Diario da Gaza 56

“Lei condanna Hamas?”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Rifugiatisi a Rafah, Rami e la sua famiglia sono stati costretti a un nuovo esilio interno, bloccati come tante famiglie in questa enclave miserabile e sovraffollata. Il 12 ottobre 2024, Rami ha ricevuto il premio Bayeux Calvados-Normandie per i corrispondenti di guerra. Questo spazio gli è dedicato dal 28 febbraio 2024.

L'immagine mostra un ampio muro composto da molteplici schermi televisivi, ognuno dei quali visualizza immagini colorate e astratte. Le immagini si sovrappongono e si mescolano creando un effetto visivo vivace e dinamico. La combinazione di colori e forme sembra generare un'atmosfera futuristica e artistica, dando l'impressione di un'opera d'arte digitale contemporanea.
Nam June Paik, Megatron Matrix, 1995
Ryan Somma / Smithsonian American Art Museum

Martedì 8 ottobre 2024.

In occasione del 7 ottobre, molti giornali e mass media francesi e francofoni mi hanno contattato per ascoltare una voce da Gaza. Nelle varie interviste, ho cercato di raccontare le sofferenze dei palestinesi a Gaza dopo il 7 ottobre, i massacri, gli eccidi, le umiliazioni, la carestia. Oggi Gaza è l’inferno in terra.

Nel ciclo di incontri, c’è stato anche un mio intervento su un canale televisivo. Durante la trasmissione, non sono riuscito a dire molto, perché ho passato i pochi minuti che mi sono stati concessi a rispondere alla stessa domanda: “Lei condanna Hamas?”.

Un’ospite del programma, che non conoscevo, esponente di un’organizzazione ebraica1, che aveva fatto un lungo intervento nella prima parte del programma, ha accusato i palestinesi di “cercare sempre di contestualizzare il 7 ottobre”, cosa che, a suo avviso, non ha nulla a che fare con i precedenti 75 anni. Si è detta anche rattristata nel vedere che “le voci provenienti da Gaza”, con un’implicita allusione alla mia presenza, non condannavano apertamente il 7 ottobre. Perché a Gaza, ha aggiunto, “non si può criticare Hamas per il timore di ritorsioni”.

Provi rancore verso tuo fratello, o verso il vicino che ha colpito?

Io non difendo affatto Hamas, ma credo che chi non ha mai vissuto un’occupazione non possa capire. Alla richiesta di condannare Hamas, aveva già risposto a suo tempo Moshe Dayan, allora capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano, come ho già scritto nel mio ultimo Diario da Gaza su Orient XXI. All’epoca, Hamas non esisteva, ma Moshe Dayan si riferiva ai combattenti armati della resistenza palestinese. Per il generale, era normale che una popolazione a cui era stata presa la terra cercasse di difendersi. La mia risposta è dire: se tuo fratello colpisce il tuo vicino che ti ha preso tutto, la tua casa, il tuo giardino, rinchiudendovi tutti in un piccolo pezzo di terra, uccidendo poi tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle... Provi rancore verso tuo fratello o verso il vicino che è stato colpito? È un bel problema essere arrivati al punto di non vedere la realtà.

Se l’ospite in studio difendeva una causa politica e ideologica, le faccio i complimenti, l’ha fatto benissimo. Ma se parla senza sapere cosa stia succedendo, è una cosa grave. In ogni caso, nessuno durante il programma le ha chiesto di condannare le quasi 42.000 vittime dei massacri dell’esercito israeliano. Lei vive l’occupazione dalla parte dell’occupante. Come varie personalità che hanno scritto post sulle bombe e i missili che cadevano su di noi per farci fuori. Come anche un generale israeliano che faceva gli auguri di compleanno a sua figlia mentre bombardava un quartiere di Gaza. E tutto questo in nome della democrazia. Israele si comporta da paese democratico con alcune nazioni, ma quando si tratta dei popoli vicini, si tratta di apartheid, dovrebbe saperlo. In Israele, quando qualcuno viene accusato, viene giudicato da un tribunale civile. Quando l’accusato vive nei territori occupati, viene giudicato, invece, da un tribunale militare. Sono ancora in attesa di essere giudicati migliaia di palestinesi che sono in carcere senza processo. Siete voi gli occupanti, siete voi che avete rubato le terre, mentre quelli che la rivendicano sono “terroristi”. Ecco quello che non ho avuto il tempo di dire.

Un discorso in inglese, un altro in ebraico

Nello studio televisivo, c’era anche Charles Enderlin, un giornalista franco-israeliano, specializzato in Medio Oriente e Israele ed ex corrispondente da Gerusalemme. So bene chi è. È stato il suo cameraman a filmare in diretta l’uccisione del piccolo Mohamed Al-Durrah da parte dell’esercito israeliano, all’inizio della Seconda intifada. E dovrebbe ricordarsi bene che aveva dovuto difendersi davanti al tribunale contro i militanti filo-israeliani, sostenuti dal governo di Tel Aviv, che, come al solito, avevano invertito i ruoli. Alcuni sostenevano che il piccolo Mohamed fosse stato ucciso dai proiettili palestinesi, mentre altri accusavano senza mezzi termini il cameraman di aver inscenato la morte del bambino, sostenendo che fosse ancora vivo. Alla fine, Charles Enderlin ha vinto la causa contro quei farneticanti propagandisti.

Durante il dibattito, Enderlin ha detto che lo sceicco Ahmed Yassin, il padre spirituale e fondatore di Hamas, aveva predetto la fine di Israele nel 2027, e che tutto quello che sta accadendo oggi dipende dal fatto che la gente vuole che quella profezia si avveri. Enderlin ha parlato anche del fanatismo dei capi di Hamas. È chiaro che la religione gioca un ruolo determinante. Ma avrei voluto dirgli che Netanyahu si sta comportando allo stesso modo. O meglio, assume due atteggiamenti diversi: uno, in inglese, per gli occidentali, quando parla loro di democrazia, e un altro, in ebraico, quando usa il linguaggio della Bibbia. Come ho già scritto, il premier israeliano ha paragonato i palestinesi agli “Amalek”, ossia gli Amaleciti, un’antica tribù seminomade di cui sappiamo molto poco, se non che la Bibbia li considera una popolazione da sterminare.

I miei figli non hanno armi

In realtà, lo sceicco Yassin non aveva annunciato la fine di Israele nel 2027, ma solo la fine dell’occupazione dei territori palestinesi, con il consenso di Israele. Il fondatore di Hamas aveva anche proposto una tregua a lungo termine agli israeliani. Poi però è stato ucciso in un raid israeliano. Quando Netanyahu dice che siamo come gli Amalek, che significa che dobbiamo essere tutti uccisi, uomini, donne, bambini, animali, come si dice nella Bibbia, beh, questo non è forse fanatismo?

Charles Enderlin ha degli amici palestinesi, che non reputa sicuramente dei terroristi. O forse crede che tutti i membri di Hamas siano terroristi? O che chiunque promuova la lotta armata sia per forza un terrorista? Mi sarebbe piaciuto avere del tempo per discutere con lui durante il programma.

Enderlin ha parlato anche della censura imposta da Hamas, che controlla qualsiasi filmato o foto per non far vedere uomini armati negli ospedali. Gli avrei però subito risposto che i feriti e i morti sono veri. Inoltre, la censura esiste in tutte le guerre, da tutte le parti, compreso in Israele, dove la censura militare può controllare ciò che scrivono o filmano i giornalisti in ogni momento. In Israele, la censura sull’offensiva a Gaza non è limitata, ma è totale visto che viene vietato l’ingresso ai giornalisti, oltre alla chiusura degli studi dell’emittente Al Jazeera sul suo territorio. Avrei anche voluto dirgli che capisco il suo stato d’animo perché ha detto di avere due suoi nipoti impiegati nell’esercito, e quindi ha paura per loro. Capisco molto bene la paura che si prova per i nostri figli, posso dirlo a ragion veduta. I miei figli possono essere uccisi da momento all’altro da un missile israeliano. Ma loro non hanno armi.

Ecco tutto quello che avrei voluto e non sono riuscito a dire, chissà forse solo per mancanza di tempo.

1Simone Rodan Benzaquen è la direttrice dell’American Jewish Committee (AJC) in Francia dal 2010 e dell’AIJ Europe dal 2015