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Marocco. Un potere allo sbando in un clima sociale pesante

Dopo un’assenza di quattro mesi a Parigi, Mohammed VI è tornato in Marocco, l’8 ottobre, per presiedere il Mawlid, la cerimonia religiosa che celebra la nascita del Profeta. Mentre il paese sta attraversando una grave crisi economica e sociale, si fanno sempre più numerosi i dubbi espressi sulla gestione del Marocco segnata dalle prolungate assenze del re.

Rabat, Palazzo reale, 13 luglio 2022. Il re Mohamed VI presiede un Consiglio dei ministri accompagnato dal figlio il principe Moulay Hassan.
Palazzo reale del Marocco/ AFP

Il 27 settembre 2022, la città di Ksar El-Kebir, nel nord del Marocco, è stata scossa dalla morte di 19 ragazzi (una decina d’altri giovani sono stati ricoverati in ospedale) dopo aver consumato alcol adulterato, una miscela esplosiva di acquavite (mahia) e metanolo, acquistato quel giorno presso un guerrab, un venditore ambulante. Un dramma che la dice lunga sulla realtà socio-economica di un intero paese: assenza di prospettive per i giovani, emarginazione dei piccoli centri urbani e, soprattutto, disuguaglianze sociali in costante aumento.

L’impennata dei prezzi medi dei carburanti alla pompa a causa della guerra in Ucraina sta avvenendo in un contesto già segnato da una siccità straordinaria, la peggiore da oltre quarant’anni: le dighe hanno un tasso di riempimento di appena il 27%, cosa che mette il Marocco in “situazione di stress idrico strutturale”, secondo la Banca Mondiale. Quasi il 40% della popolazione occupata nel settore agricolo – che rappresenta il 4% del PIL – ha avuto dunque ripercussioni dirette a causa della siccità.

Un deficit commerciale abissale

Inoltre, gli ultimi dati ufficiali della bilancia commerciale mostrano, per i primi sette mesi del 2022, un aumento del disavanzo di oltre 17 miliardi di euro, nonostante un aumento del 40% delle esportazioni (fosfati e derivati, industrie tessili e conciarie, agricoltura, settore agroalimentare, settore automobilistico, ecc.).

Il deficit commerciale è in gran parte dovuto al rincaro (in pratica raddoppiato) della bolletta dell’energia elettrica in un paese dove la crescita è ancora debole, con un aumento dell’inflazione e delle disuguaglianze e con conseguenze, in termini di stabilità sociale, che restano imprevedibili e costanti. Per limitare il rischio di disordini urbani paragonabili a quelli avvenuti nella regione del Rif nel 2017, lo Stato sta stanziando fondi per il gas butano1, la farina, lo zucchero (2,8 miliardi di euro) e aiuti agli autotrasportatori (130 milioni di euro), ma si rifiuta di fissare un tetto ai margini, ritenuti “scandalosi”, dei distributori di carburante, tra cui rientra anche il capo del governo, un magnate del petrolio e proprietario del marchio Afriquia, leader sul mercato marocchino degli idrocarburi insieme a Total e Shell.

Spetta quindi ai lavoratori dipendenti e a una classe media già impoverita da scelte economiche sbagliate farsi carico della maggior parte della crisi attuale. Nell’ultimo Rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP (13 settembre 2022), il regno figura al 123esimo posto (su 191 paesi) calando di una posizione rispetto all’anno precedente. È preceduto da quasi tutti i paesi della regione del Maghreb: Algeria (91esimo), Tunisia (97esimo), Libia (104esimo), Egitto (97esimo). E questi sono i due grandi fallimenti della monarchia individuati nel rapporto ONU: istruzione e sanità, in un contesto, anche in questo caso, caratterizzato da ingiustizie e disuguaglianze in costante aumento.

Un governo impotente

Dal suo insediamento un anno fa e quasi fino a oggi (7 ottobre 2021), il governo guidato da Aziz Akhannouch (63 anni), miliardario vicino al re, ha cercato di “gestire” questa crisi che si traduce, a livello sociale, in una tensione sotterranea, ma si configura come un vero e proprio disagio. È un governo che non governa; si limita ad eseguire le decisioni prese a Palazzo tramite il Gabinetto reale, un governo bis dominato da uno degli uomini più influenti del regno, Fouad Ali El-Himma. E il Parlamento? I partiti politici? Con l’arrivo a capo del governo di Akhannouch, la monarchia non è mai stata così “esecutiva” e le altre istituzioni non hanno mai avuto un simile ruolo da perfetta comparsa. Da uno studio molto recente sulla partecipazione politica in Marocco, l’86% dei giovani si è dichiarato “insoddisfatto” dei partiti politici2.

Tutti gli occhi sono puntati allora sul Palazzo dove preoccupa un fenomeno politico, non certo nuovo: le misteriose assenze del re Mohamed VI, monarca assoluto per diritto divino e vero capo dell’esecutivo. Dopo aver lasciato il regno nel giugno 2022, il re è dovuto tornare due volte, di sfuggita, giusto il tempo di presiedere il 13 luglio un Consiglio dei ministri e pronunciare il suo discorso dal trono il 31 luglio. Al termine, ha ripreso l’aereo per tornare nella sua dimora privata ai piedi della Tour Eiffel: una residenza di 1600 m2 acquistata dal monarca in pieno lockdown (nell’ottobre del 2020) per la cifra di 80 milioni di euro. Anche se non nuove, queste scomparse del re sembrano essere andate oltre la sfera privata per diventare, agli occhi di molti marocchini, un inquietante fenomeno di potere, ancora difficile da decifrare.

La stampa francese vicina al Palazzo fa sfoggio di argomentazioni per “spiegare” l’originalità, e perfino la “fondatezza” di questo curioso “esilio” di Mohammed VI nel cuore della Ville Lumière, evocando a volte la malattia della madre, altre uno stile di governo a lui consono e che sarebbe, per questo motivo, innovativo e moderno: “In Francia da giugno, per essere al capezzale della madre – scrive la rivista Jeune Afrique – Mohammed VI si è affidato ad alcuni uomini chiave per seguire da vicino le questioni politiche, securitarie e sanitarie del Marocco. Un espediente che contrasta con il suo precedente “esilio” del 2018, durante il quale il re si era decisamente disinteressato delle sue funzioni” (20 settembre 2022)”.

Anche gli habitué dei salotti mondani di Casablanca e Rabat, le città più grandi del Marocco, non hanno più remore nel prendere in giro questa fusione, o meglio confusione, tra l’esercizio a distanza di un potere assoluto e ciò che attiene alla sfera privata di un re: “Sua Maestà e la sua corte hanno inventato un nuovo modo di esercitare il potere, vale a dire il governo tramite WhatsApp e Signal”, ha detto un imprenditore edile nel corso di una serata a Casablanca.

Lo stato di salute del re è un altro dei temi ricorrenti. Le poche immagini che trapelano attraverso i suoi rari discorsi o durante i suoi lunghi viaggi a Parigi contrastano con il periodo delle inaugurazioni quasi quotidiane che aprivano i telegiornali, a prescindere dalla gravità o dall’importanza delle altre notizie d’attualità, anche quando il re partecipò all’inaugurazione di un piccolo rubinetto in un remoto villaggio. Un’epoca che sembra ormai lontana.

Altro fenomeno interessante è quello dei famigerati fratelli Abou Azaitar (Aboubakr, Omar e Ottman), che sono entrati nella cerchia del monarca che li aveva ricevuti nell’aprile 2018 a Rabat per congratularsi con loro per i “successi” sportivi. Dopo essere stati ampiamente elogiati all’inizio della loro “amicizia” con Mohammed VI – che continua a rafforzarsi – sono diventati bersaglio di attacchi tanto regolari quanto violenti da parte dei media vicini alla polizia politica, diretta dal 2005 da Abdellatif Hammouchi. Questo paradosso, tipico delle monarchie costituzionali dove la vicinanza al re è appannaggio esclusivo, aggrava la guerra di posizione intrapresa dall’entourage del re contro questi “tre piccoli Rasputin” situati nel cuore del palazzo reale, dove fanno il bello e il cattivo tempo, accompagnando il monarca in tutti i suoi viaggi, compreso quelli privati.

Alla ricerca di un nemico

Per insabbiare questa serie di problemi dalle mille sfaccettature, dove l’imprevisto resta sempre dietro l’angolo, era necessario trovare un nemico: dopo la Germania e la Spagna, ora è la volta della Francia. La sua decisione – molto contestata – di limitare drasticamente la concessione dei visti fino a quando il regno negherà il ritorno dei suoi immigrati espulsi dalla Francia, ha subito fatto calare il gelo tra i due paesi. Ed è ancora una volta la questione del Sahara occidentale ad essere utilizzata come strumento politico e diplomatico. Nel suo ultimo discorso (20 agosto), il re si è rivolto alla Francia in maniera nemmeno troppo velata:

Vorrei lanciare un messaggio chiaro a tutti: la questione del Sahara è il prisma attraverso il quale il Marocco considera il suo ambiente internazionale. È anche chiaramente e semplicemente l’unità di misura della sincerità delle amicizie e dell’efficacia delle alleanze che stabilisce […] Per quanto riguarda alcuni paesi che sono tra i nostri partner, tradizionali o nuovi, con posizioni ambigue sulla questione del Sahara, ci aspettiamo che chiariscano e rivedano la sostanza della loro posizione, in modo che non diano adito ad alcuna interpretazione equivoca.

Quest’ottica che vale per tutti i paesi “amici”, come li definisce il re, varrà anche per Israele, con cui il Marocco ha instaurato rapporti “esemplari e privilegiati” e una cooperazione militare di crescente importanza, che si rifiuta per il momento di riconoscere la sovranità del regno su quel territorio?

1Il gas butano, uno dei gas di petrolio liquefatti più consumati in Marocco, viene confezionato sotto forma di bombole da 12 kg, 6 kg e 3 kg [NdT].

2Yassine Benargane, “Marocco: l’86% dei giovani marocchini insoddisfatto dei partiti politici”, yabiladi.com, 30 settembre 2022.