GLI STUDI SUL MEDIO ORIENTE NEL CONTESTO ITALIANO
Quando nel 2013 ho proposto al mio Dipartimento di organizzare una scuola estiva con un taglio politologico rivolta allo studio del Medio Oriente contemporaneo, la risposta è stata di puro entusiasmo. Sono sicura che a questa reazione abbiano contribuito le rivolte scoppiate nella regione nel 2011; in qualche modo la grandezza e l’impatto dell’evento avevano fatto breccia in un Dipartimento come quello in cui lavoro in cui le questioni legate al Medio Oriente avevano certamente ricevuto un’attenzione residuale rispetto ad altri temi. Tale atteggiamento, più in generale, è, almeno in Italia, quello riservato gli area studies. In un contesto come quello italiano in cui la ripartizione disciplinare ha assunto una rilevanza cruciale per l’ingresso in accademia e per gli avanzamenti di carriera, il riconoscimento di settori ibridi e contaminati come quelli dei Middle Eastern Studies, che si pongono per natura all’incrocio tra più discipline, non è valorizzato o incoraggiato. Tale impostazione ha avuto un impatto importante anche sulla percezione degli studi di area da parte di una disciplina come la scienza politica. Secondo una suddivisione che non è soltanto propria dell’Italia, infatti, gli studiosi di scienza politica che hanno studiato fenomeni extra-europei nel corso degli anni sono stati pochi. Gli insegnamenti relativi alla regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA) si sono dunque concentrati nelle mani degli studiosi di Storia delle relazioni Internazionali o delle lingue e delle letterature dell’area.
Certamente le rapide trasformazioni del contesto internazionale hanno avuto un impatto importante sull’evoluzione della disciplina anche in Italia. Più spazio alle tematiche relative all’area MENA è stato dedicato dagli studiosi di Relazioni Internazionali soprattutto con studi relativi alla sicurezza, al terrorismo internazionale e al fondamentalismo islamico ma è possibile affermare che, almeno fino al 2011, la scienza politica italiana sia rimasta piuttosto immune alle penetrazioni degli studi di area. Alcuni esempi illustrano meglio il punto. Innanzitutto, va notato come, prima del 2011, gli studiosi italiani strutturati che si occupavano di politica medio orientale si potevano contare sulle dita di due mani ad essere generosi. In secondo luogo, vanno evidenziate le difficoltà di inserire gli studi sulla regione MENA come ambito di analisi autonomo e distaccato sia dalla scienza politica classica sia dalle relazioni internazionali. Solo per meglio comprendere il fenomeno, basti pensare che una sezione di Mediterranean Studies è stata accettata come sezione non permanente del convegno annuale della Società Italiana di Scienza Politica solo nel 2016. Il 2011 ha avuto anche un impatto sulle agende di ricerca degli scienziati politici italiani producendo almeno due effetti: da un lato lo stimolo per il consolidamento e l’ampliamento di una nuova generazione di studiosi molto competente e competitiva che ha fatto propria la necessità di conoscere le lingue dei paesi che si andavano a studiare sovente completando la propria formazione con percorsi di studio all’estero; dall’altro lato di portare all’attenzione in Italia un ambito tralasciato e sovente ghettizzato.
UNDERSTANDING THE MIDDLE EAST
Proprio a fronte di tale quadro e sollecitati da una richiesta sempre maggiore di studio e conoscenza di quest’area del mondo, è nata l’dea di organizzare una scuola estiva altamente qualificante completamente dedicata al Medio Oriente a Torino. Appoggiandosi su accordi di cooperazione pregressi e rapporti consolidati di ricerca, il comitato scientifico della scuola estiva Understanding the Middle East ha accettato la sfida di immaginare un programma coerente e articolato che, in ciascuna delle edizioni annuali proposte provasse ad affrontare uno dei temi chiave per la comprensione della regione. Si tratta di una esperienza unica in Italia e in Europa come formato e contenuti, a partire dal comitato scientifico internazionale che ha coagulato l’interesse di studiosi provenienti da tutto il mondo e specialmente dal Medio Oriente. La prospettiva scelta per l’impostazione della scuola estiva è strettamente politologica. In questo senso la scienza politica è intesa in senso ampio guardando anche alle sue radici alle sue contaminazioni con la filosofia politica, con la sociologia politica, con la politologia storica. Al contempo ampio spazio è stato dato alle questioni metodologiche e, specialmente, a quelle relative alla ricerca sul campo. Infatti, una delle caratterizzazioni più interessanti della nuova generazione di studiosi di Medio Oriente è l’accesso al campo e il lavoro sul campo, aspetto che la differenzia sostanzialmente da quella precedente. Considerando, inoltre, le questioni relative alla precarizzazione del lavoro e in particolare di quello legato all’ambito della ricerca, una particolare attenzione è stata dedicata alla dimensione progettuale: come si prepara un progetto di ricerca, come si lavora ad una pubblicazione, ed altro.
UNA PRIOSPETTIVA CRITICA
Alla base della scuola estiva vi è la volontà di cercare di decostruire immaginari e stereotipi che sono stati alla base di una certa rappresentazione del Medio Oriente dovuta a una rappresentazione distorta e spesso inaccurata promossa dai media. La scuola estiva si articola in 5 giorni di lezioni arricchite da momenti di proiezioni di video e dibattiti. È previsto un esame finale. L’idea è di far immergere i partecipanti in un clima fecondo e avvolgente che stimoli il dibattito e discussione. La scuola estiva è aperta a un massimo di 35-40 partecipanti e la selezione avviene sulla base del curriculum e delle motivazioni nonché delle esperienze pregresse realizzate nella regione medio orientale. Pur privilegiando studenti di dottorato e di laurea magistrale, la scuola ha accolto nelle sue diverse edizioni anche studenti di triennale e particolare attenzione è stata rivolta a professionisti (giornalisti, operatori di ONG, ecc.) che volevano approfondire alcune tematiche relative alla regione. La cura prestata nella selezione dei partecipanti ha garantito, nelle varie edizioni, classi assai motivate, eterogenee, molto attive e partecipi con provenienze da ogni parte del mondo. La continuità nelle varie edizioni della scuola estiva ha consentito la formazione di una classe virtuale di ex-alumni che ha contribuito enormemente alla buona riuscita delle varie edizioni. Questo ha certamente aiutato gli stessi partecipanti a sentirsi parte di una comunità in espansione e, al tempo stesso, di trovare referenti utili per i loro progetti futuri. Uno degli aspetti più interessanti della scuola estiva nelle sue varie edizioni, infatti, è proprio il rapporto e lo scambio che si è instaurato tra i partecipanti e i docenti che hanno partecipato alla scuola estiva.
Avendo in mente tale approccio critico allo studio e alla rappresentazione del Medio Oriente, durante la prima edizione l’attenzione è stata dedicata agli elementi di continuità e cambiamento nella regione prima e dopo il 2011. Lo spunto per tale edizione è stato un numero speciale della rivista British Journal of Middle Eastern Studies che avevo co-curato nel 2015.1 Durante la seconda edizione il tema prescelto è stato quella della trasformazione della contentious politics che si è rivelato certamente cruciale del dibattito post-2011. La terza edizione si è concentrata sulla politica economica del Medio Oriente: una riflessione sulla stretta connessione tra l’utilizzo e la produzione delle risorse naturali e la perpetuazione dell’autoritarismo. Il tema della rappresentazione del Medio Oriente è stato al centro della quarta edizione che si è soffermata sulle narrative e la loro diffusione, specialmente guardando al ruolo dei media ma anche a quello degli studiosi/e e dei think tanks. Nel 2018 la scuola estiva si è focalizzata sulla lotta per l’egemonia regionale prestando particolare attenzione all’utilizzo, spesso strumentale, del paradigma del settarismo. Le edizioni del 2019 e del 2020 hanno analizzato, rispettivamente, il ruolo delle identità e quello dello spazio nelle nuove geografie del Medio Oriente contemporaneo. Nel 2021, invece, la riflessione si è soffermata sul decennale delle rivoluzioni del 2011.
L’edizione del 2022, la nona, dal titolo “The politics of gender in the Middle East and North Africa” ha l’obiettivo di riflettere criticamente sul ruolo degli studi di genere nel (ri)definire le traiettorie regionali contemporanee leggendole anche in una prospettiva storica: offrire utili strumenti d’analisi per meglio comprendere la complessità della politica di genere in Medio Oriente e Nord Africa sollecitando spiegazioni che vadano al di là di paradigmi semplificatori.
La varietà dei temi trattati e la partecipazione di più di 350 tra studenti e professionals nel corso di questi anni ha certamente mostrato la validità del format e dell’esperienza della scuola estiva. Tale successo (ogni anno i partecipanti sono stati selezionati su almeno 60 candidature ricevute), è stato determinato da alcuni fattori. Certamente la scuola estiva è stata timing: ha colmato un vuoto in un momento storico e politico importante di trasformazione della regione ma anche degli studi su di essa proponendo un approccio politologico che non sempre è stato utilizzato nel corso degli anni in iniziative analoghe. Ha proposto chiaramente una didattica improntata alla stretta connessione con la ricerca tentando di riflettere su nodi teorici ed empirici rilevanti da prospettive sovente marginali e marginalizzate nello studio della disciplina. L’impegno nella formazione di studiose e studiosi che siano in grado di interpretare la regione con lenti analitiche non stereotipate e in maniera piò oggettiva resta costante. Se l’obiettivo sarà stato raggiunto lo diranno le prossime generazioni.
Tutte le informazioni sono reperibili sul sito della scuola estiva all’indirizzo https://www.tomideast.com/ Le iscrizioni sono aperte dal 14 marzo e si chiuderanno il 31 maggio 2022.
1Paola, Rivetti e Rosita Di Peri (a cura di), «Continuity and Change in Morocco, Tunisia and Egypt in the aftermath of the Arab Uprisings.» British Journal of Middle Eastern Studies, 42.1 (2015), pp. 1-145.