
Il 31 agosto, la barca a vela L’oiseau de passage, dell’iniziativa Thousand Madleens to Gaza, ha salpato dal molo del Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo (Mucem) di Marsiglia. Una folla si è radunata per sostenere l’equipaggio dell’imbarcazione, simbolicamente scortata nella rada di Marsiglia da una quindicina di barche a vela con bandiere palestinesi e kefiah appese agli alberi. Con i suoi 15 m³ di materiale medico, L’oiseau de passage è partita diretta verso un punto di incontro nel Mediterraneo, tenuto segreto per motivi di sicurezza, per raggiungere altre imbarcazioni provenienti, tra l’altro, dalla Spagna e dalla Turchia. Il nome dell’operazione, Thousand Madleens, si riferisce alla flottiglia Madleen che ha navigato verso Gaza nel giugno 2025, con a bordo, tra gli altri, l’attivista svedese Greta Thunberg, la deputata europea Rima Hassan e il giornalista di Blast Yanis Mhamdi. Un’operazione che rientra nell’ambito dell’iniziativa internazionale Global Sumud Flotilla1.
Ad assistere alla partenza c’era anche Baptiste André, il giovane medico marsigliese che si trovava a bordo della Madleen, sequestrata illegalmente nel giugno 2025 dall’Idf in acque internazionali. Il medico sottolinea l’importanza simbolica di questo slancio umanitario, anche se questa volta non parteciperà al viaggio:
Due mesi e mezzo fa, siete venuti ad accogliermi alla stazione al ritorno della Madleen, e vedere che oggi una nave sta per salpare dalla mia città è un simbolo estremamente forte di mobilitazione. Abbiamo fatto molte cose che hanno suscitato emozione e motivazione, ma ora ce l’abbiamo fatta, è vero, una nuova nave sta per salpare.
Alla fine di agosto, la delegazione francese del collettivo aveva annunciato sei barche a vela, con una capacità di 2-3 persone, pronte a salpare dalle coste francesi. Le imbarcazioni sono state preparate da una ventina di gruppi locali e finanziate con una raccolta fondi di quasi 200.000 euro.
Un’ondata internazionale
Contemporaneamente, quattro imbarcazioni sono partite dal porto di Genova per raggiungerle, accolte da una folla di 40.000 manifestanti e sostenute dagli interventi dei sindacati locali dei portuali. Il sindacato italiano Unione sindacale di base (USB) ha persino minacciato di indire uno sciopero generale e di bloccare tutta l’Europa “se anche solo per 20 minuti perdiamo il contatto con le nostre barche” durante la loro spedizione. Il messaggio lanciato dai portuali genovesi in sostegno alla Global Sumud Flotilla per Gaza è stato ampiamente diffuso sui social.
Lo stesso giorno, 25 imbarcazioni con oltre 300 attivisti a bordo sono partite da Barcellona, prima di fare scalo a Tunisi il 4 settembre. Da lì, oltre alla flottiglia magrebina, una seconda ondata di imbarcazioni, provenienti dalla Grecia e dall’Italia, rafforzerà l’ondata di sostegno umanitario. Secondo gli organizzatori, sarebbero attese un centinaio di imbarcazioni in questa ultima tappa prima della navigazione verso Gaza. Anche se il numero esatto rimane incerto: a Barcellona, gli organizzatori lamentano una serie di sabotaggi che hanno impedito a una ventina di imbarcazioni – delle 43 inizialmente previste – di partire.
La Global Sumud Flotilla, nata da un’iniziativa civica internazionale, è organizzata da quattro grandi coalizioni che includono collettivi che hanno già partecipato ad azioni terrestri e marittime a Gaza: il Global Movement to Gaza, prima noto come Global March to Gaza, movimento popolare che organizza azioni di solidarietà mondiale a sostegno dell’enclave palestinese; la Freedom Flotilla Coalition, che ha già varato diverse flottiglie come la Madleen e la Handala (alla fine di luglio 2025); la Maghreb Sumud Flotilla (Nord Africa) e la Sumud Nusantara, di provenienza soprattutto malese e che coinvolge altri otto paesi dell’Asia meridionale e sud-orientale come la Thailandia.
Aggiramento via mare
Nel giugno 2025, la Marcia mondiale verso Gaza, lanciata da quasi 4.000 partecipanti provenienti da oltre 80 paesi che si sono dati appuntamento al Cairo per recarsi al valico di frontiera di Rafah, ha dovuto affrontare la repressione delle autorità egiziane, mentre un convoglio magrebino in partenza da Tunisi è stato fermato nella Libia orientale. Un fallimento che si è concluso con l’arresto di centinaia di attivisti e la confisca dei passaporti sia in Egitto che in Libia. Oggi il movimento ha scelto un altro approccio e si è unito alle iniziative marittime per tentare di rompere il blocco.
La Global Sumud Flotilla ha raccolto oltre 3 milioni di euro sulla sua piattaforma di crowdfunding Chuffed. Una somma raccolta da 60.000 contributori in tutto il mondo, che ha permesso l’acquisto di 45 tonnellate di aiuti umanitari coprendo i costi operativi legati alla logistica. Numerose organizzazioni della società civile, come il Climate Action Network (CAN), una rete mondiale di organizzazioni ambientaliste, hanno espresso la loro solidarietà alla flottiglia, invitando i governi a garantire il passaggio sicuro delle navi umanitarie. Anche la Lega tunisina per i diritti umani (LTDH) e il Sindacato dei giornalisti tunisini (SNJT) sono tra i sostenitori della Maghreb Sumud Flotilla.
Anche l’attivista svedese Greta Thunberg ha scelto di tornare a bordo della Global Sumud Flotilla. In una lettera ufficiale, anche il presidente colombiano Gustavo Petro ha dato il suo sostegno al movimento. Il presidente denuncia regolarmente il carattere genocida del governo israeliano nella sua offensiva contro i civili dell’enclave palestinese e il “negazionismo storico” che la politica israeliana porta alla memoria del genocidio ebraico.
Secondo i dati forniti da Global Sumud Flotilla, dal mese di luglio oltre 15.000 partecipanti provenienti da 44 paesi hanno preso parte alla sua realizzazione fino alla partenza collettiva avvenuta a Barcellona il 31 agosto. A Marsiglia, gli interventi in occasione del varo della flottiglia del collettivo Thousand Madleens non mancano di sottolineare la dimensione politica di questo movimento civico: “Non si tratta solo di una crisi umanitaria. Noi colleghiamo le nostre lotte locali contro il razzismo a quella contro il colonialismo condotta dal popolo palestinese”, ricorda Lola Michel, presidente dell’associazione Marseille à Gaza.
Hanane2, navigatrice che ha messo le sue competenze al servizio del team del polo marittimo, è lucida su ciò che attende gli attivisti a bordo della flottiglia: “Da fine giugno e dal nostro ritorno dal Cairo, grazie alle raccolte fondi, abbiamo acquistato delle imbarcazioni e le abbiamo riparate. Abbiamo bisogno di riserve di acqua dolce, è importante, perché potremmo dover rimanere in mare per molto tempo senza poter fare scalo”. Ricorda inoltre che vari governi dei Paesi del bacino del Mediterraneo potrebbero impedire alle imbarcazioni di attraccare o di riprendere il mare una volta rifornite, tanto più che le imbarcazioni prevedono in particolare di costeggiare le coste libiche ed egiziane per l’arrivo a Gaza.
Una storia che non è iniziata il 7 ottobre
Dopo la vittoria di Hamas alle elezioni legislative del 2006, Israele ha imposto un blocco terrestre e marittimo alla Striscia di Gaza. Già all’epoca, piccole imbarcazioni noleggiate dagli attivisti del Free Gaza Movement erano riuscite a raggiungere le coste di Gaza per cinque volte. Ma dopo l’offensiva israeliana del dicembre 2008-gennaio 2009, Tel Aviv ha inasprito il blocco marittimo, rendendo impossibile l’attracco di qualsiasi nave straniera sulle coste dell’enclave palestinese.
Un blocco che ha portato a un inasprimento della repressione delle flottiglie che si avvicinavano a Gaza. Il 31 maggio 2010, la Flottiglia della Libertà, composta da sei navi, tra cui la Mavi Marmara, che trasportava oltre 300 attivisti pro-palestinesi, venne attaccata dall’Idf, sempre in acque internazionali. L’assalto causò dieci morti e decine di feriti. Subito dopo, l’amministrazione statunitense di Barack Obama bloccò un’indagine internazionale delle Nazioni Unite (ONU) sostenendo un’indagine israeliana “rapida e credibile”3. L’allora vicepresidente, Joe Biden appoggiò la versione fornita dagli israeliani, che sollevava dubbi sul carico trasportato dalle navi invocando un rischio per la sicurezza di Israele4.
Da allora, altre flottiglie hanno cercato di raggiungere Gaza, come quella a sostegno della Grande Marcia del Ritorno, nel 2018, quando migliaia di palestinesi avevano manifestato lungo il confine tra Gaza e Israele. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), l’Idf ha ucciso 195 palestinesi, tra cui 41 bambini, durante quelle manifestazioni, ferendo oltre 29.000 persone. Molte navi come Al-Awda (“Il ritorno” in arabo) sono state nuovamente intercettate in acque internazionali.
L’attuale blackout mediatico aggrava il blocco della Striscia di Gaza. Israele nega l’accesso ai giornalisti stranieri e i reporter palestinesi sono bersagli del suo esercito: secondo Reporter Senza Frontiere (RSF)5, dal 7 ottobre 2023, sono stati uccisi più di 210 giornalisti. Il collettivo Palestine Witness ha lanciato l’iniziativa Witness for Gaza, una flottiglia con a bordo giornalisti internazionali, osservatori legali e difensori dei diritti umani, con l’obiettivo di garantire simbolicamente e pacificamente l’accesso a Gaza e di documentare gli eventi. L’azione, prevista alla vigilia dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (dal 9 al 23 settembre 2025), si aggiunge alla lista di iniziative marittime volte a rompere effettivamente o simbolicamente il blocco.
Va ricordato infine che il blocco imposto da Israele a Gaza è considerato illegale dal punto di vista del diritto internazionale umanitario, visti i suoi effetti sproporzionati sulla popolazione civile. Secondo la quarta Convenzione di Ginevra, ogni potenza occupante ha l’obbligo di non privare i civili di beni essenziali come cibo, acqua, medicinali o servizi sanitari, gravemente limitati dal blocco. Il diritto internazionale umanitario garantisce inoltre il passaggio sicuro degli aiuti umanitari alle popolazioni in difficoltà. La ripetuta intercettazione di navi che trasportano cibo e medicinali costituisce un’ulteriore violazione di tali norme.
Sabato 30 agosto 2025, un responsabile israeliano ha di nuovo dichiarato, sotto anonimato, che il governo di Benjamin Netanyahu avrebbe presto sospeso gli “aiuti umanitari” nel nord di Gaza, mentre l’Idf ha appena dichiarato la città di Gaza “zona di combattimento”.
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1Il termine sumud si riferisce al fatto di resistere anche nelle avversità peggiori [Ndr].
2Thousand Madleens chiede di non specificare il loro cognome per garantire loro un minimo di anonimato.
3Statement by the Press Secretary on Israel’s investigation into the flotilla incident, The White House, 13 giugno 2010.
4Richard Adams, “Gaza flotilla raid: Joe Biden asks “So what’s the big deal here?”, The Guardian, 3 giugno 2010.
5“Più di 210 giornalisti uccisi a Gaza: RSF e Avaaz chiedono ai media di tutto il mondo di mobilitarsi su larga scala il 1° settembre”, RSF, 28 agosto 2025.