
Quasi un esodo
Nella corsa a strapparsi di dosso il vento
eppure musica s’infrange dai gusci
- mormorio dei nostri dolori erranti.
Così dai margini tra le solitudini
Parola prudente a volte si fa avanti.
Crudeltà evitabile delle abitudini:
siamo stormi di uccelli migranti.1
Come suona un genocidio? Tra bombe, missili, esplosioni, quali silenzi impone? E che suoni può invece produrre un fronte di solidarietà internazionale? In che modo si può sfruttare il riverbero, esercitare l’eco? Come si possono occupare tutte le frequenze per rendere finalmente presente l’inudibile?
Le radio militanti, comunitarie e autorganizzate hanno sempre combattuto il silenziamento, diventando storicamente piattaforme per la presa di parola, per la diffusione di cultura, musica e identità sonora dei popoli. Ancora oggi, attraverso la rete, alcuni progetti radiofonici continuano a raccontare e denunciare la violenza coloniale in Palestina.

Radio Alhara
Nel giugno 2020, in piena epidemia Covid-19, nasce tra Betlemme e Ramallah, Radio Alhara2. I fondatori, Elias e Yousef Anastas, Saeed Abu Jaber, Mothanna Hussein, e Yazan Khalili sono musicisti, creativi, e pensano la radio come un centro culturale, un modo per produrre e condividere a distanza la propria musica.
È una radio comunitaria, che funziona in autogestione, grazie a una rete di collaborazioni in tutto il mondo. La comunità che la alimenta è formata dai ‘residents’, artisti che hanno uno spazio mensile dedicato che curano restituendo sonorità e voci spesso silenziate. Si compone così la programmazione in streaming, mentre successivamente gli autori caricano alcuni dei propri mix sul canale soundcloud.
I programmi più politici, quasi delle vere e proprie azioni sonore, iniziano in concomitanza al Black Live Matters e in seguito all’esplosione nel porto di Beirut nel 2020.
La prima più strutturata è Fil Mishmish, che potrebbe tradursi come “al tempo delle albicocche”, ovvero un tempo dolce, fin troppo breve. Una protesta sonora, una raccolta internazionale di voci contro la volontà di Israele di annettere altri territori della Cisgiordania. Inizialmente pensata come una trasmissione continua di 24 ore, viene lanciato un invito sul web a inviare la propria forma di reazione sonora e di solidarietà. Alla fine, i materiali ricevuti riempiono tre giorni di lineup, 8,9 e 10 luglio 2020, raccogliendo circa 17.000 ascolti.
Tra i tanti contributi che hanno animato quelle ore c’è quello di Leila Moon, dj, musicista, artista algerina resident della radio, che propone un ricamo di suoni dal Magreb, tra raï, pop arabo, a cui accosta passaggi elettronici e su cui innesta canti popolari del movimento di liberazione palestinese, per lasciare la chiosa alla voce di Miriam Makeba che canta una delle canzoni più popolari contro la guerra: “È meglio fermarsi. Ehi, cos’è questo suono? Guardate tutti cosa sta succedendo…”3
Una sperimentazione, quella di Fil Mishmish, che ispira molte altre azioni sonore a venire. Nel 2021 è la volta di Sonic Liberation Front, una reazione all’escalation di violenza delle forze di occupazione israeliane che assaltano la Moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan, sgombrano forzatamente dei residenti palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est e bombardano Gaza per 11 giorni.
“Todas las manos, todas las voces…” (Tutte le mani, Tutte le voci), canta Mercedes Sosa, che apre e chiude il contributo di Nicola Jaar per Sonic Liberation Front del 22 maggio 2021. Il programma è come un coro dall’America latina, che si muove tra le canzoni di Jaar ispirate alle proteste rivoluzionarie del Cile del 2019-2020 e ai i sollevamenti in Colombia del 2021, insieme a canti di lotta popolari, un gesto di solidarietà e di indissolubile legame tra le lotte di liberazione dei popoli indigeni.
“Toda la sangre puede ser canción en el viento. Canta conmigo, canta, hermano americano. Libera tu esperanza con un grito en la voz”. (Tutto il sangue può diventare canzone al vento. Canta con me, canta, fratello americano. Libera la tua speranza, con un grido, con la tua voce).4
Dopo il 7 ottobre 2023, Radio Alhara non ha mai smesso di tenere alta l’attenzione sulle voci del popolo palestinese.
Nell’incontro “Suoni e Accensioni dalla Palestina al mondo”, a Milano, mi sono ritrovata insieme ad artist* e ricercator* legati alla Palestina per identità o per scelta, riuscendo a scoprire quanto, nonostante la tragedia di quest’anno, Radio Alhara stia portando avanti la sua creazione e produzione culturale. Toni Cutrone, musicista e autore del progetto Mai Mai Mai, ha condiviso la sua recente esperienza tra Betlemme e Ramallah. L’artista era stato invitato da Radio Alhara nello spazio Wonder Cabinet5 per il progetto di residenza “Sound of Places”6, tenutosi tra maggio e giugno 2024.
Insieme a una decina di artisti, artigiani del suono, e ricercatori, si è recato nella Valle di Cremisan, uno dei pochissimi spazi naturali attorno a Betlemme, continuamente minacciato. Si è mosso tra l’ascolto di paesaggi sonori, come quello della processione alla chiesa della Natività, a quelli dei checkpoint e degli uliveti. Ha collaborato con musicisti come Abul3ees7, un rapper palestinese di Gerusalemme, con altri che utilizzano strumenti tradizionali come il buzuq (Karam Fares), il riq e il bandir (Jihad Shouibi), e ha registrato lamentazioni funebri con Maya Al Khaldi8.
Insieme a tutto questo materiale ha mixato alcuni estratti dall’archivio sonoro di Popular Art Center di Ramallah9, che raccoglie registrazioni dagli anni Novanta a oggi.
La sua creazione, oltre ad essere stata trasmessa su Radio Alhara, è anche girata in l’Italia.10
Durante lo stesso evento, Noura Tafeche e Condoii hanno presentato il loro lavoro di ricerca e la creazione radiofonica per Radio Alhara “Identità e prospettive indigeniste”11.
L’essere indigeni è condizione e terreno di alleanza che lascia emergere le tracce di un passato coloniale comune ai due artisti, seppur da latitudini diverse. La storia di secoli di resistenza dei popoli di Abya Yala e Falastin viene raccontata a partire da alcuni strumenti musicali che gli artisti provano a suonare insieme. Senza romanticismo né folklore, ne derivano note stonate, dissonanze più che armonie, quelle dell’esilio e delle diaspore contemporanee.12
Learning Palestine
Nella performance Noura recita dei versi poco noti di Mahmoud Darwish da lei tradotti in italiano, “Il discorso del penultimo Pellerossa”, in cui il poeta palestinese parla dal punto di vista di un indigeno delle Americhe rimettendo al centro il legame con la terra, nei suoi elementi naturali. Si può ascoltare la voce del poeta che legge gli stessi versi in arabo nella trasmissione radiofonica Until Liberation I proposta da Learning Palestine, un gruppo di artiste, attivisti, ricercator* che collabora regolarmente con Radio Alhara.
Il collettivo ha creato una piattaforma web13 per condividere e disseminare conoscenza sulla lotta di liberazione palestinese, sperimentando nuovi modi di circolazione del sapere al di fuori dei social media e dalle loro politiche di censura e controllo.
Allo stesso tempo, sul sito si trovano dei pamphlet già impaginati per essere stampati e distribuiti come delle fanzine.
Learning Palestine propone anche due trasmissioni radiofoniche, Until the liberation I e II, di dodici ore ciascuna, in modo da coprire l’intera giornata. La prima puntata è un mosaico di discorsi, poesie, canti e sonorità che ricostruiscono la lotta palestinese dentro e fuori la terra di Palestina.
Possiamo sentire John Berger leggere Lettera da Gaza di Ghassan Kanafani, Edward Said in una lunga intervista del 1986, un affondo sulla storia della solidarietà Black, il discorso dirompente di Angela Davis a Oranienplatz a Berlino nel 2022, Judith Butler che parla del BDS e di Antisemitismo, o una ricostruzione di Ilan Pappe dal 1948 e più recenti appelli come quello di Fred Moten. Canti di matrimonio, nascita e morte si inseriscono tra le molte lingue con cui si è parlato e si continua a parlare di Palestina. Una canzone in svedese chiude l’emissione: Leve Leve Leve Palestina (Viva Palestina).
Until Liberation II invece è concepito per tornare alle radici delle lotte, comprenderne la storia e informare il presente. Nella presentazione si legge: “nonostante le differenze nelle nostre lotte, la Palestina rimane un’incarnazione e un’estensione di queste e altre lotte per la vita e la liberazione, contro il razzismo, il colonialismo, l’imperialismo e il crescente fascismo”.

Anche qui una polifonia di lotte tra Sud Africa, Abya Yala e Asia che si parlano da sempre. Ha particolare rilevanza la relazione tra l’Algeria e la Palestina, nell’intreccio dei movimenti decoloniali. Malika Rahal, storica algerina, ripercorre le assonanze tra le due vicende: il pensiero di Fanon è ripreso dalle parole di Said, una lezione ripercorre le tappe della guerra di indipendenza algerina. Chiude la regista franco-algero-palestinese Lina Soualem con una vicenda personale e il rapporto complesso tra una sindrome della pelle da cui è affetta, la storia del suo corpo, e le migrazioni della sua famiglia.

Palestina 24h
Un’altra azione di solidarietà internazionale sceglie il formato di 24h, si tratta di 24h Palestine14, un evento radio globale per ascoltare le alleanze anticoloniali. Sono radio indipendenti, militanti, artistiche, che in tutto il mondo trasmettono alla stessa ora gli stessi suoni per provare l’impegno comune per la causa. Dal 7 ottobre ci sono state tre edizioni, ogni volta con contenuti diversi e con un network che si allarga.
Lo streaming parte da Radio Alhara a Betlemme e si allarga a Radio Flouka15 (Paris/Mena Region); Radio Blackout16 e Radio Onda Rossa17 (Italia); The Mosaic Rooms18 (UK), Libreria Proyeccion19 (Chile), La Parole Errante20 e Radio Galère21 (Francia), Station of Commons/Lumbung Radio (Transnazionale)22, Pan African Space Station23 (Sudafrica), Radio Tropiezo24 e Radio Nopal25 (Messico), Radio Oroko26 (Gana), Dublin Digital Radio27; Ja Ja Ja Nee Nee Nee Radio28 (Olanda); Stegi Radio29 (Grecia); Radio Liberté (Burkina Faso); Radio Djiido30 (Kanaky). A queste si aggiungono postazioni di diffusione create per l’occasione a Beirut, Maiotta, L’isola della Riunione e Il Cairo.

La terza e più recente edizione è stata trasmessa il 28 e 29 settembre 2024 assemblando frammenti sonori dalle occupazioni universitarie, dalle opposizioni del collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova alla partenza delle navi con carichi di armi, le voci dei rifugiati palestinesi nei campi del Libano con quelle di solidarietà dal Bangladesh, dal Pacifico, dalla Finlandia, le azioni di boicottaggio e brani di musica rivoluzionaria.

Il palinsesto è stato dedicato al tempo delle lotte, al passaggio dall’emergenza al lungo termine, a partire dalla domanda: “Come possiamo andare oltre l’aspetto dichiarativo della nostra solidarietà per rompere le mortifere alleanze imperialiste e capitaliste? I tempi lunghi delle lotte dispiegano strategie, riconfigurando lo spazio attraverso le loro risonanze”.

Tutte queste azioni radiofoniche ci rimandano alla dimensione sonora difficilmente raggiungibile della guerra. Il suono può essere strumento di tortura, di terrore, o forma di “occupazione dei sensi”31, ovvero uno dei modi attraverso cui il colonialismo performa il suo dominio, controllando l’accesso sensoriale al mondo dei colonizzati. Riprendersi gli spazi del sensibile diventa atto di resistenza quotidiana, generando altri “segnali” che riformulano spazio e tempo, laddove la trasmissione oltrepassa i confini territoriali, si rimaterializza in spazi fisici e momenti di aggregazione, dove le voci arrivano ai corpi, e rendono l’ascolto un atto di testimonianza.
1Gianluca Cangemi, versi inediti, scritti a Sambuca di Sicilia
4https://soundcloud.com/nicolas-jaar/nicolas-jaar-radio-alhara-sonic-liberation-front-curated-by-edna-martinez?in=hagemi/sets/nick
10https://soundcloud.com/wonder-cabinet/wonder-cabinet-artists-conversations-2024-001-part-02-w-mai-mai-mai
11https://soundcloud.com/condoii/radio-alhara-identita-e-prospettive-indigeniste-by-condoii-noura-tafeche