Il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan ha aperto un nuovo periodo di incertezza per la comunità hazara. A partire dal 1994, all’epoca della loro ascesa al potere, i talebani sono entrati in conflitto con questa minoranza sciita in molte regioni, in particolare a Mazar-i Sharif e Bamiyan. Nel 1995, è stato ucciso Abdul Ali Mazari, il più importante leader degli sciiti hazara, e, nel 1997, la creazione del primo regime talebano ha segnato l’inizio di una violenta repressione, che ha spinto molti di loro sulla via dell’esilio. È proprio in questo periodo, nel 2001, che i talebani hanno distrutto due statue monumentali di Buddha nella regione hazara di Bamiyan, suscitando grande scalpore nella comunità internazionale. Il ritorno al potere dei talebani può dunque essere un legittimo motivo di preoccupazione per la comunità, e si pone ora l’interrogativo di sapere se l’Iran potrà difenderla dalle violenze in nome del dovere di proteggere le comunità sciite.
Chi sono gli hazara?
Sono molte le ipotesi avanzate sull’origine degli hazara. Secondo alcuni antropologi e storici, sarebbero i discendenti dei primi abitanti della regione di Hazarajat nell’Afghanistan centrale. Altri studiosi invece sostengono che siano di origine mongola, un’ipotesi che rimanda alla conquista del territorio afghano da parte dell’armata di Gengis Khan. Il termine hazara, che in persiano vuol dire “mille”, avrebbe all’epoca indicato una guarnigione di mille soldati mongoli stanziati a presidio delle fortezze costruite sui nuovi territori occupati. Un’etimologia che confermerebbe i tratti somatici di queste popolazioni. Tuttavia, altri studiosi sostengono che si tratti di una popolazione mista che comprende componenti etniche mongole, turche e tagike. Gli hazara parlano il dialetto hazaragi del persiano dari, detto anche persiano afghano, che conta un gran numero di parole turche.
Gli hazara vivono nella regione montuosa centrale dell’Afghanistan, conosciuta come Hazarajat, ma si trovano anche nelle regioni di Mazar-i Sharif, Kabul e Herat. È molto difficile stimarne il numero complessivo perché l’instabilità cronica del paese non ha permesso per molti anni di realizzare statistiche attendibili, o in ogni caso di pubblicarle, in particolare per quanto riguarda i diversi gruppi etnici. Peraltro, varie fonti stimano tra il 9 e il 18 % la percentuale della popolazione hazara in Afghanistan. Malgrado la maggior parte di loro appartenga al ramo dello sciismo duodecimano1, ci sono anche ismailiti2, e persino hazara sunniti.
Sono diverse le ipotesi sulla loro conversione allo sciismo, così come sulle loro origini. Una delle più comunemente accettate fa risalire l’inizio di questo processo al regno di Ghazan Khan (1271-1304), fondatore del ramo ilkhanide dell’impero mongolo in Iran, poi convertitosi lui stesso allo sciismo. Secondo altri, il passaggio degli hazara allo sciismo sarebbe più recente, da datare all’epoca del regno del sultano safavide Shah Abbas I il Grande (1571-1629) e del generale conquistatore Nadir Shah Afshar (1688-1742).
La geografia dell’Hazarajat ha sicuramente avuto un ruolo nella storia socio-politica della comunità.3 Le difficili condizioni climatiche e la natura montuosa della regione li hanno a lungo isolati dal resto del paese. Gli hazara sono stati relativamente indipendenti fino alla loro integrazione con il resto dell’Afghanistan alla fine del XIX secolo, dopo tre anni di guerra. Durante questo periodo, sono iniziate le migrazioni verso Quetta in Pakistan e Mashhad in Iran.4
Téhéran e la «carta hazara»
L’Iran gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio di potere tra la comunità hazara e il potere talebano. Una parte degli hazara vive in prossimità dell’Iran, il cui confine con l’Afghanistan si estende per oltre 920 chilometri. Inoltre, lo Stato iraniano ospita all’incirca 3 milioni di rifugiati afghani, la stragrande maggioranza dei quali appartiene a questo gruppo etnico. La formazione dei mullah hazara avviene nella città santa di Qom in Iran, già oggetto di numerosi lavori.
All’epoca della loro prima esperienza di potere, i talebani decidono di seguire una politica anti-iraniana e, nel 1998, vengono ritenuti responsabili del raid contro l’ambasciata iraniana a Mazar-i Sharif e dell’omicidio di molti diplomatici iraniani. Teheran dà quindi il suo appoggio all’Alleanza del Nord, in prima linea nella resistenza ai talebani. Le relazioni si inaspriscono in seguito alla politica discriminatoria nei confronti degli hazara sciiti e ancor di più per le questioni relative all’ingresso dei traffici di droga in Iran e alle restrizioni imposte alla costruzione della ferrovia per collegare la città iraniana di Mashhad a quella di Herat in Afghanistan.5
È in questo contesto di crescenti tensioni che l’Iran progetta un vero e proprio piano di guerra contro i talebani, lanciando continui attacchi dal confine afghano. Ed è per questo che, nel 2001, dopo la caduta dei talebani ad opera della Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre, le relazioni di Teheran con i governi Karzai (2001-2014) e Ghani (2014-2021) restano distanti. L’Iran rafforza persino il suo rapporto con i talebani e concede di aprire dei loro uffici nella città iraniana di Mashhad.
Nell’agosto 2021, gli iraniani accolgono con favore il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Il presidente del Parlamento iraniano Mohammad Baqer Qalibaf chiede così ai parlamentari di non rilasciare dichiarazioni ostili nei confronti dei talebani. Le autorità iraniane si limitano a mostrare attenzione alle sorti degli hazara sciiti afghani. Chiedono anche alle nuove autorità di Kabul di garantire la sicurezza di queste popolazioni, formando un governo inclusivo. Nel novembre 2021, la crescente tensione porta ad incidenti lungo il confine nella provincia di Nimruz nel contesto del traffico di droga.
La Divisione Fatemiyoun rappresenta un’altra questione controversa tra i due vicini. È una milizia composta da oltre 30 000 sciiti hazara inviata in Siria dagli iraniani per combattere al fianco delle forze di Bashar al-Assad. Quando i talebani hanno ripreso il potere, questa forza ha dichiarato di riconoscere solo l’autorità dell’Ayatollah Khamenei, mostrandosi pronta a intervenire in Afghanistan nel caso di minacce agli interessi della comunità. Gli hazara, nei cui confronti le autorità iraniane si presentano come difensori, rappresentano per Teheran soprattutto una pedina nella loro politica regionale, come lo sono molte altre forze paramilitari della regione. Gli iraniani vogliono indubbiamente contenere il regime talebano, ma non sono pronti ad uno scontro con Kabul, né tantomeno a difendere i loro correligionari hazara. La comunità serve loro come una pedina di scambio, sia per rafforzare il loro numero nei conflitti regionali sia per alzare la voce nei confronti dei talebani nel momento in cui si riveli necessario. Gli iraniani possono esercitare pressioni sui talebani, che dipendono dal loro vicino per la fornitura di elettricità, benzina, prodotti alimentari e medicinali. Ma la solidarietà inter-sciita ha i suoi limiti, dettati dagli interessi esclusivi di Teheran, come dimostrano la riluttanza degli iraniani ad accogliere sul proprio suolo nuovi profughi afghani a maggioranza sciita, i maltrattamenti e le espulsioni.
Quando si può contare solo su se stessi
Tra la prima e la seconda fase del regime talebano, la situazione è cambiata. Ora alcuni leader talebani predicano l’unità, partecipando ai raduni di sciiti hazara in occasione delle festività di Muharram, un periodo sacro per gli sciiti. Cosa che ha fatto sperare a molti che i talebani avessero tratto insegnamenti dal fallimento del loro primo governo e avrebbero seguito una politica diversa per questa nuova esperienza al potere. Anche da parte hazara, alcuni stanno giocando la carta della riconciliazione. L’ex parlamentare Jafar Mahdavi, che si presenta come l’unico uomo politico hazara a non aver lasciato Kabul dopo l’ascesa al potere dei talebani, ha organizzato una manifestazione in loro sostegno nell’ottobre 2021, nel corso della quale ha dichiarato che il governo di Ashraf Ghani ha rappresentato il periodo più buio della storia dell’Afghanistan, e che i talebani hanno messo fine alla corruzione, garantendo il ritorno alla sicurezza. Inoltre, ha esplicitamente chiesto la protezione dei talebani per la sua comunità, chiedendo che sia equamente integrata nell’amministrazione.
Tuttavia, sono arrivati ben presto segnali preoccupanti a smentire queste posizioni concilianti. Dopo la presa di Kabul nell’agosto 2021, c’è stato un ritorno alla repressione contro gli hazara. Secondo Amnesty International già ad agosto i combattenti talebani avevano massacrato nove uomini della comunità nella provincia di Ghazni. Inoltre, secondo quanto riferito, gli hazara di alcuni villaggi della provincia di Daikondi sono stati costretti a uno sfollamento forzato. La statua di Abdul Ali Mazari a Bamiyan è stata demolita e al suo posto ora c’è un Corano di pietra.
La comunità internazionale non si è scomposta più di tanto. Il destino degli hazara non è al primo posto tra le preoccupazioni dell’opinione pubblica occidentale, più attenta, ad esempio, al peggioramento della condizione delle donne afghane. Chiaramente, i media hanno riferito dei vari attentati suicidi compiuti dallo Stato Islamico (IS) contro i luoghi di culto sciiti (72 morti l’8 ottobre 2020 a Kunduz, 63 morti a Kandahar il 15 ottobre), ma hanno colpito più come segno della sopravvivenza dello Stato Islamico e della sua immutata capacità di colpire che come riprova dell’avversione mostrata dall’organizzazione terroristica nei confronti degli sciiti, in questo caso degli hazara. Per di più, e contrariamente agli impegni presi, questi sanguinosi attentati hanno dimostrato che il regime talebano non aveva adottato le misure necessarie a garantire la sicurezza delle popolazioni sciite.
Determinato a portare avanti la sua politica della mano tesa, tuttavia, Jafar Mahdavi ha dichiarato:
Nei quattro mesi successivi alla proclamazione dell’Emirato islamico, i rapporti tra i talebani e la comunità hazara sono andati avanti nel complesso senza intoppi. I nostri fratelli talebani hanno compiuto sforzi costanti per garantire la sicurezza delle attività religiose e politiche degli hazara, che, da parte loro, hanno risposto con l’atteggiamento pacifico insito nella loro cultura. Tuttavia, abbiamo riscontrato comportamenti discriminatori da parte di alcuni leader talebani nelle regioni abitate in prevalenza da hazara. I talebani hanno preso il potere dopo una sanguinosa guerra durata vent’anni e non esiste ancora una struttura politica consolidata. Alcuni combattenti talebani non hanno familiarità con la vita di città. Per di più, le armi di alcuni gruppi locali e di ex elementi del regime non sono state ancora sequestrate. Possiamo capire perciò i problemi che genera una tale situazione. Siamo costantemente in contatto con i leader talebani per trovare delle soluzioni. Sono convinto che verrà istituito un governo inclusivo in cui gli hazara, uno dei quattro maggiori gruppi etnici del paese, avranno diritto alla rappresentanza. L’inclusione è essenziale affinché il governo istituito dai talebani sia riconosciuto come un governo islamico e afghano, e gli hazara dovranno essere presenti in tutti gli ambiti del futuro governo. Soprattutto in ruoli di guida nelle amministrazioni locali, nei dipartimenti degli affari esteri e negli organismi preposti alla sicurezza (intervista realizzata dall’autore il 15 dicembre 2021).
L’ex portavoce talebano Suhail Shaheen, nominato rappresentante permanente alle Nazioni Unite dalla nuova amministrazione, sostiene che tutti gli afghani, sunniti e sciiti, siano uguali davanti alla legge e che gli spostamenti di popolazione denunciati siano in realtà legati a controversie tra hazara. Il suo intervento è decisamente a favore dell’inclusione:
Gli hazara ricoprono incarichi amministrativi nei nostri ministeri. Va anche detto che al momento c’è un governo provvisorio. Presto verrà formato un governo permanente e sarà adottata una nuova costituzione. Ogni persona meritevole tra le tribù afghane ha il diritto di servire il suo popolo e di prendere parte al governo.
Lungi dal mostrare la stessa fiducia di Jafar Mahdavi, altre personalità hazara, che mettono in dubbio le parole rassicuranti dei leader talebani, hanno lasciato il paese preferendo – e non è un caso – rifugiarsi in Turchia piuttosto che in Iran. È il caso dello studioso di Relazioni internazionali Nejibullah Karimi, che ritiene che gli hazara saranno emarginati dai talebani per ragioni di culto ed etnia. E poi aggiunge:
Naturalmente ci sono degli hazara che svolgono compiti sotto l’amministrazione talebana, ma senza alcun potere esecutivo e decisionale. Nonostante alcuni leader hazara abbiano tenuto diversi incontri con i talebani, non è stato fatto nulla di concreto in merito alla situazione della comunità. Data la situazione attuale, per loro non ci sono buone prospettive.
Secondo Karimi, gli hazara sono i più vulnerabili tra i gruppi etnici dell’Afghanistan.
Con un presagio anche peggiore, Karim Khalili, leader dell’Hezb-e Wahdat (Partito dell’Unità Islamica dell’Afghanistan), fondato da Ali Mazari e sostenuto dall’Iran, ha dichiarato che se i talebani avessero continuato con la loro persecuzione, gli hazara sarebbero ricorsi alle armi.
1Un ramo in gran parte maggioritario dello sciismo che riconosce dodici Imam come discendenti del Profeta Maometto, da cui il loro nome. Dopo la scomparsa da bambino del dodicesimo Imam, aspettano il suo ritorno come messaggero del regno della giustizia e della fine dei tempi.
2Gli ismailiti sostenevano un altro pretendente, Ismāʿīl ibn Jaʿfar, per la successione al quinto Imam.
3Humayun Sarabi, Politics and modern history of Hazâra, sectarian politics in Afghanistan, Fletcher School, Tuft University, 2006.
4Mohammad Hussain, The Hazaras of Afghanistan: A Study of Ethnic Relations, McGill University, 2003.
5La linea è stata finalmente aperta a dicembre 2020