Ponte tra il Mediterraneo, l’Africa e il continente asiatico, punto di passaggio e crocevia di molte civiltà, famosa per i suoi frutteti e i suoi prodotti esportati in tutto il mondo, la città di Gaza, malgrado i numerosi saccheggi, ha resistito a tutti i grandi conquistatori della Storia, da Alessandro Magno a Napoleone.
Secondo l’ex rappresentante della Palestina in Francia Leila Shahid, “la storia di Gaza non ha nulla da invidiare a quella di Betlemme e Gerusalemme”. Recenti scavi archeologici hanno infatti dimostrato che l’area ospitava siti risalenti all’età del Bronzo, databili tra i 3000 e i 1300 anni a.C. Chiamarla “Striscia di Gaza” risulta quindi offensivo oltreché riduttivo. “Era un porto antico senza eguali, nota con il nome greco Anthedon, ed esportava prodotti nel resto del mondo: Roma, Cartagine, Bisanzio, Atene... tutto ciò che il commercio dell’Oriente poteva fornire”, senza dimenticare “i suoi magnifici vigneti”.
I tunnel di Alessandro Magno
Nel corso della sua conquista del mondo, anche Alessandro Magno provò a conquistare questo porto sul Mediterraneo. All’epoca, nel 332 a.C., “Gaza era l’ultima cittadella persiana sulla rotta per l’Egitto”1 e occupava un posto altamente strategico, racconta Maurice Sartre, professore emerito di storia antica e specialista in storia della Grecia antica e dei romani d’Oriente. “Dopo numerose battaglie per conquistare Tiro (oggi in Libano), Alessandro fu costretto a mettere sotto assedio Gaza per due o tre mesi”. I biografi di Alessandro raccontano nei minimi dettagli l’impresa macedone per piegare la esistenza della città difesa dalla sua popolazione. In che modo ci riuscì?
Aveva fatto scavare dei tunnel non per far arrivare viveri o armi come fanno gli abitanti di Gaza di oggi, ma per minare le mura della città, che erano fortificate. Dopo due o tre mesi di assedio, Alessandro riuscì finalmente a conquistare la città sul finire dell’anno 332 a.C., riportando un notevole bottino.
Soprattutto d’incenso e mirra, scrive ancora Maurice Sartre.
Nel suo libro su Gaza, lo storico Jean-Pierre Filiu2 scrive che “il bottino del saccheggio di Gaza riempì dieci navi alla volta della Macedonia”. La ricchezza della città antica era tale che Plutarco, il grande storico dell’antica Roma e della Grecia, definì Gaza “aromatophora”, dispensatrice di profumi perché la città si trovava sulla via dell’Incenso. Una bella immagine del ruolo anche economico che aveva quel territorio che continuerà ad essere lo sbocco dell’Arabia meridionale e dello Yemen, perché l’incenso e la mirra provenivano in gran parte da quella regione. “Gaza rimane lo sbocco degli arabi sul Mediterraneo”, continua lo storico.
Promossa al rango di colonia romana
Manifattura e traffici commerciali furono le attività che fecero di questa nuova polis “la fortuna della Gaza ellenistica e romana fino al momento della conquista musulmana”, scrive ancora Maurice Sartre. Dopo la conquista di Alessandro, Gaza divenne per quasi un millennio una grande città greca, centro economico e intellettuale, con tutti gli aspetti peculiari della polis e dotata di istituzioni pari a quelle di Atene o Sparta. Negli anni 1990, alcuni scavi hanno riportato alla luce delle splendide case, dipinte nello stile greco del II secolo a.C. come a Delos, Efeso o in altre città greche di quel periodo, sottolinea lo storico dell’antichità.
Per due volte, la città verrà invasa e annessa a un regno ebraico vittorioso sui successori di Alessandro, spingendo la sua popolazione alla fuga “perché non volevano convertirsi”. In seguito, la città fu accorpata al regno di Erode, “uno Stato tutt’altro che ebraico”, quanto piuttosto cosmopolita. Più tardi, Gaza divenne sotto Roma una provincia della Siria. Come prova della sua influenza e prosperità, Gaza venne promossa al rango di colonia romana nel III secolo, il che permise di concedere la cittadinanza romana a tutta la sua popolazione.
Si parlava l’ebraico?
C’era una forte mescolanza etnica di varie popolazioni: Arabi, Fenici, Siriani, Greci..., ma tutte accomunate dall’uso della lingua. Non che le lingue in uso fossero molte, ma quella parlata nella vita quotidiana era l’aramaico, come in tutta l’antica Siria. Il che non vuol dire che l’ebraico fosse scomparso, erano in molti a conoscerlo, ma la lingua del commercio e della comunicazione era l’aramaico, malgrado la concorrenza della lingua greca.
Il greco era diventato, infatti, la lingua delle élite e dell’amministrazione prima greca, poi romana.
Offerta a Cleopatra
Per la sua posizione al crocevia di tre mondi, Gaza è sempre stata contesa tra le potenze regionali, a volte con rivalità anche all’interno delle stesse dinastie. Considerata un gioiello, fu offerta a Cleopatra dal marito, nuovo signore del Regno tolemaico d’Egitto, il generale romano Marco Antonio. Ma la sconfitta nella battaglia di Azio nel 31 a.C. della flotta di Marco Antonio riportò per un breve periodo Gaza sotto il regno di Erode, alle soglie dell’era cristiana, prima che, per circa sei secoli, entrasse a far parte dell’impero romano.
Conquistata o controllata dagli Egiziani (nelle loro campagne contro la Siria), dagli Assiri, dai Babilonesi, dai Persiani, dai Greci d’Egitto e Roma, e dagli Arabi (questi ultimi fin dall’antichità, vista la posizione strategica occupata da Gaza sulla tratta carovaniera), la città subì i contraccolpi del suo ordinamento di territorio cuscinetto.
Il suo nome appare già nel 1450 a.C. con il nome arabo Ghazza, durante il regno del faraone Thutmose III d’Egitto, ma la sua storia e la sua identità saranno segnate due secoli dopo dall’invasione dei “popoli del mare”, venuti da Creta, che si stabilirono nei pressi di wadi (valle) Gaza. Una regione costiera che portava il nome di Filistea, da cui Palestina, e in arabo Falastin. Una popolazione che era un miscuglio di Cretesi, Greci Micenei e altri popoli provenienti dalle coste del Mediterraneo orientale. “Popoli rifugiati che si erano stabiliti in questa regione”, spiega Maurice Sartre, che aggiunge come “quest’area resisteva continuamente alle pressioni del regno di Gerusalemme”. Pertanto, “contrariamente a quanto alcuni potrebbero pensare, Gaza non è quasi mai appartenuta ai regni ebraici, né sottomessa nelle varie epoche”.
In epoca ellenistica e romana, la città di Gaza fu impreziosita da edifici pubblici e templi e santuari dedicati a varie divinità, tra queste la principale era Zeus Marnas (d’origine aramaica e, presumibilmente, cretese). La sua effigie adorna le monete coniate a Gaza che circolavano al tempo dell’imperatore romano Adriano, che fece la sua visita in città nel 129-130 d.C., e in suo onore verranno organizzati dei giochi.
Dopo oltre sei secoli, i Bizantini, ancora chiamati Romani, furono sconfitti dalle truppe musulmane nell’anno 630, che conquistarono Gaza, che all’epoca ospitava una grande popolazione araba, ma anche ebraica. Molti anni dopo, la regione conoscerà altre invasioni: le crociate, i Mongoli, il regno fatimide, la presa di Gaza da parte di Saladino nel 1187, il regno dei Mamelucchi, l’Impero Ottomano... fino ad arrivare ai giorni nostri.
Un patrimonio a rischio
A gennaio 2024, un video pubblicato su Instagram da Eli Escusido, direttore dell’Autorità Israeliana per le Antichità, che mostra soldati israeliani entrare nel deposito di antichità della Scuola Biblica e Archeologica Francese di Gerusalemme (Ebaf), ha suscitato indignazione, facendo temere possibili saccheggi. Il deposito dell’Ebaf, sotto la responsabilità della Francia, custodisce reperti storici, frutto di 28 anni di scavi a Gaza. I successivi bombardamenti non hanno distrutto l’edificio e la sua collezione storica, cosa però che è avvenuta per molti altri musei.
Al 10 giugno 2024, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco) ha verificato, grazie ad immagini satellitari, i danni causati su 50 siti dopo il 7 ottobre3. L’antico sito greco di Anthedon è stato bombardato. Lo storico palazzo del XIII secolo Qasr Al-Basha della città vecchia di Gaza, che ospitava un museo e una scuola, è stato bombardato e raso al suolo dalle ruspe. I tesori archeologici che vi erano custoditi sono stati portati via prima della sua distruzione? Nessuno può dirlo.
Il 26 luglio, consapevole dei rischi per il patrimonio storico, l’Unesco ha incluso il monastero di San Ilarione (IV secolo), situato nel centro della Striscia di Gaza, nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco insieme alla lista dei siti in pericolo con una procedura della massima urgenza. “Una decisione che intende riconoscere il valore universale eccezionale di questo sito, oltre al dovere di proteggerlo di fronte ai rischi imminenti”, spiega in un comunicato l’organizzazione.
Distruggere il patrimonio della Striscia di Gaza significa anche volerne cancellare la storia millenaria. Chiudiamo con le parole di Maurice Sartre, nostra guida in questo breve excursus storico: “Gaza si trova al principio della storia della Palestina, è nel cuore stesso della regione storica della Falastin, Filistea”.