Appello

Aprire Gaza e proteggere i giornalisti

Orient XXI si unisce all’appello rivolto alle autorità internazionali per proteggere i giornalisti della Striscia di Gaza che rischiano la morte in qualsiasi momento e per consentire ai giornalisti e alle giornaliste stranieri/e di avere accesso a questo territorio assediato per poter esercitare la loro professione: fare informazione.

L'immagine mostra un gruppo di persone in una situazione di emergenza. Alcuni uomini, vestiti con giubbotti di protezione e tesserini "PRESS", stanno aiutando un uomo che è visibilmente ferito, portandolo via dal luogo del conflitto. Sullo sfondo si vede del fumo, suggerendo che ci sia stata un'esplosione o un incendio. Un ragazzo in primo piano osserva la scena con attenzione. L'atmosfera è tesa e drammatica, evidenziando una situazione di crisi.
5 ottobre 2018. Infermieri e giornalisti palestinesi portano un collega giornalista ferito durante gli scontri con le forze israeliane nell’est della città di Gaza, lungi la frontiera tra Gaza e Israele nella Striscia di Gaza.
Said KHATIB / AFP

Dal 7 ottobre 2023, il tributo pagato dalla stampa è stato molto alto.

Noi giornalisti e giornaliste italiane, per lo più abituati a lavorare in o su zone di conflitto, chiediamo ai belligeranti coinvolti di proteggere tutti i colleghi e le colleghe e di aprire l’accesso alla Striscia di Gaza alla stampa internazionale.

Garantire protezione ai giornalisti

Al momento in cui scriviamo, sono 28 le giornaliste e i giornalisti uccisi secondo l’Ong Committee to Protect Journalists (CPJ), tra cui 23 palestinesi, 4 israeliani e un libanese. Decine di altri sono rimasti feriti. Una delle prime vittime aveva 22 anni. Ibrahim Lafi è stato ucciso il 7 ottobre 2023 mentre seguiva per Ain Media l’attacco di Hamas al valico di Erez. Indossava un giubbotto antiproiettile blu su cui era scritto ciò che avrebbe dovuto salvare la vita: “Press”. Il giovane Gazawi era noto ai media europei. Tra gli altri aveva lavorato per Médiapart e Politis in Francia.

Il 13 ottobre nel sud del Libano, sono stati i giornalisti di Agence France Presse, Reuters e Al-Jazeera ad essere colpiti da due colpi di artiglieria sparati a breve distanza dall’Esercito israeliano mentre coprivano gli scontri al confine con Hezbollah. Anche loro erano chiaramente identificabili come giornalisti. Issam Abdallah, 37 anni, giornalista della Reuters, è morto sul colpo. Sei dei suoi colleghi sono rimasti feriti.

Il 19 ottobre, un attacco aereo ha distrutto una tenda temporanea che ospitava squadre della BBC, Reuters, Al Jazeera, AFP e agenzie di stampa locali, vicino all’ospedale Nasser di Khan Younis.

Domenica 22 ottobre, è toccato al fotoreporter Roshdi Sarraj, ucciso in un bombardamento a Gaza City mentre usciva dalla casa dove aveva trovato rifugio con moglie e figlia. Anche Roshdi aveva lavorato per molti media europei, tra cui Radio France e Ouest-France.

E l’elenco purtroppo non termina qui.

Mentre la comunità internazionale non riesce a imporre un cessate il fuoco, e l’Esercito israeliano ha deciso di estendere le operazioni di terra nella Striscia di Gaza, il numero di giornalisti uccisi rischia fortemente di aumentare. In questo clima di terrore, molte colleghe e colleghi non sono più in grado di lavorare dal punto di vista psicologico, paralizzati all’idea di apprendere che la loro famiglia è stata decimata in un bombardamento.

Come nel caso del nostro collega Wael Al-Dahdouh. Il 25 ottobre, mentre seguiva un bombardamento in diretta sul canale televisivo Al Jazeera, ha ricevuto la notizia della morte della moglie e dei suoi due figli. Nonostante il terribile lutto, Wael Al-Dahdouh è tornato subito in onda per continuare il suo lavoro, la sua missione di fare informazione.

“La prima vittima di una guerra è la verità”

Noi giornalisti occidentali, a cui il governo israeliano e quello egiziano hanno negato la possibilità di recarci sul posto, non possiamo rimanere impotenti di fronte a una tale situazione. Proteggere i giornalisti significa proteggere la libertà di stampa, un cardine costantemente sotto attacco, ma indispensabile delle democrazie. In tempo di guerra, di fronte a operazioni di propaganda su tutti i fronti, l’informazione è al centro della battaglia. “La prima vittima di una guerra è la verità”. Se questo adagio è vero per ogni conflitto, lo è ancor di più a Gaza.

È necessario ricordarlo? Uccidere i giornalisti che non prendono parte al conflitto costituisce un crimine di guerra ai sensi delle disposizioni dell’articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Le nostre colleghe e i nostri colleghi sono stati deliberatamente presi di mira? Chiediamo che venga aperta un’inchiesta indipendente e trasparente sulle circostanze della loro morte.

Restano i vivi, quelli senza i quali non potremmo vedere né comprendere le conseguenze dei bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza. Se quelle giornaliste e quei giornalisti che sono i nostri occhi e le nostre orecchie scomparissero, saremmo sordi e ciechi, e la Striscia di Gaza diventerebbe un buco nero dell’informazione, un blackout mediatico imposto da Israele, per usare l’espressione di Reporter senza Frontiere.

Senza mezzi

Da quando molti media sono stati completamente o parzialmente distrutti a Gaza ad opera dell’aviazione israeliana, alle nostre colleghe e ai nostri colleghi palestinesi mancano i mezzi per documentare il loro lavoro. Senza batterie per le loro fotocamere, senza computer o mezzi di comunicazione affidabili, ci sono alcuni che hanno perso tutto. Altri hanno dovuto rinunciare a tutto dopo aver ricevuto ordine dall’Esercito israeliano di lasciare i loro appartamenti il prima possibile. Dal 28 ottobre 2023, i giornalisti di Gaza spesso non hanno più alcuna connessione internet, oltre ad avere poca possibilità di ricaricare le loro attrezzature. Ciò costituisce un ulteriore ostacolo al lavoro della stampa in un territorio in cui la libertà di informazione è già sistematicamente violata da Hamas e dai suoi alleati.

Facciamo appello alle autorità e agli organismi internazionali di chiedere con maggiore fermezza la protezione e la libertà di movimento delle nostre colleghe e colleghi palestinesi che si trovano sotto assedio.

La necessità di lasciare entrare la stampa internazionale

Dopo 16 anni di blocco, la Striscia di Gaza è sotto assedio totale dal 10 ottobre. Nessuno può più entrare o uscire dall’enclave palestinese. Siamo riusciti a raccogliere le testimonianze delle vittime dell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre, ma dobbiamo essere in grado di lavorare in sicurezza per raccontare ciò che sta accadendo a Gaza. Nell’estate del 2014, l’Esercito israeliano aveva consentito l’accesso alla stampa internazionale, garantendo così la nostra libertà di informazione. Oggi però non è più così. Lasciateci entrare nella Striscia di Gaza per fare il nostro mestiere. Siamo consapevoli dei rischi.

Appello lanciato da Orient XXI e sottoscritto dai giornalisti della stampa francese e francofona. Orient XXI – Italia si unisce e rilancia, invitando la stampa italiana a sottoscriverlo.

Società dei giornalisti firmatari: AFP, Arrêt sur images, BFMTV, Challenges, Courrier International, Le Figaro, France 3 Rédaction nationale, France 24, France Télévisions Rédaction nationale, Franceinfo.fr, Disclose, L’Humanité, Libération, M6, NRJ Group, L’Obs, Paris Match, La redazione de Mediapart, La redazione de Politis, Le Parisien, Le Point, Premières Lignes, Public Sénat, Radio France, RFI, RMC, RTL, Sept à Huit, Télérama, TF1, La Tribune, L’Usine nouvelle, La Vie.

Organizzazioni firmatarie : Fédération internationale des journalistes, Le prix Albert Londres, Le Prix Bayeux Calvados des Correspondants de Guerre, Reporters sans frontières, Collectif les Journalopes, Collectif Long Shot.

Giornalisti fimatari : Feurat Alani, giornalista, ex corrispondente da Bagdad, Sarah-Samya Anfis, corrispondente a Tunisi, Amar Al-Hameedawi, giornalista, France 24, Victorine Alisse, fotografo, Feriel Alouti, giornalista, Sharon Aronowicz, giornalista, Emilie Baujard, ex corrispondente a Ramallah, Akram Belkaïd, giornalista, Le Monde Diplomatique, Lucile Berland, giornalista, Walid Berrissoul, giornalista, Véronique Blanc, giornalista, Sami Boukhelifa, corrispondente da RFI a Gerrusalemme, Edith Bouvier, giornalista, Véronique Brocard, giornalista, Siné mensuel, Patricia Chaira, fotoreporter, SIPA, Solène Chalvon-Fioriti, giornalista, Benoît Chaumont, giornalista, Jean Pierre Canet, giornalista, Julie Conan, vicedirettore all’ufficio internazionale de La Croix, Sylvain Cypel, giornalista, Gwendoline Debono, ex corrispondente a Gerusalemme, Guilhem Delteil, corrispondente da RFI a Gerrusalemme, Jérémie Demay, giornalista, Jennifer Deschamps, giornalista, Vanessa Descouraux, giornalista, Radio France, Véronique de Viguerie, fotografo, Chloé Domat, corrispondente a Beyrouth, Claire Duhamel, corrispondente di France 24 a Gerusalemme, Abdulmonam Eassa, fotografo, Nassira El Moaddem, giornalista, Arrêt sur images, Charles Enderlin, ex corrispondente di France 2 a Gerusalemme, Wilson Fache, giornalista, Agnès Faivre, giornalista, Alice Froussard, ancienne correspondante au Proche-Orient, Emmanuel Gagnier, giornalista, Cécile Galluccio, ex corrispondente di France 24 e Radio Canada a Gerusalemm, Laura-Maï Gaveriaux, giornalista, Laurence Geai, fotografo, Inès Gil, giornalista, Juliette Gheerbrant, giornalista, RFI, Pauline Godart, giornalista, France 24, Alain Gresh, giornalista fondatore d’Orient XXI, Solène Gripon, giornalista, Sarra Grira, giornalista, Orient XXI, Sophie Guignon, corrispondente a Beyrouth, Andrew Hilliar, giornalista, France 24, Mélina Huet, giornalista, Jimmy Hutcheon, ex corrispondente a Gerusalemme, Aline Jaccottet, giornalista, Le Temps, Nicolas Keraudren, giornalista, Danièle Kriegel, corrispondente di Point a Gerusalemme, Hélène Lam Trong, giornalista, Arthur Larie, fotoreporter, Ariane Lavrilleux, giornalista, Meriem Lay, giornalista, Sophie Le Gall, giornalista, Cécile Lemoine, corrispondete a Gerusalemme, Thibaut Lefèvre, corrispondete Radio France a Gerusalemme, Julie Lotz, giornalista, Élise Lucet, giornalista, Matthieu Mabin, giornalista, France 24, Georges Malbrunot, giornalista, Le Figaro, Antoine Mariotti, ex corrispondente di France 24 a Gerusalemme, Céline Martelet, giornalista, Bastien Massa, giornalista, Giona Messina, ex corrispondente di France Télévisions a Gerusalemme, Frédéric Métézeau, e. corrispondente di Radio France a Gerusalemme, Sina Mir, giornalista, Étienne Monin, ex corrispondente di Radio France a Gerusalemme, Paul Moreira, giornalista, Premières Lignes, Jérémy Muller, giornalista, BFMTV, Sophie Nivelle-Cardinale, giornalista, Marie Normand, giornalista, RFI, Anne-Sophie Novel, giornalista, Salomé Parent-Rashdi, corrispondente a Gerrusalemme, Céline Pierre-Magnani, giornalista, Grégory Philipps, giornalista BFMTV, ex corrispondente di Radio France a Gerusalemme, Noé Pignède, corrispondente di Radio France a Beyrouth, Tetiana Pryimachuk, giornalista, Émilie Raffoul, giornalista, Alexandre Rito, fotoreporter, Nicolas Rouget, giornalista, Nicolas Rosenbaum, corrispondente a Gerusalemme, Arthur Sarradin, giornalista, Chloé Sharrock, fotografo, Saadia Sisaid, giornalista, Premières Lignes, Sadak Souici, fotoreporter, Laetitia Soudy, giornalista, BFMTV, Vincent Souriau, giornalista, RFI, Eva Tapiero, giornalista, Charles Thiefaine, fotografo, Hugo Van Offel, giornalista, Oriane Verdier, giornalista, RFI, Catherine Weil, Sinet, giornalista, Siné Mensuel.

Per inviare eventuali adesioni scrivere a orientxxiitalia@gmail.com