
La mattina del 1° ottobre 2019, i social media hanno iniziato a diffondere lo slogan e l’hashtag “Esco a prendermi i miei diritti” (Anzil akhud haqqi), la parola d’ordine che ha spinto migliaia di persone a scendere in piazza a Baghdad, come ci hanno raccontato Sahar, Zahra’ e Yusef, all’epoca giovani studenti.
Insieme alla situazione di stallo politico nel paese, due recenti eventi avevano provocato un’indignazione generale nella società: il primo è stata la violenta repressione da parte delle forze di sicurezza contro i disoccupati laureati che protestavano davanti ai ministeri dell’Istruzione, della Salute e dell’Elettricità a Baghdad; e l’altro l’ingiustificata rimozione, il 28 settembre, del rispettatissimo comandante del Servizio antiterrorismo, il tenente generale ‘Abd al-Wahab al-Sa‘di.
La situazione rivoluzionaria
Inizialmente, coloro che hanno risposto all’appello erano solo poche migliaia di persone, principalmente giovani. Si sono radunati in piazza Tahrir a Baghdad, muovendosi verso il blocco della polizia antisommossa sul ponte Jumhuriyya. Questo evento, inizialmente relativamente modesto, si è trasformato in un arco di tempo piuttosto breve in una quasi rivolta. Secondo Ahmad, un giornalista impegnato, nonché parte di al-tayar al-madani (corrente civica o laica) all’epoca presente sul teatro degli eventi, le forze di sicurezza avevano reagito all’avanzata dei manifestanti con un uso sproporzionato della forza, ingaggiando i giovani per tutta la notte in violenti scontri fino al quartiere popolare di al-Sadr City, alla periferia est della città.
Le scene di questa violenza inusitata hanno scioccato l’opinione pubblica. L’indignazione ora ha provocato una mobilitazione ben maggiore, trasformandosi nel detonatore di mobilitazioni di massa a Baghdad come nelle principali città del Sud1.

Mushreq e Othman ci danno un’idea di quale fosse l’atmosfera in quelle ore: “Tutte le persone che conoscevo e che di solito non scendevano mai in piazza, lo hanno fatto in quel frangente” (Mushreq). Mentre “regnava in quelle ore l’idea che chi non andava in piazza non fosse un ‘vero uomo’”. E a Othman aggiunge: “Siamo usciti dall’autostrada dal nostro quartiere (al-Jihad) con un gruppo di giovani. Abbiamo prima bloccato l’autostrada che portava all’aeroporto, poi l’abbiamo occupata”.
Nello stesso momento, altri attivisti hanno cercato di rompere il cordone di sicurezza che la polizia antisommossa aveva disposto attorno alla Green Zone, l’area che ospita il governo e il Parlamento (situata oltre la riva sinistra del fiume Tigri), lasciando vittime a ogni tentativo. Le proteste si sono poi fermate in occasione della festività religiosa di ‘ashura e del pellegrinaggio di Arbayn a Karbala, per riprendere il 25 ottobre.
Nei giorni successivi, gli attivisti si sono organizzati meglio e hanno potuto conquistare uno spazio di mobilitazione permanente in un’area lunga due chilometri tra piazza Tahrir e l’incrocio di Rashid Street, nel pieno centro della capitale. «Quando le forze di sicurezza hanno bloccato il ponte Jumhuriyya, i dimostranti hanno eretto barricate sui ponti Ahrar, Sinak e Shuhada», separandoli dalla Green Zone2. A detta di Salih, un giovane “specializzato” nello scontro con la polizia, un gruppo di dimostranti ha cercato di mantenere alto il livello dello scontro con la polizia posizionandosi come avanguardia rivoluzionaria sul ‘ristorante turco’, un vecchio edificio che affaccia su piazza Tahrir.
Parallelamente, un’estensione di tende è apparsa ovunque, dando inizio a un sit-in permanente che è durato fino a marzo 2020, con piazza Tahrir come centro simbolico e geografico. Qui è nato un nuovo tipo di attivista e si è creato un nuovo modo di relazioni sociali. Questi “nuovi” iracheni sono diventati noti come tishrinis - da Tishrin, “ottobre” in arabo mediorientale -, e il loro slogan era “Nurid watan”, “Vogliamo una patria”. Ovvero un nuovo patto di cittadinanza lontano dal settarismo, dalla corruzione e dalle milizie3.
In questo ‘spazio liberato’, la situazione rivoluzionaria era caratterizzata da un’unità tra i manifestanti (di tutte le tendenze politiche) e il resto della società. Safaa ha sottolineato ad esempio l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli mobilitati: “avevano paura per i loro figli, ma li incoraggiavano comunque. Portavano cibo e altre necessità”. Commercianti privati e persino espatriati raccoglievano sostegno finanziario per i dimostranti, poiché alcuni di loro rimanevano in strada giorno e notte. Gli attivisti “si sentivano rafforzati dal sostegno della gente e sentivano di poter dare una svolta agli eventi”, sottolinea Ali.
Organizzazione e leadership
Col passare del tempo, questa unità si è spezzata, ed alcune debolezze del movimento hanno cominciato ad emergere. Innanzitutto, la rottura con il popolare movimento islamista sadrista sulla questione dell’assassinio da parte degli Stati Uniti (il 3 gennaio 2020) di Qasem Soleimani e Mahdi al-Muhandis, rispettivamente il leader della guardia rivoluzionaria iraniana e delle milizie sciite filoiraniane. I sadristi, ritirandosi dalla piazza, sottraevano alla mobilitazione una parte importante dei manifestanti, soprattutto quelli dei quartieri popolari. Inoltre, con la partenza dei sadristi, i giovani tishrini sono rimasti scoperti agli attacchi delle milizie pro-governative. I sadristi avevano fino a quel momento avuto il ruolo di deterrenza, proprio perché essi stessi detentori di una forza militare potenzialmente mobilitabile4.
Tuttavia, il vero motivo di debolezza del movimento di Tishrin che appare in questa congiuntura è la mancanza di una visione strategica politica, di una vera leadership carismatica e di un’organizzazione strutturata. Un fattore già caratteristico dei movimenti arabi nel decennio precedente, come sottolineato dal politologo irano-americano Asef Bayat5. Così, perso lo slancio rivoluzionario, i tishrini non sono stati in grado di influenzare il processo politico, nonostante le richieste ricevute dai partiti tradizionali di sostenere la nomina di un nuovo Primo Ministro.
Va detto anche che se effettivamente non esistevano leader che orientavano ideologicamente il movimento e ne proponevano una omogeneità ideologica coerente, alcune figure guida sono emerse tuttavia, spingendo affinché si formasse una qualche forma di direzione del movimento. Secondo la già citata Safaa, la leadership a Baghdad era composta da un piccolo gruppo di attivisti (10/20 persone) di piazza Tahrir. Ahmad, uno di loro, sottolinea tuttavia il rifiuto radicale dei giovani attivisti di qualsiasi forma di organizzazione, “accettando al massimo un coordinamento tra le tende, al fine di discutere di eventi correnti e azioni da intraprendere”. La mancanza di organizzazione e la perdita dello slancio rivoluzionario hanno quindi inevitabilmente portato il movimento a perdere la possibilità di guida del processo politico.
Il governo ad interim formato il 5 maggio 2020 non rappresentava in effetti “la piazza”, ed è stato accettato come “un male minore”, come ci dice Ali, un giovane che ha vissuto questa fase dello sviluppo politico in piazza. Mustafa al-Kadhimi, il nuovo premier, prova a formare un partito “tishrino” (al-Marhala) e nomina dei giovani attivisti come suoi consulenti. L’esperienza di governo finisce però in un fallimento, secondo Sajjad, un importante leader della corrente di sinistra e futuro deputato indipendente. Coloro che avevano accettato di seguire al-Kadhimi vengono accusati in effetti di essersi fatti cooptare.
L’elezione di un nuovo governo porta comunque il processo politico (ancora potenzialmente rivoluzionario) ad una fase successiva, con la formazione di alcuni partiti politici tishrini in vista delle elezioni generali del 2021. Tra questi, i due più importnati sono: al-Bayt al-Watani (BAW, La Casa Nazionale) e Emtidad (“Estensione”)6.
Per i tishrini, questo processo di transizione verso le elezioni si è rivelata la prova più dura. Dopo un acceso dibattito tra i militanti, BAW rifiutava di partecipare alle elezioni, ritenendo che non ci fossero ancora le condizioni adatte, mentre Emtidad diventava il partito tishrino più rappresentativo, con inizialmente 9 deputati eletti e circa 300.000 voti. Sul medio periodo, tuttavia, l’intero processo di formazione dei partiti e di partecipazione parlamentare è fallito. I partiti tishrini si erano formati intorno a delle figure note emerse dal movimento di protesta, ma senza coesione ideologica e visione politica, al di là degli slogan a favore della cittadinanza e contro il sistema consociativo. Le strutture politiche sono state improvvisate e i meccanismi decisionali non democratici. Questo ha portato rapidamente alla instabilità di queste strutture proto-partitiche e a numerose scissioni interne.
Se BAW ha fallito senza essere messo alla prova nelle elezioni, di fatto perdendo via via sostenitori e riducendosi alla sola leadership, Emtidad rappresenta un esempio opposto. Il partito ha deciso nel 2021 di andare alle urne e una volta in parlamento ha tentato di formare un gruppo parlamentare ‘tishrino’ insieme ai circa 50 deputati indipendenti più il partito curdo “Nuova Generazione” (NG)7. Il processo di consolidamento di questo gruppo si è scontrato presto con la prassi parlamentare che senza una visione politica chiara si è rivelata una arena di difficile gestione per i giovani politici.
La crisi interna è scoppiata quando il segretario del partito Alaa al Rikabi ha deciso di votare Mohammad al-Halbussi come presidente della camera. Essendo un politico di vecchia data, quest’ultimo rappresentava, agli occhi una buona parte dei deputati, guidati dalla giovane Nour Ali Nafeh al-Jalihawi, il vecchio regime a qui Tishrin si era opposto. Pertanto, hanno votato contro, uscendo dal partito (marzo 2022)8. Alaa al Rikabi, parlando con noi, ha giustificato la sua scelta sostenendo che le alleanze sono necessarie nel sistema vigente e che votare Halbussi era funzionale alla formazione di un governo di maggioranza e quindi al superamento della prassi consociativa tradizionale. Tuttavia, per la maggior parte dei suoi deputati qualsiasi accordo con i partiti tradizionali rappresentava chiaramente un tradimento dello spirito tishrino.
Al- Bait al Watani, invece, non ha fatto neanche in tempo a presentarsi alle elezioni che è stato lacerato da conflitti interni. Secondo Laith, uno dei fondatori, la decisione di non partecipare alle elezioni in particolare è stata il detonatore del processo di smembramento del partito. Il suo leader Husein al-Ghorabi è stato accusato di aver preso questa decisione senza una vera consultazione tra i membri (Laith). È probabile che questo partito abbia perso oggi la sua spinta iniziale, mentre le opinioni contrastano sulla sua consistenza attuale, tra chi lo vede che come una esperienza ormai esaurita (il fuoriuscito Zayid al-Asad), che come dinamica e ancora foriera di sviluppo (il segretario Husein al-Ghorabi).
La poca trasparenza nel meccanismo decisionale, l’incapacità di comunicare al proprio pubblico il senso delle scelte, ed in definitiva la poca chiarezza della visione politica, hanno portato alla perdita di credibilità di questi partiti presso il loro pubblico, che pure era stato assai generoso nella fase della fondazione.
Ideologia e visione politica
Tishrin come movimento rivoluzionario non è sopravvissuto alle elezioni parlamentari del 2021. Oltre alla questione organizzativa e a quella della leadership, un altro problema è stato la mancanza di una visione politica contro-egemonica. Abbiamo incontrato Mahi al-Ansari e Mushreq al-Firiji, rispettivamente presidente di al-Bayt al-Iraqi (BAI) e Nazil wa Akhod Haqqi (“Esco a prendere i miei diritti”), due partiti tishrini, che ci hanno dato una possibile chiave di lettura critica in retrospettiva. Essi sostengono oggi che il movimento Tishrin ha fallito per mancanza di esperienza politica, sottolineando la necessità di un cambiamento a lungo termine.
Al-Ansari ha insistito in particolare sulla mancanza di una visione politica strutturata e coerente, aggiungendo come aggravante che sia BAW che Emtidad hanno peccato di alcuni dei ‘vizi’ dei vecchi partiti, e cioè di fondarsi esclusivamente su di una base sociale comunitaria sciita, avendo la propria base popolare nelle province meridionali, con al centro Nassiriya.

Ideologicamente, gli attivisti tishreeni hanno insistito sulla ribellione contro le norme sociali e culturali della loro società piuttosto che cercare di costruire un discorso politico contro egemonico. Molti tishrini incontrati si sono dichiarati “la-dini” (atei o agnostici), rendendo la loro posizione contro la religione una parte importante del loro discorso. Politicamente, hanno sottolineato concetti come “stato di diritto”, “giustizia” e “libertà individuali”, considerando temi come l’antimperialismo americano o la questione palestinese meno rilevanti dell’interferenza iraniana nel paese. Mentre sono stati in grado di creare consenso nella prima fase del momento rivoluzionario, quando la maggior parte del popolo iracheno li aveva sostenuti contro le élite politiche corrotte, sono successivamente finiti isolati, vittime di un discorso troppo lontano dalla società, come ci ha detto Safa, giornalista e analista politico.
In questo contesto, un importante errore strategico è stato molto probabilmente la già menzionata scissione con i sadristi. Questi avevano partecipato ad un’alleanza elettorale con il Partito Comunista Iracheno nelle elezioni parlamentari del 2018 (“Sa’iroun”), tentando per la prima volta nell’Iraq post-2003 di formare un governo di maggioranza al di là della prassi politica settaria. L’idea dei comunisti era di trarre vantaggio dalla base popolare dei sadristi e ottenere “l’accettazione religiosa” tra i settori popolari della società, mentre i sadristi erano alla ricerca di credenziali laiche e democratiche, come ci ha raccontato il giornalista di sinistra ‘Abd al-Husein) I tishrini, tuttavia, non hanno accettato questo quadro politico di riferimento. A loro avviso, i sadristi erano “parte del sistema”, come ci hanno detto Zahra e Sahar. Bisogna anche dire, come ha sottolineato Ali, un ex sadrista trasformatosi in un tishrino, che “il ricordo di molti era quello del Jaysh al-Mahdi (l’ex ala militare sadrista) che commetteva violenze settarie alla fine degli anni 2000”. Per non parlare dei drammatici scontri dei “Berretti Blu” il gruppo giovnile sadrista) contro i tishrini nel febbraio 2020 a Najaf, dopo il rifiuto di questi ultimi di sostenere Mohammad Allawi come nuovo Primo Ministro9.
“Un movimento rivoluzionario che ha fallito ma che ha lasciato il segno”
La Thawrat Tishrin del 2019-2021 è stato un movimento rivoluzionario. Sebbene non abbia prodotto un risultato in termini di cambio di regime, ha introdotto ciononostante una nuova pratica di contestazione nella vita politica irachena che rimarrà un precedente per gli sviluppi futuri. In effetti, per molti iracheni, esiste un pre e un post Tishrin, soprattutto in termini di cultura politica, linguaggio e immaginazione. Il sistema politico etno-confessionale, sebbene in crisi, è ancora in vigore in Iraq e i tishrini sono oggi piuttosto isolati. Non sono riusciti a creare un’organizzazione politica, una questione da prendere seriamente in considerazione affinché qualsiasi movimento futuro sia più efficace; nonché a tradurre la loro richiesta di superamento della politica confessionale in una nuova visione politica coerente. Il movimento Tishrin ha tuttavia introdotto il tema dell’inclusione e della cittadinanza oltre il settarismo e la violenza politica. Ciò fa oggi parte della consapevolezza del popolo iracheno, poiché è preoccupazione di tutti gli attori politici integrare le posizioni del movimento nei loro programmi.
1Haddad, F., “Perpetual Protest and the Failure of the post-2003 Iraqi State”, MERIP 22 marzo 2023, https://merip.org/2023/03/perpetual-protest-and-the-failure-of-the-post-2003-iraqi-state/
2ICG, “Iraq’s Tishreen uprising”, Report N. 223/ Middle East & North Africa, https://www.crisisgroup.org/middle-east-north-africa/gulf-and-arabian-peninsula/iraq/223-iraqs-tishreen-uprising-barricades-ballot-box.
3Ali, Z. (2024). “Theorising uprisings: Iraq’s thawra teshreen”. Third World Quarterly, 45(10), 1573-1588.
4ICG, Ibid.
5Farvardin, F. “Revolution can happen even if people don’t think about it”. A conversation with Asef Bayat”. Untold Magazine, 27 agosto 2024, disponibile a https://untoldmag.org/revolution-can-happen-even-if-people-dont-think-about-it-a-conversation-with-asef-bayat/.
6Al-Khudari, T. “Young Revolutionary Parties Are Still Iraq’s Best Hope for Democracy”, The Century Foundation,19 Gennaio 2023. Disponibile a: https://tcf.org/content/report/young-revolutionary-parties-are-still-iraqs-best-hope-for-democracy/
7Adnan, M. “New Generation and the new opposition in Iraq”, Fikra Forum, 4 Gennaio 2022. https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/new-generation-and-new-opposition-iraqs-parliament
8Shafaq News, “The Executive Board Member of Imtidad movement, Nour Ali Nafeh al-Jalihawi, resinged from her position”, 7 marzo 2022. https://shafaq.com/en/Iraq/A-new-member-of-Imtidad-resigns-from-the-movement.
9France 24, “Seven killed as rival protesters clash in Iraq’s Najaf”, 5 febbraio 2020. Avaialble at:https://www.france24.com/en/20200205-seven-killed-as-rival-protesters-clash-in-iraq-s-najaf