Diario da Gaza 96

Quello che hanno vissuto loro in 12 giorni, noi lo viviamo da quasi due anni

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Rifugiatisi a Rafah, la famiglia è stata poi costretta a un nuovo esilio prima a Deir al-Balah, poi a Nuseirat, bloccata come tante famiglie in questa enclave miserabile e sovraffollata. Un mese e mezzo dopo l’annuncio del cessate il fuoco, Rami è finalmente tornato a casa con sua moglie, Walid e Ramzi, il bambino appena nato. Per il suo Diario da Gaza, Rami ha ricevuto tre riconoscimenti al premio Bayeux per i corrispondenti di guerra. Questo spazio gli è dedicato dal 28 febbraio 2024.

Ambiente ospedaliero con feriti, personale medico e atmosfere di emergenza.
Nuseirat, 24 giugno 2025. Una donna palestinese osserva alcune persone ferite dai colpi sparati dall’esercito israeliano in un punto di distribuzione di aiuti alimentari allestito dalla Fondazione umanitaria di Gaza (GHF) sulla strada di Salah al-Din, mentre ricevono cure all’ospedale Al-Awda.
Eyad BABA / AFP

E alla fine, Netanyahu ha colpito l’Iran. Un attacco “preventivo”. Il figlio viziato degli Stati Uniti e dell’Occidente ha deciso che nessuno nella regione doveva avere la bomba atomica, tranne Israele. Come al solito, è stata tirata fuori la famosa frase: “Israele ha il diritto di difendersi”. Perché sono oltre 20 anni che Netanyahu ci ripete che l’Iran avrà la bomba atomica nel giro di due settimane. In realtà, è stato Israele ad attaccare l’Iran, ma l’Iran non ha il diritto di difendersi.

Israele ha mobilitato la sua propaganda in tutto il mondo. Abbiamo sentito ripetere all’infinito parole che denotano l’assenza di compassione verso il popolo iraniano. L’Iran è ridotto al “paese dei mullah”, a un “regime che impone il velo alle donne”, mentre al contrario bisogna accettare la norma occidentale negando alle donne la libertà di indossare o meno il velo e imponendo loro l’obbligo del costume da bagno e della minigonna...

Gli uomini e le donne di tutto il mondo devono comportarsi come gli europei. Altrimenti, è legittimo bombardarli “preventivamente”. In ogni caso, il “regime” iraniano non è democratico, quindi non è grave bombardare il Paese. Lo abbiamo visto in Iraq e in Afghanistan, con il risultato di avere due Paesi nel caos.

Pochi giorni prima della sua investitura, Donald Trump ha pubblicato un video in cui un famoso economista, Jeffrey Sachs, definiva Netanyahu un “deep, dark son of a bitch"” accusandolo di trascinare gli Stati Uniti “in guerre senza fine” in Medio Oriente. Eppure, oggi Trump sta facendo la stessa cosa.

Israele colpisce là dove ha incoraggiato i gazawi a rifugiarsi

Ciò che mi interessa in questa “guerra dei dodici giorni” è la copertura mediatica della risposta iraniana all’aggressione israeliana. Durante questi dodici giorni, ci hanno raccontato minuziosamente dei pochi missili che hanno colpito Israele, di cui si sapeva dove sarebbero caduti e di come gli israeliani disponessero di numerosi rifugi per proteggersi. Molti giornalisti ci hanno raccontato delle loro notti insonni, a causa delle sirene e delle esplosioni.

Li capisco, perché quello che hanno vissuto loro in dodici giorni, noi lo viviamo da quasi due anni, moltiplicato per mille. Siamo sotto tiro 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Non sappiamo dove cadranno i missili e le bombe, non sappiamo dove spareranno i droni. Abbiamo come “rifugi” solo le scuole dell’UNRWA, che Israele bombarda regolarmente, e non abbiamo né acqua né cibo. Israele colpisce perfino il luogo in cui ha incoraggiato gli abitanti di Gaza a rifugiarsi, la “zona umanitaria” di Al-Mawasi, a sud. Anche i “centri di distribuzione degli aiuti umanitari” rappresentano una trappola mortale, visto che gli israeliani sparano a sangue freddo sulla folla affamata che si precipita lì.

Durante questa breve guerra, ci sono dei reportage che ci hanno mostrato l’ospedale israeliano di Soroka, leggermente danneggiato da un missile iraniano. Netanyahu ha definito “barbari” quelli che hanno preso di mira un ospedale dove c’erano dei pazienti. Gli iraniani hanno dichiarato di non aver colpito Soroka, ma la mia prima reazione istintiva è stata quella di ridere. Come si dice da noi, il cammello non vede la propria gobba. A Gaza, l’esercito israeliano ha bombardato quasi tutti gli ospedali, in maniera intenzionale e precisa. Il novanta per cento degli ospedali è fuori uso. Alcuni sono stati completamente rasi al suolo, come l’ospedale dell’amicizia turco-palestinese nella Striscia di Gaza, specializzato nella cura dei tumori. Ma quando le distruzioni sono da parte israeliana, sono giustificate, tollerabili, sia in Iran che a Gaza – dove bisogna scegliere bene le parole da usare e non parlare di genocidio.

Certo, è terribile quello che stanno vivendo i palestinesi, ma è colpa di Hamas, non di Netanyahu. Allo stesso modo, se l’Iran bombarda Israele, è per una questione di perfidia, non a causa di Netanyahu che non vuole fermare le guerre, perché altrimenti sarebbe la fine della sua carriera politica.

La doppia nazionalità israeliana contro la doppia nazionalità palestinese

Ho anche visto come gli israeliani con doppia nazionalità, israeliana e francese, sono stati accolti dalla Francia. Come sono stati invitati nei programmi televisivi, dove hanno raccontato quanto fosse stato difficile farli uscire, visto che l’aeroporto era chiuso. E dove hanno criticato l’ambasciata francese in Israele per non averli fatti evacuare abbastanza rapidamente per i loro gusti.

Non voglio generalizzare, ma all’inizio della guerra israeliana contro Gaza la maggior parte dei media non aveva avuto la stessa attenzione alla sorte dei palestinesi con doppia nazionalità di Gaza, la cui partenza era stata ritardata dagli israeliani, né a quella di Ahmed Abu Shamla, un funzionario dell’Istituto francese di Gaza che era sulla lista degli evacuati, a cui Israele continuava a rimandare il via libera. Alla fine, Shamla è stato ucciso il giorno in cui gli era stato finalmente concesso di partire. In prima serata, non vengono invitati i palestinesi usciti da Gaza per descrivere il loro inferno, quello vero.

Personalmente, sono d’accordo sul fatto che le popolazioni civili debbano essere protette e che sia necessario parlare di tutte le sofferenze umane. Ma troppo spesso, quando si tratta dei palestinesi, il senso d’umanità scompare. Ci si congratula con il bambino viziato che sta litigando con tutti nel quartiere. Si ha l’impressione che sia un orfano che subisce minacce, e quindi il mondo intero deve fargli da genitore. Un bambino venuto da ogni parte del mondo per occupare un territorio che non era suo, ma di cui asseriva di essere il proprietario. Fin dall’inizio ha usato la violenza, i massacri, le stragi. E continua dal 1948 ad oggi. Ma “ha il diritto di difendersi”.

So che, nonostante questa visione mediatica distorta che si ha in Occidente, una parte della società civile, degli intellettuali e dei giornalisti riportano la verità, e di questo li ringrazio. Un giorno avranno ragione. Il bambino viziato perderà il sostegno degli occidentali, ed evacuerà i territori occupati. I palestinesi vivranno allora sulle loro terre, in un loro Stato, uno Stato palestinese riconosciuto da tutto il mondo. Noi ricostruiremo tutto ciò che il bambino ha distrutto. E Gaza sarà una Riviera, ma costruita e governata dai palestinesi.