Diplomazia

Italia-Algeria, una relazione solo energetica?

Tra Italia e Algeria va avanti la luna di miele. Da un anno ormai Roma si è messa alla ricerca frenetica di nuovi fornitori di gas più affidabili della Russia, trovando ad Algeri grande disponibilità ad accogliere tutte le sue richieste. Da allora, l’interesse nazionale ha avuto la meglio su tutto il resto, e il governo Draghi seguito a ruota da quello Meloni si sono abbandonati all’abbraccio del vicino nordafricano, che li ha prontamente inseriti tra quei paesi “amici e fratelli” sostenitori del percorso di costruzione, in chiave ultra-nazionalista, della Nuova Algeria.

Algeri, 23 gennaio 2023. Il presidente Tebboune accoglie il primo ministro italiano Giorgia Meloni al suo arrivo al palazzo presidenziale
Handout/Palazzo Chigi press office/AFP

L’imponente parata militare che il 5 luglio 2022, in occasione delle festività per i sessant’anni dell’indipendenza, ha percorso la strada nazionale n°11 fiancheggiante la nuova ed enorme Grande moschea di Algeri, ha visto la partecipazione oltre che di migliaia di algerini curiosi di vedere sfilare l’esercito a più di trent’anni dall’ultima volta, anche di alcuni capi di Stato stranieri in qualità di “ospiti d’onore” e di delegati di Stati considerati da Algeri come “amici e fratelli”.

Il primo e più folto gruppo era costituito dai presidenti di quei paesi storici e sicuri alleati/protetti della regione: Mahmoud Abbas per l’Autorità palestinese, Brahim Ghali della Repubblica araba sahrawi democratica, il tunisino Kaies Saied, Denis Sassou Nguesso della Repubblica del Congo, Mohammed Bazoum del Niger, e Sahle-Work Zewde per l’Etiopia. Per il secondo gruppo vi erano: la ministra libica degli Affari Esteri, Najla Mangoush, quello emiratino per la Tolleranza e la Coesistenza, Nahyane Ben Mabrouk al Nahyane e infine, quale unico rappresentante europeo, l’allora presidente del Senato italiano, Elisabetta Casellati.

Una presenza significativa e al tempo stesso simbolica del definitivo ingresso dell’Italia tra i partner fondamentali dell’Algeria. Un invito a una cerimonia non secondaria essendo tale anniversario, per il regime algerino, un’occasione capitale per ribadire e rinverdire la legittimità “rivoluzionaria” fondante il sistema di potere immutato dal 1962. Una convocazione d’obbligo nei confronti di chi da sempre conta sull’apparato politico-diplomatico (e la potenza militare) del grande paese nordafricano per le proprie battaglie (Palestina e Sahara occidentale), ma anche di chi, come l’Italia, ha intensificato notevolmente negli ultimi mesi un rapporto definito “strategico” basato sulle forniture energetiche, rispetto al quale tutti gli altri livelli (politico, storico, commerciale, diplomatico) si sono riadattati e/o reinventati.

Le relazioni energetiche con l’Algeria, già importanti da decenni, sono divenute vitali per l’Italia dopo l’inizio della guerra in Ucraina. I rifornimenti di gas sono aumentati nell’anno appena trascorso, portando il paese nordafricano, che fino al 2021 era il terzo fornitore dell’Italia, a divenirne oggi il primo, avendo in larga parte soppiantato la Russia. Tuttavia, sulla reale capacità degli impianti gasiferi algerini di rifornire l’Italia (e nei piani dell’attuale governo italiano anche l’Europa) tramite il gasdotto Transmed, che partendo dal Sahara algerino passa per la Tunisia, il canale di Sicilia e attraversa tutta la penisola italiana sino alla Pianura Padana, ci sono poche certezze e molti non detti, nonostante siano stati firmati vari contratti tra l’italiana Eni (Ente nazionale idrocarburi) e l’algerina Sonatrach e siano state rilasciate altisonanti dichiarazioni ufficiali, che hanno preannunciato una crescita delle forniture annuali dai 21 miliardi di metri cubi del 2021 sino, addirittura, a 35 miliardi di metri cubi per il 20231. È stato ritirato in ballo anche il famoso Galsi, un altro gasdotto che dall’Algeria dovrebbe arrivare all’Italia passando dalla Sardegna e approdando in Toscana, ma che è in fase progettuale/di costruzione dall’inizio degli anni Duemila e bloccato ormai almeno da dieci anni.

L’intensificarsi degli scambi diplomatici tra i due paesi ha avuto inizio con la visita di Stato del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, accompagnato dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio, alla Repubblica algerina democratica e popolare il 6-7 novembre del 2021 (una visita ricambiata dal presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, che si è recato al Quirinale, a Roma, il 26 maggio 2022). Dopo il rituale omaggio al Monumento dei martiri della guerra d’indipendenza (effettuato anche dall’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della prima missione bilaterale del suo governo, non a caso ad Algeri, il 23 gennaio 2023), il momento clou della due giorni è stata la cerimonia per l’intitolazione, nella capitale, di un giardino pubblico nell’elegante quartiere di Hydra a Enrico Mattei “amico della Rivoluzione algerina, difensore tenace e convinto della libertà e dei valori democratici, impegnato a favore dell’indipendenza del popolo algerino e della sua sovranità”2, come si legge nella targa scoperta in quell’occasione.

Alla ricerca di un ancoramento alla guerra di liberazione algerina: il ruolo di Enrico Mattei

A fare da contorno e da sostegno ai vari accordi e incontri d’alto profilo che si sono susseguiti da quell’autunno 2021, si è mossa infatti tutta la macchina della ricostruzione e della celebrazione della relazione italo-algerina, che affonda le sue radici proprio nella gestione delle ricchezze del sottosuolo e, ancora più significativamente, proprio nel periodo mitico dove tutto ha inizio per la storia contemporanea d’Algeria. Stiamo evidentemente parlando di Enrico Mattei, fondatore e presidente dell’Eni dal 1953 al 1962, e del suo ruolo durante la guerra d’Algeria. Come si sa Mattei, membro della Democrazia Cristiana ed ex partigiano della resistenza italiana contro il fascismo, era un sostenitore degli ideali di emancipazione dei popoli sotto il dominio coloniale e anche un ostinato oppositore all’egemonia delle multinazionali anglo-americane nello sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi in Medio Oriente e Nord Africa.

A seguito della scoperta del petrolio nel Sahara algerino nel 1956, durante il conflitto che opponeva la Francia ai “ribelli” del Fronte di liberazione nazionale (Fln), Mattei non accettò di collaborare con la potenza imperiale, ancora ben stabile nei suoi Dipartimenti dall’altra parte del Mediterraneo, allo sfruttamento dei nuovi giacimenti, ritenendo di dover negoziare un accordo solo con la futura Algeria indipendente. Stabilì pertanto dei rapporti intensi con alcuni dirigenti del Fln, in particolare con Abdelhafid Boussouf, Tayeb Boulahrouf (che fu delegato del Fln e poi ambasciatore algerino a Roma), Saad Dahlab e Benyoucef ben Khedda (storica rimane la prima fraternizzazione con gli algerini, avvenuta per caso quando la delegazione del Governo provvisorio della Repubblica algerina, Gpra, e quella italiana guidata da Mattei, di ritorno entrambe da Pechino furono costrette ad atterrare per il maltempo in Siberia a Omsk, dove rimasero due giorni).

Tali contatti, tenuti segreti da Mattei anche allo stesso governo italiano, che peraltro da parte sua non appoggiò mai ufficialmente la causa algerina, portarono a: una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana rispetto alla guerra in corso, alcune facilitazioni nei passaggi sul territorio nazionale italiano di militanti del Fln, la formazione dei futuri quadri della Sonatrach nelle scuole dell’Eni a San Donato Milanese e, soprattutto, la consulenza tecnica al Gpra nel momento in cui i negoziati per l’indipendenza si concentrarono sul dossier petrolifero.

Il contributo di Mattei alla guerra d’Algeria è stato senz’altro di un certo peso, una testimonianza di coraggio e lungimiranza da parte di una personalità istituzionale di primo piano dell’Italia di quegli anni che agì in controtendenza rispetto a quella che era la politica governativa sempre attenta e prudente a non inimicarsi i cugini d’oltralpe3. Il sostegno del presidente dell’Eni non è stato tuttavia dirimente per le sorti del processo di autodeterminazione degli algerini, né così fondamentale per i successivi rapporti della Repubblica italiana con il primo governo dell’Algeria indipendente di Ahmed Ben Bella, che anzi furono circospetti e molto prudenti4, per non parlare di quelli con l’Eni, che, dopo la morte di Mattei il 27 ottobre 1962, riuscì a firmare il primo accordo con la Sonatrach solo dopo ben dieci anni. Piuttosto, nella nuova retorica memorialistica del regime di Tebboune e per soddisfare le necessità strategiche attuali è risultato quanto mai utile recuperare la figura di Mattei quale grande sostenitore del “popolo” algerino.

La macchina della memoria al lavoro

Da quando è stato eletto, il presidente algerino, coadiuvato dai vertici dell’Armata nazionale popolare (Anp), ha promosso la costruzione della Nuova Algeria, senza in realtà nulla cambiare nella fumosa gestione del potere, ma continuando a legittimarla attraverso l’ancoramento alla guerra del 1954-1962. A più riprese e in diverse occasioni, il capo dello Stato ha dichiarato che non si può costruire una nuova repubblica senza concedere alla memoria nazionale lo spazio che merita, decretando inoltre l’istituzione di una nuova festa ufficiale: la Giornata nazionale della memoria (8 maggio, data commemorativa dei massacri di Guelma e Sétif dell’8 maggio 1945).

Questa iniziativa si lega ad altre simili – l’inaugurazione di un nuovo canale televisivo El Dhakira TV (“Il ricordo”), di un nuovo museo, di una nuova pubblicazione la Rivista di studi storici militari – che mirano ad aumentare le occasioni di rievocazione di fatti, eventi, personaggi del passato in chiave fortemente nazionalista. Non si tratta infatti di occasioni di rielaborazione storica, né di luoghi di confronto aperto su nuove ricerche e prospettive sul passato recente algerino (gli archivi infatti restano sostanzialmente inaccessibili ai ricercatori): sono momenti di istituzionalizzazione di ricostruzioni e riadattamenti per il grande pubblico dei soli momenti gloriosi e edificanti della Rivoluzione o di lotte del popolo algerino contro le invasioni straniere nel corso dei secoli, tralasciando, o meglio occultando, tutte quelle diversità, contraddizioni, ombre, o anche solo sfumature fisiologicamente presenti in qualsiasi percorso storico.

La storia nazionalista (e non del nazionalismo) si pone pertanto al servizio dell’apparato di potere e, in particolare, dell’esercito, che nelle occasioni ufficiali è sempre citato di default con il suo appellativo costituzionale “degno erede dell’Armata di Liberazione nazionale”. Il “nuovo” pouvoir che si presenta come l’unico e autentico discendente morale dei moudjahid e degli chouhada – “combattenti” e “martiri” – della Rivoluzione veicola a suo modo i valori nazionali, rispolverandone i principi per utilizzarli come garanzia di continuità dei cambiamenti istituzionali in corso5. La rievocazione di Mattei è entrata a far parte di questa macchina della memoria ed è utilizzata in questo senso per presentare come inattaccabile sotto ogni aspetto il rafforzamento del rapporto con l’Italia, che ha di per sé una portata in termini economico-commerciali e di investimenti futuri enorme.

Le eccellenti relazioni storiche dell’Algeria…con l’Italia e con la Russia

Roma si presta senza problemi a tale prospettiva, forse non rendendosi conto che dietro la patina di grandiosità e orgoglio nazionale del ricco fornitore di gas, c’è tutto il rovescio della medaglia di ogni acceso nazionalismo: individuazione di nemici interni contro i quali non c’è pietà (voci contrarie o critiche del nuovo corso non sono contemplate, varie associazioni anche storiche sono state dissolte), nessuna flessibilità sul principio della sovranità e integrità nazionale (classificazione come terrorista di un noto movimento cabilo), nessun compromesso rispetto alle battaglie storiche dell’Algeria rivoluzionaria come il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Riguardo a quest’ultimo punto, la questione del Sahara occidentale ha portato negli ultimi anni l’Algeria non solo a troncare nuovamente le relazioni con il Marocco, a stoppare nei suoi confronti le forniture di gas e impedire i voli aerei, ma anche a rompere il ventennale trattato di amicizia e cooperazione con la Spagna, bloccando gli scambi commerciali con essa, pur mantenendo, almeno per il momento, l’afflusso di gas.

Quando si parla di “paesi amici” resta sottinteso che ve ne siano altri che amici non sono. E poi c’è tutta la questione delle spese militari e dei rifornimenti d’armi leggere e pesanti, in un paese in cui l’esercito si presenta come il “garante della democrazia”. Le spese alla difesa sono state raddoppiate per l’anno 2023, stando alla legge di bilancio, e l’Anp si presenta su El Djeich, la rivista militare che ne è portavoce, come sempre più “pronto al combattimento”6.

La presidente Casellati ha fatto buon viso a cattivo gioco vedendo sfilare davanti a sé schiere di carri armati T90, sistemi antiaerei S-300, blindati Lrm Smerch Bm-30 tutti di fabbricazione russa, così come l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi non ha battuto ciglio quando a un mese dalla sua seconda visita ad Algeri (11 aprile 2022) e a due mesi dalla sua terza e ultima (18 luglio 2022) è stato ricevuto dal presidente Tebboune con pari enfasi il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (12 maggio 2022), lo stesso che pochi giorni dopo la puntata nella capitale algerina della Meloni si è felicitato delle eccellenti relazioni storiche tra la Russia e l’Algeria. Si dirà che si tratta pur sempre di realpolitik e di interessi nazionali, certo è che affidarsi completamente a un fornitore di gas per sostituirne un altro che conduce una guerra senza quartiere nel cuore dell’Europa (l’invasione russa in Ucraina non è stata peraltro mai condannata dall’Algeria), chiudendo gli occhi rispetto a tutto il suo peso geopolitico e alla sua condotta in tema di rispetto dei diritti umani, è un film già visto, che non è sempre finito bene.

L’aumento del flusso di gas algerino verso la penisola, intanto, ha portato con sé la firma di diversi altri accordi nei settori industriale – incoraggiando le microimprese a investire in Algeria, soprattutto nei settori delle catene agroalimentari, del tessile e dell’olio – delle infrastrutture, aerospaziale (è stato firmato un memorandum tra le due agenzie nazionali), farmaceutico, digitale e navale. Inoltre, se la Russia resta il principale fornitore di armi dell’Algeria, anche l’Italia si sta sempre più proponendo quale affidabile ed efficiente produttore, in questo ambito, per il paese nordafricano. Nel quadro dell’accordo di cooperazione nel settore della Difesa tra il governo italiano e quello algerino (che si aggiunge a svariati protocolli, convenzioni interministeriali e accordi intergovernativi) attivo dal 15 maggio 2003 si è tenuto tra il 30 novembre e il 1° dicembre 2022, a Roma, il 13° Comitato bilaterale Italia-Algeria. Tutte le attività concordate nell’ambito delle precedenti riunioni bilaterali sono state completate grazie al continuo lavoro dei working group tra i due paesi e alla collaborazione delle industrie italiane del settore, quali, ad esempio, Fincantieri, Leonardo, MBDA Italia, Elettronica e Rheinmetall Italia.

Durante l’incontro. si è deciso di incrementare per il 2023 l’interscambio e la collaborazione. e di finalizzare l’acquisto da parte algerina dei primi 7 elicotteri AW-139 prodotti dall’azienda italiana Leonardo, leader nella produzione di armi7. Una relazione non solo energetica, quindi, e che sembra destinata a durare nel tempo, ma con quel contraltare politico-diplomatico e strategico rispetto al quale l’Italia si troverà a dover compiere delicati, quando non azzardati, equilibrismi.

1“Meloni in Algeria: l’Italia può diventare un hub per la distribuzione di energia”, Il Sole 24ore, 23/1/2023, https://www.ilsole24ore.com/art/meloni-ad-algeri-piano-far-diventare-l-italia-l-hub-energetico-dell-europa-AExCABZC

2Enrico Mattei e l’Algeria. Un amico indimenticabile. 1962-2022/Enrico Mattei et l’Algérie. Un ami inoubliable. 1962-2022, Ambasciata d’Italia ad Algeri, 2022, p. 164.

3Cfr. Bruna Bagnato, L’Italia e la guerra d’Algeria (1954-1962), Soveria Mannelli, Rubbettino 2012, trad. in francese: L’Italie et la guerre d’Algérie, 1954-1962, Editions Dahlab, Alger, 2016. Il documentatissimo libro di Bruna Bagnato è una disanima dell’atteggiamento del governo italiano nei confronti della guerra d’Algeria, ovvero dei mille equilibrismi della politica di Roma per non scontentare Parigi, costellati da omissioni, elusioni, offerte finte e velleitarie di mediazione.

4Caterina Roggero, “In search of stability: Ben Bella’s Algeria seen from the Italian Point of View”, Journal of Asian and African Studies, volume 57, issue 8, December 2022.

5Cfr. Caterina Roggero, “La Nuova Algeria nella rivista El Djeich”, in Michela Mercuri, Alberto Gasparetto (a cura di), Nazionalismi, populismi e tribalismi nel Mediterraneo. Prospettive geopolitiche delle crisi in corso, Franco Angeli, 2023 (in corso di stampa).

6Cfr. Per esempio: « Préparation au combat. Disponibilité extrême », El Djeich, n° 694, mai 2021; « Exécutions des exercices de l’année de préparation au combat. Prêts en toutes circonstances », El Djeich, n° 707, Juin 2022.

7Il sito della Leonardo che si trova nel nord Italia a Vergiate (provincia di Varese) è stato visitato il 1° dicembre dalla delegazione algerina guidata dal Generale Mohamed Salah Benbicha, Segretario Generale del Ministero della Difesa Nazionale della Repubblica Democratica Popolare di Algeria che ha manifestato il “forte interesse nazionale” per il Nuovo elicottero da esplorazione e scorta (NEES) AW-249, prodotto da Leonardo, cfr. “Cooperazione e sviluppo caratterizzano il 13° Comitato Bilaterale Italia-Algeria”, Ministero della Difesa news, https://www.difesa.it/SGD-DNA/InfoCom/News/Pagine/13ComitatoBilaterale.aspx