
Gaza e il piano Trump. Da un “Quartetto” all’altro, stesse ricette, stessi fallimenti
Il 29 settembre 2025 è stato reso pubblico il piano Trump in 20 punti con cui Washington ha imposto un cessate il fuoco a Israele e Hamas. Si è così posto (provvisoriamente) fine alla guerra condotta da due anni dall’Idf, in cambio del rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi. L’attuale piano di pace contiene però dei principi già presenti nel Quartetto per il Medio Oriente, apparso nel 2002, in un periodo in cui gli accordi di Oslo del 1993 erano già in un vicolo cieco.

Il Quartetto per il Medio Oriente è un gruppo che riunisce i rappresentanti degli Stati Uniti, dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU) e della Federazione Russa. La sua creazione nel 2002 è legata alla seconda Intifada, al fallimento del processo di Oslo che ha fatto seguito al fallimento dei negoziati di Camp David nel 2000 a Taba nel gennaio 2001 nonché agli attacchi dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti. Le sue missioni sono cambiate nel corso del tempo. La più importante è stata quella di coordinare la “Road Map” (aprile 2003), un programma che avrebbe dovuto guidare israeliani e palestinesi nei loro “negoziati”. Se oggi le circostanze storiche non sono più le stesse, il Quartetto esiste ancora senza che nessuno sappia dove si trovi né cosa faccia.
Sono stati gli attacchi di Al-Qaeda contro gli Stati Uniti dell’11 settembre 2001 a “inventare” il Quartetto per farne lo strumento precursore della nuova situazione diplomatica in Medio Oriente. All’indomani dell’11 settembre, i rappresentanti statunitensi, europei, dell’ONU e russi avevano deciso di intervenire congiuntamente a Gaza con Yasser Arafat affinché dichiarasse pubblicamente di aver compreso che i rapporti tra Occidente e Oriente stavano per cambiare e che non aveva altra scelta che schierarsi con chi conduceva “la guerra al terrorismo”. La risposta alla loro richiesta era stata la dichiarazione a favore di un cessate il fuoco del presidente palestinese il 18 settembre 2001, da Gaza, prefigurando una nuova forma di relazione tra la comunità internazionale e i palestinesi. Se la creazione del Quartetto è del 2002, è proprio in quella settimana di settembre del 2001 che ha iniziato a svilupparsi. La sua comparsa sulla scena mediorientale va letta nel contesto della coalizione internazionale formata per eliminare Al-Qaeda e rovesciare i talebani che ospitavano Osama bin Laden in Afghanistan. Una delle richieste del Quartetto era proprio quella di mettere “fine alla violenza e al terrorismo non appena il popolo palestinese avrà un’autorità in grado di agire con determinazione contro il terrorismo […]”.
Guerra al terrorismo
I crimini commessi da Hamas il 7 ottobre 2023 non sono paragonabili al terrorismo internazionale del 2001, anche se per il premier israeliano non c’è discontinuità tra Hamas, il Jihad islamico, l’Iran, Hezbollah, le milizie filo-iraniane in Siria e Iraq o gli Houthi yemeniti. C’è stato un momento in cui il presidente francese Emmanuel Macron sembrava condividere questa visione globale sostenendo che la “coalizione internazionale contro Daesh […] potesse combattere anche contro Hamas” (Gerusalemme, 23 ottobre 2023). Un’esigenza di combattere il “terrorismo” che si ritrova nel piano Trump. Figura addirittura al punto 1:
‘Gaza sarà una zona deradicalizzata e libera dal terrorismo, che non rappresenterà una minaccia per i suoi vicini’. In altre parole, Hamas e i suoi alleati devono iniziare il disarmo, per non incorrere nelle ire dell’esercito americano. Il loro disarmo sarà posto sotto la ‘supervisione di osservatori indipendenti’.
Sia la road map del Quartetto che il piano Trump devono essere visti come un meccanismo di difesa dell’Occidente (e di Israele), ieri di fronte al terrorismo internazionale, oggi di fronte alla resistenza armata di Hamas.
L’idea di una “pace imposta”
All’inizio degli anni 2000, a seguito dei successivi fallimenti dei negoziati, è maturata l’idea di una “pace imposta” dalla comunità internazionale o, per lo meno, del suo “coinvolgimento forzato”, poiché israeliani e palestinesi non riuscivano a raggiungere un accordo da soli. Ma se i primi, nella loro grande maggioranza, rifiutavano le ingerenze straniere, i palestinesi non erano contrari a una maggiore presenza internazionale per evitare di trovarsi da soli di fronte a Israele. Il Quartetto sarebbe diventato uno degli strumenti di questa ingerenza negli affari palestinesi. Infatti, sarà proprio il Quartetto, tra il 2002 e il 2003, a far capire a Yasser Arafat che è giunto il momento di creare la carica di primo ministro, in modo da privarlo di parte dei suoi poteri. Quella carica verrà poi ricoperta da Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che, una volta diventato presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), si rivelerà disposto ad accogliere le richieste statunitensi e israeliane, barattando la lotta contro l’occupazione con la repressione contro Hamas. È stato lo stesso Quartetto a consigliare sempre ai palestinesi di accettare questa o quella concessione adducendo il fatto che avrebbe ammorbidito le posizioni israeliane. Senza mai esercitare pressioni su Israele, in particolare sulla colonizzazione della Cisgiordania e di Gerusalemme.
Il piano di Trump è il simbolo stesso di questa “pace imposta”, il cui primo merito è indiscutibile: aver richiesto e ottenuto il cessate il fuoco. Il piano prevede che il governo di Gaza sia assunto da una “autorità transitoria temporanea composta da un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, incaricato di garantire la gestione quotidiana dei servizi pubblici e dei comuni a beneficio della popolazione di Gaza”. Un concetto di governance tecnocratica che significa: privo di qualsiasi elemento politico, di qualsiasi rivendicazione nazionalista e che ovviamente non includendo Hamas – già in atto nel 2007 (governo Salam Fayyad) e nel 2013 (governo Rami Hamdallah).
Secondo alcune informazioni provvisorie, questa Autorità transitoria temporanea sarà composta da 7-10 membri, di cui uno solo palestinese. Nella logica dei suoi ideatori, l’unico palestinese non potrà che essere un uomo d’affari o un responsabile del servizio di sicurezza. Mohammed Dahlan, ex responsabile palestinese del Servizio di sicurezza preventiva a Gaza all’epoca di Arafat, sarebbe il profilo perfetto in grado di riunire i due requisiti vista la sua avversione ad Hamas, la sua vicinanza con Israele (e, si dice, con la CIA), le reti arabe regionali che è riuscito a costruire durante il suo esilio negli Emirati Arabi Uniti e la sua propensione al profitto. Ma oggi la sua candidatura sembra aver perso credito nella società di Gaza, che non la accetterebbe facilmente.
Il ritorno di Tony Blair
L’Autorità sarà posta “sotto la supervisione e il controllo di un nuovo organismo internazionale transitorio, il “Consiglio di pace”, che sarà diretto e presieduto dal presidente Donald J. Trump. Sono stati annunciati altri membri e capi di Stato, tra cui l’ex primo ministro (britannico) Tony Blair”. In altre parole, i gazawi avranno solo competenze da giunta municipale: ricostruire scuole, ospedali, strade o occuparsi della raccolta dei rifiuti. Stesse competenze già loro assegnate dall’Accordo provvisorio sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza (Oslo II, 1995). Il “Consiglio di pace” internazionale sarà guidato da Washington con alla guida l’inossidabile Tony Blair a ricordare ancora una volta il periodo di Oslo.
Tony Blair era già stato nominato unilateralmente dagli Stati Uniti nel 2007 come inviato del Quartetto per il Medio Oriente. È lui ad aver ideato i mirabolanti “progetti a impatto rapido” come un impianto di depurazione a Gaza, degli alloggi in Cisgiordania, dei parchi industriali, lo sviluppo di un “corridoio di pace e prosperità”, ecc., tutti progetti che, dietro il pretesto del progresso economico di cui avrebbero beneficiato israeliani e palestinesi, nascondevano il loro radicamento nelle strutture dell’occupazione. I palestinesi non ne hanno conservato un buon ricordo.
Il Quartetto, l’Autorità palestinese transitoria e il “Consiglio di pace” internazionale riflettono la stessa convinzione degli Stati Uniti e di Israele: i palestinesi sono ancora in uno stadio infantile della loro storia e non sono maturi per farsi carico dell’autodeterminazione e delle responsabilità di uno Stato. È quindi necessario prenderli per mano e condurli sulla retta via, anche a costo di mostrare fermezza e autorità se si dimostrano restii.
Il cavaliere solitario degli Stati Uniti
All’epoca in cui non si parlava quasi più degli “accordi di Oslo”, Washington concepiva il Quartetto come un semplice organismo che avallava le posizioni americane. All’inizio degli anni 2000 c’è stata una serie di iniziative diplomatiche e di sicurezza di stretta osservanza america: il piano di sicurezza Tenet (dal nome del direttore della CIA), la missione diplomatica Zinni (dal nome del generale in pensione del corpo dei Marines), la commissione d’inchiesta internazionale del senatore Mitchell, i parametri del presidente Clinton e la road map del Quartetto. Tutte iniziative che hanno la particolarità di non aver sollecitato o ascoltato il parere o il consenso dei partner o alleati statunitensi, tutte hanno atteso che gli alleati o i partner di Washington se ne facessero promotori presso Arafat. Indipendentemente dai loro meriti specifici, le iniziative hanno avuto la funzione di un gruppo di pressione, una “lobby”, destinata a convincere, o addirittura a costringere, i partner diplomatici di Washington a influenzare la parte più debole, i palestinesi.
Sembra assai probabile che il consiglio di pace del presidente americano seguirà la stessa linea con i partner internazionali obbligati a seguirla. Nel piano di Trump non è previsto nulla in termini di responsabilità e rendicontazione. A chi bisognerà rendere conto della situazione? Davanti a chi spiegare le scelte statunitensi? Chi si assumerà le conseguenze delle decisioni prese? Chi giudicherà i progressi compiuti? Le domande sono le stesse di ieri. E restano ancora attuali.
All’epoca del Quartetto, gli Stati Uniti avevano chiaramente fatto sapere che i loro interessi nazionali – compresa la relazione strategica specifica che intrattengono con Israele – non potevano confluire all’interno di un Quartetto multilaterale nella sua forma (Russia, UE, ONU). È un rischio che non si corre più oggi visto che gli ideatori del piano Trump hanno bloccato tutti gli elementi che lo compongono. Una delle questioni che rimangono senza risposta è quella della composizione del Consiglio di pace. Prenderanno parte “membri e capi di Stato”. Gli alleati arabi?? I responsabili politici che hanno preso parte agli accordi di Abramo del 2020? Gli europei? Altri? Gli israeliani?
Garantire la protezione di Israele
All’epoca di Arafat, il Quartetto aveva il compito di ricordare sistematicamente al presidente palestinese che il terrorismo anti-israeliano oltre la “linea verde” era inaccettabile, sia dal punto di vista politico che morale, e che non poteva essere definito come resistenza. Il piano Trump non dice nulla di diverso. Anche se menziona solo la Striscia di Gaza, è evidente che si applicherà anche alla Cisgiordania.
Il piano Tenet del 2001 era una proposta di cessate il fuoco e di ripristino della cooperazione in materia di sicurezza tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese. Si inseriva nel contesto della Seconda Intifada (2000-2005), un periodo caratterizzato da un’escalation di scontri tra israeliani e palestinesi. Prevedeva corsi di formazione per la polizia sotto la guida della CIA. È servito da base tecnica al Quartetto e ha preceduto un processo politico che si stava delineando in modo frammentario.
La Forza temporanea internazionale di stabilizzazione del piano Trump ha esattamente lo stesso obiettivo. Si tratta di ricostituire una forza di polizia palestinese per garantire la sicurezza sulla linea di separazione tra Israele e i Territori palestinesi, ovvero per evitare attacchi o incursioni in Israele, in particolare dall’Egitto. La Giordania, insieme all’Egitto, farà parte degli Stati che avranno il compito di contribuire alla formazione della polizia palestinese. Un compito a cui si è adattata. Tra il 2005 e il 2010, questa formazione era stata affidata al tenente generale Keith Dayton da Amman. Il piano Trump delinea un processo politico, precisando che “gli Stati Uniti avvieranno un dialogo tra Israele e Palestina per concordare un orizzonte di coesistenza pacifica e prospera”, una dichiarazione ottimistica che sa di negoziazione, moderazione o compromesso.
Il Quartetto si era dedicato a progetti economici o misure volte ad alleggerire le restrizioni israeliane. L’obiettivo era gettare le basi economiche per uno Stato sostenibile, non quello di fare apertamente affari. Shimon Peres, allora primo ministro di Israele, ha sostenuti a lungo l’idea che la prosperità economica andasse di pari passo con la pace (Assemblea Generale delle Nazioni Unite, settembre 1993, “la regione può diventare prospera, non solo una regione di pace”). Un’idea che all’epoca permeava costantemente i discorsi del Quartetto. Salam Fayyad, allora primo ministro palestinese, dichiarò nel 2008: “Si possono fare affari in Palestina”. Tutti avevano questa particolarità di associare economia e pace, perché l’economia doveva portare alla pace.
Il piano di Trump sembra avere meno pudore. Per il tycoon diventato presidente, ci sono progetti meravigliosi a portata di mano sulle rive del Mediterraneo. A Gaza, bisogna ricostruire tutto. Dove i palestinesi vedono solo distruzione e devastazione, Trump vede un cantiere di demolizione necessario per la costruzione di “città moderne” come quelle che esistono in Medio Oriente. Il suo progetto era già stato abbozzato dal genero, Jared Kushner, che già nel 2024 aveva parlato di creare una “località balneare internazionale” a Gaza, confermata dallo stesso presidente che nel febbraio 2025 ha dichiarato che “Gaza potrebbe essere meglio di Monaco” o diventare “la Riviera del Vicino Oriente”. Verrà quindi creato un piano Trump di sviluppo economico che inviterà i leader internazionali del settore immobiliare, essenzialmente anglosassoni, a costruire nuove città. Sarà necessario svuotare Gaza dei suoi abitanti per portare a termine e commercializzare questi grandiosi progetti?
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