Diario da Gaza 34

“Il comportamento dei bambini di Gaza è molto cambiato”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Ora condivide un appartamento con due camere da letto con un’altra famiglia. Nel suo diario, racconta la sua vita quotidiana e quella degli abitanti di Gaza a Rafah, bloccati in questa enclave miserabile e sovraffollata. Questo spazio è dedicato a lui.

Rafah, 12 febbraio 2024. Una bambina palestinese porta un gatto a passeggio tra le macerie degli edifici danneggiati dai bombardamenti israeliani.
SAID KHATIB / AFP

Domenica 26 maggio 2024.

Ieri ho visto mio figlio Walid che correva dietro ai gatti, cercando di colpirli con un bastone. Mi sono accorto che il suo carattere sta cambiando. Mia moglie Sabah mi ha fatto vedere i video che gli abbiamo girato all’inizio della guerra, in cui accarezzava i gatti e li baciava. Prima, mio figlio era molto legato agli animali.

Anche la voce di Walid non è più la stessa. Prima parlava a bassa voce, mentre oggi parla spesso a voce molto alta, anche per dire cose banali. È durante questi quasi 8 mesi di guerra che in lui è cresciuta la violenza? Credo di sì. Ho notato lo stesso comportamento nei figli dei miei amici. E penso che questo mutato atteggiamento durerà almeno per un bel po’. Ho pensato di proteggere mio figlio facendogli credere che tutto quello che sta succedendo sia una sorta di grande circo. Durante i bombardamenti israeliani battiamo le mani insieme, come se fosse un gioco, come se gli applausi potessero scongiurare il pericolo. Ma non viviamo da soli, e Walid capisce chiaramente che gli altri sono spaventati quando li vede sobbalzare, urlare e rientrare a casa di corsa. Capisce che c’è sempre un costante pericolo.

“La società soffrirà a lungo per le conseguenze di questa guerra”

Rifletto su questi cambiamenti, che non sono da sottovalutare. La guerra ha toccato profondamente la società palestinese, e le conseguenze si vedranno a lungo andare. Il comportamento dei bambini di Gaza è cambiato tanto. Sono segnali che non dobbiamo trascurare, ma guardare le cose come sono. I primi ad assaltare i camion degli aiuti alimentari sono stati per lo più adolescenti tra i 12 e i 15 anni, ben prima degli attacchi organizzati dalle grandi famiglie della Striscia di Gaza. I giovani hanno assaltato gli aiuti perché le loro famiglie avevano fame, e per loro era anche una sorta di gioco. Ma temo che in futuro possano pensare che tutti i mezzi siano consentiti per procurarsi del cibo e che, in quel caso, sia naturale rubare. Sono bambini abbandonati che rischiano di essere reclutati dalle fazioni armate. I traumi storici e le memorie si tramandano da una generazione all’altra. Noi non abbiamo vissuto la Nakba, ma i nostri genitori ci hanno trasmesso quell’evento traumatico. I bambini di oggi trasmetteranno ai loro figli l’angoscia e la violenza che stanno vivendo.

Ciò contribuirà a dividere la nostra società. Avremo tanti problemi da affrontare dopo la guerra... oltre a quelli psicologici e ai sintomi post-traumatici, e così anche la società ne risentirà a lungo termine. Quando vedo che intere famiglie sono state cancellate dall’anagrafe, che il numero dei morti è salito a più di 40.000 contando i dispersi, mi chiedo quanti orfani saranno lasciati a sé stessi. E come risolveremo le questioni legate all’eredità? Chi erediterà da chi? Inoltre, lo stress dovuto alla guerra ha provocato numerosi divorzi. Ne abbiamo avuto un esempio durante la guerra del 2014. Già con 2.100 morti, c’era stata una serie di processi davanti ai tribunali, con famiglie e parenti divisi per questioni d’eredità e di denaro. Ma questa volta, l’entità dei problemi sarà incommensurabile.

“La guerra costringe le donne a lavorare”

Un altro grande cambiamento che sta avvenendo riguarda le donne, e posso notarlo anche all’interno della mia famiglia. Vedo com’è cambiata mia moglie Sabah, ma credo che il cambiamento sia in atto per tutte le donne. La nostra è una società conservatrice, dove le donne sono considerate sotto la protezione degli uomini, del padre, del marito, dei figli. Ma ora il loro ruolo sta cambiando.

All’inizio della guerra, ricordo molto bene che le donne si vergognavano di fare la fila per andare in bagno, o anche solo per andare a comprare il pane. Oggi è quasi normale. Fanno la fila per l’acqua, per il pane, per ricevere gli aiuti alimentari. Le donne, ma anche le ragazze, oggi lavorano nei mercati, vendendo e comprando. Per strada si vedono donne e ragazze che vendono il pane che hanno sfornato. È una cosa che prima non esisteva. Credo che dopo la guerra avranno un ruolo molto più importante. Non perché sia cambiato l’atteggiamento generale nei loro confronti, ma perché le condizioni le hanno costrette a lavorare producendo un cambiamento. Ricordo molto bene l’atteggiamento di Sabah quando venivano a casa nostra degli amici maschi. Per timidezza, mia moglie preferiva non stare con noi. Voleva che l’accompagnassi al mercato, non voleva uscire, preferiva sempre che fossimo da soli, solo noi due.

Ora Sabah preferisce uscire di casa, sedersi su una sedia all’aria aperta, bere un caffè fuori casa, osservare la gente. Non parla più allo stesso modo. Prima, quando parlava ai bambini, potevo sentire a malapena il suono della sua voce. Non urlava quasi mai. Oggi le capita spesso. Forse è un modo per esprimere la sua paura ad alta voce. Ho notato questo nuovo atteggiamento in tutte le donne della società di Gaza, a vari livelli. Come ho già detto, io e la mia famiglia viviamo un po’ in un hotel a cinque stelle rispetto alla stragrande maggioranza degli sfollati, e per di più abbiamo un posto tutto nostro in un appartamento. Finora non abbiamo mai vissuto in una tenda o in un accampamento di fortuna. Ma i cambiamenti sono ancora più evidenti per le donne che si trovano in questa situazione.

“Il ruolo del padre non è più lo stesso”

Anche gli uomini sono cambiati. Tutto ciò che proibivano alle loro mogli, alle loro figlie, alle loro sorelle, ora lo permettono, sempre perché è la guerra che li costringe a farlo. Nei campi, donne e uomini si dividono il lavoro duro, e spesso sono le donne a fare tutto, o quasi. Fanno la fila per il cibo, preparano i pasti in pubblico accanto alle tende, sotto gli sguardi di tutti, mentre prima era qualcosa che non si faceva, era quasi sacrilego. Le donne non dovevano vedere gli uomini, e gli uomini non dovevano guardare le donne. Oggi è diventato normale, non è più scioccante. Tutto questo è successo in quasi 8 mesi di guerra. È un cambiamento troppo rapido.

E allora mi chiedo: sono cambiato anch’io? Vediamo gli altri, ma siamo in grado di vedere noi stessi? E così l’ho chiesto a Sabah, che mi ha risposto: “No, non sei cambiato”. Forse l’ha detto per indorarmi la pillola, forse in realtà sono cambiato in peggio o in meglio, e magari un giorno mi dirà: “Durante la guerra è successo qualcosa che ti ha cambiato”. In ogni caso, penso che anche il ruolo del padre non sia più lo stesso. Prima, era lui a proteggere la sua famiglia, a darle da mangiare. Ora è il bambino che assalta i camion, è lui che va a procurarsi il cibo. È per questo che credo che anche il rapporto padre-figlio sia destinato a cambiare, perché il padre perderà il suo ruolo di protettore. Ecco un altro motivo per cui questa guerra trasformerà profondamente la nostra società, nostro malgrado.

La condizione delle donne si evolverà, si integreranno meglio nella società, come è successo in Europa durante e dopo la Seconda guerra mondiale, quando le donne prendevano il posto degli uomini partiti per il fronte. Questo sarà uno degli sviluppi positivi, ma ce ne saranno altri meno positivi. La situazione migliorerà o peggiorerà? Lo scopriremo molto presto. Ma se si distrugge la società, verranno meno le condizioni di vita della popolazione.