrante”. Già nel 1964, il filologo Hellmuth Petriconi sottolineava che “scrivere di letteratura greca senza conoscere quella del Vicino Oriente è diventato impossibile quanto studiare la letteratura romana senza conoscere quella greca”.

La polemica innescata da Raoul Schrott, sulle origini e l’identità, mostra fino a che punto Omero abbia un ruolo fondamentale nella creazione dei concetti di “orientale” e “occidentale” per inserirli in una polarità contrapposta di lunga durata. La guerra di Troia si trasforma in questo caso in una prima contrapposizione e il suo esito in un “originale” trionfo dell’uno sull’altro. Questo perché è necessario salvare l’ordine gerarchico, che si ritrova nel “non tutte le civiltà sono uguali” dal momento che alcuni si ostinano ancora “a dare poca importanza” – per riprendere ancora Stier – il ruolo dell’Oriente nella creazione omerica. “In Omero il contributo dell’Oriente è minimo”, scrive Robin Lane Fox10.

Joachim Latacz, filologo e specialista di Omero, è il capofila di questi “minimalisti” che non si arrenderanno all’evidenza ancora per molto tempo. L’ideologia delle origini non è particolarmente permeabile ai fatti raccolti dalla scienza storica. Altri, invece, sono tentati di recuperare Omero in senso contrario: “Siamo figli dell’Oriente”, si leggeva sui giornali. Un fronte che, però, ha fatto sentire meno la sua voce. L’autore dell’Iliade, non conosceva né l’“Oriente” né l’“Occidente”, e neppure la contrapposizione “Asia” o “Europa” che appartiene a una divisione post-omerica del mondo. Omero non era europeo. Era greco? Dipende dalla risposta alla domanda: da quando la Grecia può essere considerata greca?

La definitiva integrazione dell’Oriente nel campo degli studi omerici sta rielaborando la problematica essenziale della genesi e della composizione dell’Iliade, ribaltando più che mai gli altri termini della “questione omerica”. Le analogie letterarie così come il riferimento alla storia assira fanno quindi parte degli elementi che portano a una nuova datazione dell’epopea: la critica è concorde nel collocare l’Iliade nella seconda metà del VII secolo. Secondo Martin West, va collocata tra il 680 e il 640 a.C.11.

Un crocevia di culture

Il buon vecchio enigma omerico non è stato risolto, anzi si è arricchito di nuovi ingredienti: dove e come Omero è venuto a conoscenza dei testi orientali? Raoul Schrott fornisce nuove e radicali risposte alla questione. Ma per ora è il solo a collocare la guerra di Troia in Cilicia con un Omero “greco-assiro”. Molto prima di lui, Luciano di Samosata, ne La storia vera (II secolo d.C.), presenta un Omero che, parlando di sé, dice di essere “babilonese”. Walter Burkert immagina Omero come un poeta “che ha acquisito le sue conoscenze in una scuola aramaica”.

La ricerca continua a interrogarsi sulle possibili zone di intersezione tra la cultura greca e quella del Vicino Oriente, che sono state culla di un’opera come l’Iliade, e le complesse vie di trasmissione dei materiali di matrice orientale. Ma Omero ha già cominciato a far ritorni nel suo mondo: un mondo in movimento, spazi geografici che si fondono e dove circolano immagini e idee, in cui un principe dell’antica città siriana di Karkemiš12 affermava di conoscere dodici lingue e quattro scritture. Un principe che non aveva mai sentito parlare di “identità nazionale”13.

1Probleme der frühgriechischen Geschichte und Kultur, Historia (1950).

2Walter Burkert, Da Omero ai Magi. La tradizione orientale nella cultura greca, Marsilio, Venezia 1999. In inglese Walter Burkert, The Orientalizing Revolution: Near Eastern Influence on Greek Culture in the Early Archaic Age, 1992, titolo originale Die orientalisierende Epoche in der griechischen Religion und Literatur, 1984.

3Il periodo orientalizzante è un periodo storico-culturale e artistico iniziato nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., quando vi fu una forte influenza dell’arte più avanzata del Mediterraneo orientale e del Vicino Oriente antico nella fase arcaica dell’antica Grecia e nelle colonie greche dell’Italia meridionale (Magna Grecia). [NdT].

4I Cureti (in greco antico: Κουρητες, ovvero “giovani”) sono un gruppo di divinità minori dell’antica religione greca, che costituivano il seguito di Rea, moglie di Crono. [NdT].

5In Die Griechen und der Orient (“I Greci e l’Oriente”). Cfr. Walter Burkert, Da Omero ai Magi. La tradizione orientale nella cultura greca, Marsilio, Venezia 1999.

6Martin Litchfield West, The Easy Face of Helicon, Oxford, Clarendon Press, 1997.

7L’Enūma eliš (in italiano “Quando in alto”) è un poema teogonico e cosmogonico, in lingua accadica, appartenente alla tradizione religiosa babilonese, che tratta del mito della creazione, la teomachia che diede origine al mondo come lo conosciamo. [NdT].

8L’Epopea di Gilgameš è un racconto epico della Mesopotamia. Si tratta di una delle più antiche opere letterarie dell’umanità, se non la più antica, di cui la prima versione conosciuta fu scritta in accadico nella Babilonia nel XIX secolo a.C. Scritta in caratteri cuneiformi racconta le avventure di Gilgameš, re di Uruk. [NdT],

9L’Atrahasis (Grande Saggio) è un poema mesopotamico in lingua accadica ispirato al mito sumero di Ziusudra, la più antica epica dedicata al diluvio mai rinvenuta. [NdT].

10Robin Lane Fox, Eroi viaggiatori. I greci e i loro miti nell’età epica di Omero, Torino, Einaudi, 2010

11The Making of the Iliad, Oxford University Press, 2011.

12L’antica città di Karkemiš sorgeva sulla sponda occidentale del fiume Eufrate, presso le attuali Karkamış e Jarabulus, al confine tra Turchia e Siria. Il nome è stato interpretato come “kar kamish”, cioè “argine di Kamish”, antica divinità semitica più nota col nome biblico di Chemosh

13Intervista di Walter Burkert al quotidiano FAZ, 17 gennaio 2008