Premio Pulitzer 2024

La morte senza importanza di un bambino palestinese

Come può un semplice incidente stradale tramutarsi in un catastrofe per la famiglia Salama a causa della morte di un figlio bruciato vivo? Il giornalista americano Nathan Thrall non racconta un’opera di finzione, ma un vero dramma con conseguenze tragiche per i genitori e gli abitanti del loro villaggio, mescolando la storia di un ragazzo e la grande storia del popolo palestinese. Passato sotto silenzio, il libro è uno straordinario racconto della vita quotidiana in un sistema di apartheid.

L'immagine mostra un tributo commemorativo collocato su un terreno. Al centro, c'è un cartello che presenta un ritratto di un bambino, adornato con un abbigliamento tradizionale. Attorno al cartello ci sono fiori freschi e piante, posizionati in una gomma di automobile. Il tutto è circondato da un ambiente duro, con rocce visibili e alcune persone in fondo che sembrano partecipare a una commemorazione. La data sul cartello indica un giorno significativo, possivelmente legato alla memoria del bambino.
Ramallah, 22 marzo 2012. Ricordo in memoria dei 6 bambini e della loro insegnante morti in un incidente d’autobus il 16 febbraio 2012. Nella foto, Zayd Ghassan Hassan Jawabreh, una delle vittime.

Con il libro Un giorno nella vita di Abed Salama. Anatomia di una tragedia a Gerusalemme, edito in Italia da Neri Pozza, Nathan Thrall, giornalista americano esperto di Medio Oriente che vive a Gerusalemme, ha vinto il 13 maggio 2024 il Premio Pulitzer, la più prestigiosa onorificenza statunitense per i campi del giornalismo, dell’arte e della letteratura. Diviso tra letteratura e giornalismo, il Pulitzer premia opere di fiction, narrativa storica, poesia ma anche inchieste, analisi ed editoriali. Thrall ha vinto nella categoria letteraria “Nonfiction”. Il suo è un libro di grande umanità, volutamente scritto con linguaggio semplice fatto di frasi senza troppi artifici, scelta narrativa adottata per raccontare in maniera appassionata e puntuale il tragico episodio accaduto.

Stranamente, sono apparsi pochissimi articoli sul libro, anche se è stato pubblicato diversi mesi fa. È forse dovuto al fatto che parla dell’occupazione a cui i palestinesi sono stati sottoposti da 75 anni? Una tematica considerata ormai “relegata al passato”, “abusata”, e dal 7 ottobre 2023, condannata ad essere cancellata dietro i crimini commessi da Hamas? È davvero questo il caso del lavoro di Thrall, uscito alcuni mesi dopo? Resta il fatto che questo libro straordinario – e premiato negli Stati Uniti – è passato quasi inosservato.

Il libro racconta il dramma vissuto dalla famiglia di Abed Salama, un militante marxista del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP), uno dei componenti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Il 16 febbraio 2012 suo figlio di cinque anni, Milad, parte con un pulmino per la prima gita di classe della sua vita. La sua famiglia vive ad Anata, un villaggio-quartiere di Gerusalemme diviso in due dal “muro di separazione” eretto da Israele per circondare la Cisgiordania, con l’obiettivo di rafforzare la “cantonizzazione” separando i coloni ebrei dalla popolazione autoctona. A due passi (meno di un chilometro e mezzo), nei Territori Palestinesi Occupati, si trova l’insediamento israeliano di Anatot, un nome dal richiamo biblico. Il libro non svela subito il rapporto che lega questo particolare alla gita, ma lo si scoprirà tristemente nel corso delle pagine.

“La Bibbia è il nostro mandato”

Il giorno della gita, c’è un tempo terribile. Malgrado le condizioni avverse, il figlio di Abed, Milad, per una volta è emozionato all’idea di fare qualcosa di diverso rispetto allo stare seduto sui banchi di scuola. Sulle spalle uno zaino più grande di lui con dentro la sua merendina preferita, Milad sale sul pulmino, ma non arriverà mai a destinazione. Sulle strade sterrate della Cisgiordania sta piovendo a dirotto. Sotto la pioggia battente, il pulmino viene investito da un camion guidato da un palestinese. Il pulmino si ribalta e divampa un incendio nella parte anteriore. In questa tragedia, ci sono due personaggi che dimostreranno un grande eroismo. L’insegnante, Ula Joulani, che si getta tra le fiamme per salvare dei bambini. Ma prima di lei è Salem, un altro palestinese del posto, il primo a farsi largo tra le fiamme. Per 34 minuti nessun altro si avvicina al pulmino avvolto dalle fiamme: nessun poliziotto, nessun soldato, nessun vigile del fuoco. Nel rogo, muoiono un adulto e 6 bambini, tra cui Milad Salama. Tra i sopravvissuti, si conteranno anche dei grandi ustionati, compresi dei bambini.

Il libro racconta la storia di questa tragedia, che non è estranea alla situazione geografica e politica del villaggio-distretto di Anata, alle ripercussioni che ha sulla famiglia di Abed Salama e di sua moglie Haifa. Ma racconta anche la vita scombussolata della città palestinese e le correnti politiche e culturali che la attraversano, così come le conseguenze dovute all’onnipresenza dei coloni, dei servizi segreti israeliani e dell’esercito, il loro modo di essere e di pensare, talvolta sconcertante. Come ricorda Thrall, fu Ben-Gurion - un ebreo laico che, come si racconta, mangiò carne di maiale per Yom Kippur – a dichiarare: “A nome degli ebrei dico che il nostro mandato è la Bibbia”?1

Thrall mescola così il ritratto dei protagonisti, la famiglia Salama e i suoi parenti, i suoi amici e vicini, la loro vita di palestinesi sottoposti ai metodi adottati dall’occupante israeliano per smantellare la loro società, per dividerla in vari gruppi e, quando possibile, con interessi contrapposti, se non ostili. È il caso delle carte d’identità dai vari colori, con lo scopo di conferire a ogni persona uno status diverso, che fa presagire una vita diversa, a seconda che si abbia una carta gialla, verde, o di altro colore. Talvolta, a 500 metri di distanza, la differenza di status è tale che non si sa più a quale regola si è soggetti. Quando Israele ha costruito il “muro di separazione”, scrive Thrall, l’enclave che includeva i quartieri di Anata, Shuafat e Kufr Aqab è stata di punto in bianco spostata dall’altra parte del muro. Da un giorno all’altro, 100.000 palestinesi sono stati privati dei servizi forniti dalla municipalità di Gerusalemme: niente più vigili del fuoco, poliziotti o ambulanze. Solo l’esercito poteva entrarci.

Thrall sottolinea anche il peso del passato, senza il quale non si può comprendere nulla. La Nakba e la pulizia etnica di Haifa - città d’origine della famiglia Salama - nel 1948, e altri eventi meno noti, come il massacro in Libano di 2.000 palestinesi nel campo profughi di Tell al-Za’tar, avvenuto il 12 agosto del 1976 ad opera dei falangisti cristiani sotto la protezione... del presidente siriano Hafez al-Assad. Sei anni prima del massacro di Sabra e Shatila. L’autore ricorda anche gli accordi di Oslo che avrebbero dovuto portare a una “pace israelo-palestinese”. Molti dei militanti palestinesi descritti da Thrall comprendono, davanti ai loro leader, che con il pretesto della pace gli israeliani intendono negoziare solo la propria “sicurezza” e nient’altro.

“Le strade sterilizzate”

Intanto, la violenza dell’occupazione aumenta. Huda, una dottoressa che lavora per l’Unrwa, l’organismo delle Nazioni Unite che gestisce i rifugiati palestinesi, assiste all’arresto del figlio sedicenne, Hadi, che ammette di aver lanciato delle pietre contro i soldati. Dopo la confessione, lui e sua madre vengono torturati. Alla fine, l’avvocato dell’esercito proporrà alla dottoressa di dimezzare la pena al figlio in cambio della rinuncia a sporgere denuncia per tortura. Huda è costretta ad accettare... Una giornata come tante sotto un regime d’occupazione.

Thrall descrive anche le strade che permettono ai coloni di muoversi senza rischi. In gergo, l’esercito le chiama “strade sterilizzate”, cioè quelle su cui è vietato anche camminare e possono essere utilizzate solo dai cittadini israeliani. Altri le chiamano le “strade dell’apartheid”. Negli anni ‘90, infatti, verrà creato tutt’intorno un gigantesco sistema di “checkpoint, blocchi stradali, deviazioni e, soprattutto, recinzioni e muri”.

Quando nel 2012 il pulmino dei bambini viene investito da un camion, gli accordi di Oslo sono già un lontano ricordo. La Cisgiordania è diventata un labirinto che rende la vita dei palestinesi un inferno quotidiano. Il giorno della tragedia, malgrado la carta d’identità verde, ad Abed non viene concessa l’autorizzazione a recarsi da solo all’ospedale di Ramallah, dove gli è stato detto che si trova suo figlio... Haya, una madre palestinese con due figli sul pulmino, dovrà attendere due ore ai posti di blocco per percorrere i 14 chilometri che la separano dall’ospedale.

Thrall si chiede come sia stato possibile che i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente siano stati i pompieri palestinesi, dopo essere stati bloccati a loro volta presso un checkpoint.

Come mai i beduini di Jaba ce l’avevano fatta a trasportare grosse taniche piene d’acqua lungo il pendio, ma non era arrivato un solo soldato israeliano? E che dire di Rama, la base militare? Dove erano i soldati, i medici, le jeep, le cisterne e gli estintori? Se si fosse trattato di due bambini palestinesi che tiravano pietre sulla strada, l’esercito sarebbe arrivato in un attimo. Quando a essere in pericolo erano gli ebrei, Israele mandava gli elicotteri. Invece se c’era di mezzo un autobus in fiamme pieno di bambini palestinesi, gli israeliani arrivavano quando ormai tutti i bambini erano già stati portati via.2

Dal posto dove si trovavano, non potevano non vedere le fiamme. Ma quella strada lì non era sterilizzata...

1Dichiarazione di Ben-Gurion, 7 gennaio 1937, davanti alla Commissione Peel, formalmente nota come Commissione Reale per la Palestina, istituita nel 1936 per proporre modifiche al Mandato britannico in Palestina. [Ndr].

2Nathan Thrall, Un giorno nella vita di Abed Salama. Anatomia di una tragedia a Gerusalemme, trad. it. a cura di Christian Pastore, Neri Pozza, Vicenza, 2024