Il socialista Zohran Mamdani è il primo sindaco musulmano di New York

Nonostante i numerosi attacchi incrociati ricevuti, il giovane candidato della sinistra Dem Zohran Mamdani è diventato il primo sindaco musulmano della Grande Mela. La sua campagna elettorale, caratterizzata da un coraggio e una onestà rare tra i politici di lungo corso, ha mostrato come il genocidio a Gaza abbia lasciato un grande impronta nella mentalità della popolazione.

Uomo in giacca scura parla al microfono, esprime passione e coinvolgimento.
New York, 26 ottobre 2025. Il candidato sindaco di New York, Zohran Mamdani, parla a un comizio elettorale con il senatore Bernie Sanders e la deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez al Forest Hills Stadium nel Queens, New York.
Andres Kudacki/Getty Images/AFP

La cosmopolita New York ha avuto sindaci bianchi e due sindaci neri, sindaci protestanti, cattolici ed ebrei, sindaci di origine britannica, tedesca, italiana, ecc. Ma dal suo primo borgomastro, nel 1624, la città non aveva mai avuto un sindaco musulmano, né una donna, del resto... Eppure, il 4 novembre, New York si è ritrovata con un nuovo sindaco che ostenta senza complessi la propria identità musulmana.

Succede il finimondo. Siamo nella città più ebraica del mondo dal punto di vista demografico. New York conta 1,3 milioni di ebrei su 8,6 milioni di abitanti e una popolazione musulmana di poco più di 800.000 persone, provenienti soprattutto dal Sud-Est asiatico (India, Pakistan, Bangladesh...), ma anche dal mondo arabo (Egitto, Yemen...). Inoltre, il momento è particolare, poiché ciò che sta accadendo a Gaza è ben presente nei pensieri di tutti.

Ma ecco spuntare fuori uno sconosciuto dalla sua circoscrizione, dove è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti dello Stato di New York1, un certo Zohran Mamdani che nel 2004 aveva annuncia la sua candidatura a sindaco. I primi sondaggi gli attribuivano l’1% dei voti. Il suo principale avversario, l’ex governatore dello Stato, Andrew Cuomo, era in testa con il 34% dei voti. Senza contare gli altri quattro candidati.

Parlare di Gaza senza modulare il linguaggio

Mamdani si presenta con tre handicap. Innanzitutto, ha 34 anni e nessuna esperienza politica. In secondo luogo, è un leader dei Socialisti Democratici Americani (DSA), il partito di Bernie Sanders. – un piede nel Partito Democratico, un piede fuori –, che i repubblicani definiscono “comunista” – un insulto negli Stati Uniti – e che l’establishment del Partito Democratico giudica troppo “di sinistra”. Infine, terzo handicap e non meno importante: di origini indiane, Mamdani è musulmano. Peggio ancora, lo dichiara apertamente. E parla di ciò che sta accadendo a Gaza senza modulare il linguaggio.

Nonostante ciò, riesce presto a fare breccia, vincendo all’inizio dell’estate del 2025, con il 54,4% dei voti, le primarie per designare il rappresentante del Partito Democratico alle elezioni comunali. Certo, è noto per le sue qualità di perfetto oratore politico. Ma, oltre a ciò, a colpire l’elettorato è stata la sua sincerità, soprattutto di fronte a un avversario come Cuomo, che è il tipico politico di lungo corso, radicato nelle alte sfere del suo partito. Il giornalista del sito online Slate, che ha seguito Mamdani in campagna elettorale lontano dai quartieri eleganti della città, ha scritto:

Ho ascoltato attentamente quando gli venivano fatte domande su Gaza. Laddove altri democratici si erano rifugiati in un’empatia eccessiva o in un falso “equilibrio” attento ai sondaggi, Mamdani ha risposto a lungo, senza cercare lo sguardo del suo consigliere per avere l’approvazione, ma esprimendo semplicemente e sinceramente il suo pensiero sul costo morale che comporta eludere le verità scomode2.

In altre parole, negare il genocidio a Gaza.

All’inizio, Gaza non era al centro della sua campagna. Mamdani ne ha parlato, ma ha concentrato la sua attenzione sulle questioni sociali, in una città dove il costo della vita sta aumentando a dismisura fino a diventare scandaloso. Durante i comizi, si è divertito a prendere in giro “i miliardari (...) che dicono che rappresentiamo una minaccia esistenziale. Hanno ragione”3. E ha aggiunto che al DSA, sono considerati una minaccia perché pensano che il denaro non possa comprare la democrazia, che la voce dei lavoratori debba essere ascoltata, che le espulsioni degli immigrati volute dal presidente Donald Trump siano indegne, ecc. Mamdani ha proposto inoltre soluzioni come il congelamento degli aumenti degli affitti, la gratuità dei trasporti pubblici, la creazione di mercati municipali più economici, asili nido, un accesso più facile all’assistenza sanitaria, una maggiore tassazione dei grandi profitti... Insomma, ha dato risposte alle preoccupazioni dei quartieri popolari. Ma è stato subito risucchiato dalle domande su Gaza, del tipo: “Mamdani è antisemita?”.

Il ricatto dell’antisemitismo

L’ostilità aggressiva dei repubblicani era scontata. Donald Trump ha “minacciato di arrestare Mamdani, ipotizzando che forse viva da immigrato irregolare negli Stati Uniti”4. Ma secondo Peter Beinart, direttore della rivista progressista Jewish Currents, non è stato Mamdani, bensì gli ambienti ebraici più vicini agli interessi israeliani all’interno del Partito Democratico a fare della Palestina e di ciò che stava accadendo a Gaza il tema principale di una campagna volta a delegittimare il candidato, facendo prevalere l’idea che votare per lui equivaleva a “votare per Hamas”5.

Il culmine della campagna di diffamazione è stato raggiunto a metà giugno. Zohran è diventato “un musulmano che odia gli ebrei”. La rappresentante repubblicana di New York, Elise Stefanik, lo ha definito “un sostenitore del terrorismo”. Il candidato repubblicano alla carica di sindaco, Curtis Sliwa, ha gridato alla “minaccia per la sicurezza”. Dal lato democratico, il sindaco uscente Eric Adams, la cui popolarità è crollata a causa delle accuse di corruzione, ha annunciato che avrebbe portato comunque avanti la sua campagna “per porre fine all’antisemitismo”. Cuomo, principale avversario di Mamdani, ha creato nel 2024 “un’organizzazione per combattere l’antisemitismo” che gli ha permesso di farne “il punto centrale della sua campagna, dipingendo Mamdani come una minaccia per la comunità ebraica”6.

Ma Zohran ha resistito stoicamente. Più veniva diffamato, più cresceva il sostegno alla sua candidatura. È apparso lontano dai discorsi preparati dagli addetti alla comunicazione. Durante un episodio del podcast The Bulwark, in cui era ospite il 17 giugno 2025, gli è stato chiesto dello slogan “globalizzare l’intifada”, che è diventato virale tra i giovani di sinistra. Per l’americano medio, “intifada” non significa rivolta, ma “terrorismo”. Tuttavia, il candidato non ha rinunciato a rispondere. È una parola, ha detto, che può essere interpretata in modi diversi. “Per me, esprime il desiderio disperato dei palestinesi di ottenere la parità dei diritti”. Accusato di aver usato il termine “genocidio” per descrivere le azioni israeliane, ha risposto: “Sono giunto a questa conclusione come hanno fatto gli storici israeliani come Amos Goldberg”. E cita l’ex primo ministro israeliano di destra Ehud Olmert “che ha recentemente dichiarato che la guerra condotta da Israele è devastante, crudele, non conosce limiti nel massacro di civili. È ciò che mi ha portato a questa conclusione”7. In altre parole, eminenti personalità israeliane si sono pronunciate sulla questione prima di lui.

Nel loro primo dibattito televisivo, il 5 giugno 2025, quando Cuomo ha cominciato a punzecchiarlo: “È semplice, l’antisionismo è antisemitismo”, Mamdani ha risposto con calma, sottolineando i crimini commessi a Gaza e i procedimenti giudiziari internazionali contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quando il conduttore ha chiesto ai due candidati se ritenevano che Israele “avesse il diritto di esistere”, la domanda è sembrata una trappola per Mamdani. “Israele ha il diritto di esistere come Stato che rispetta la parità dei diritti”8, ha ribattuto. Cuomo è scattato: “Lui non andrà in Israele!”. Mamdani ha sorriso: si è capito che lui, Cuomo, sì che ci andrà, perché la parità dei diritti di tutti non gli interessa. Di fronte a lui, i suoi critici hanno faticato a trovare un punto debole. Per David Axelrod, ex stratega di Barack Obama, “il punto è che sembra avere dei principi, essere agile e abbastanza abile da affrontare questo tipo di giochi convenzionali”9 che sono le campagne elettorali.

Palestinesi ed ebrei progressisti a tavola dei genitori

Ma da dove viene questo marziano? Arrivato a New York all’età di 7 anni, Zohran Kwame Mamdani è nato a Kampala, in Uganda, 34 anni fa. Suo padre, Mahmood Mamdani, è un musulmano indiano originario di Bombay, oggi professore di antropologia alla prestigiosa Columbia University, e sua madre è la pluripremiata regista Mira Nair, indiana di religione indù. Entrambi sono laureati ad Harvard.

Zohran è laureato in studi africani e cofondatore dell’associazione Students for Palestine (Studenti per la Palestina). Parla correntemente lo spagnolo, ma anche l’urdu, una delle principali lingue dell’India, e ha persino realizzato un video in questa lingua per conquistare il voto degli indiani. Sua moglie, Rama Duwaiji, è un’artista siriana di 28 anni. Insomma, una famiglia molto rappresentativa della “diversità”.

Quando Mamdani aveva 12 o 13 anni, gli amici dei suoi genitori che venivano abitualmente a cena a casa si chiamavano Edward e Mariam Saïd, Rachid e Mona Khalidi, ovvero i due intellettuali palestinesi più famosi negli Stati Uniti e le loro mogli. Li chiamava “zii” e “zie”, racconta suo padre Mahmood10. È da questo ambiente che proviene Zohran, dove il colonialismo e la sua critica costituiscono un argomento di grandissimo interesse. E non c’erano solo palestinesi alla tavola dei genitori. Non mancavano nemmeno ebrei progressisti, come Marc Kagan, un sindacalista radicale. Le sue citazioni, osserva il New Yorker, il nuovo sindaco di New York le “prende da Nelson Mandela, Roosevelt, Toni Morisson e Aristotele”11. Come stupirsi, quindi, che abbia dedicato la sua tesi di dottorato a Franz Fanon?

Eletto alla Camera dei Rappresentanti dello Stato di New York nel 2020, Mamdani è stato rieletto due volte. Durante la campagna elettorale ha visitato regolarmente le moschee, dichiarando in un comizio: “Sappiamo che mostrare pubblicamente la nostra identità musulmana significa sacrificare la sicurezza che a volte possiamo trovare nell’ombra”12. Un prezzo che si è detto “disposto a pagare”.

Ha fatto visita anche nelle sinagoghe e in altri luoghi ebraici. Ha manifestato subito il suo impegno al DSA. In passato ha sostenuto il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele, che ha definito “Stato di apartheid”. Ha sostenuto un disegno di legge alla Camera bassa di New York volto a revocare l’esenzione fiscale alle organizzazioni che finanziano gli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Il neosindaco si è anche espresso a favore di uno Stato comune per ebrei e palestinesi. E ha promesso che, se avesse vinto le elezioni, avrebbe arrestato il primo ministro israeliano perseguito dalla Corte penale internazionale (CPI) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, se avesse messo piede a New York. “Un tempo tali dichiarazioni sarebbero state percepite come molto rischiose dal punto di vista politico a New York, ma i tempi sono cambiati”, osserva il New York Times13.

L’immagine di Israele negli Stati Uniti

Sì, sono cambiati. Gli attacchi dell’establishment democratico contro Mamdani sono apparsi ben presto come una battaglia di retroguardia. Come se i suoi leader non vedessero o non volessero vedere quanto fosse cambiato il rapporto con Israele all’interno del loro stesso partito. Nell’aprile 2025, lo stimato centro di ricerca Pew ha osservato che ormai il 63% dei democratici aveva un’opinione negativa di Israele. Pur avendo assistito a questo processo, i leader del partito non ne hanno tenuto conto. Forse speravano in qualche “gaffe” del candidato che avrebbe permesso loro di sbarazzarsene. O, più semplicemente, perché al di là dell’accusa di antisemitismo, non vedevano altri criteri sufficientemente forti per squalificare la sua candidatura. Ora, però, questa strumentalizzazione dell’antisemitismo per distogliere l’attenzione da Gaza è sempre meno efficace tra il loro stesso elettorato. Peggio ancora, “molti elettori ebrei sostengono Mamdani e molti sono d’accordo con lui su Gaza”, osserva il New York Times14.

Il 29 settembre 2025, lo stesso giornale ha pubblicato un sondaggio sul rapporto della società statunitense con Israele15. Per la prima volta, la maggioranza degli americani si è dichiarata contraria agli aiuti economici e militari che Washington fornisce a Tel Aviv da mezzo secolo, e il 66% ritiene che Israele abbia ucciso “intenzionalmente” civili palestinesi. Alla domanda “Non chi ti senti più solidale?”, il 19% dei giovani sotto i 30 anni ha risposto “per gli israeliani”, il 61% “per i palestinesi”.

È un sondaggio che riguardava i giovani statunitensi in generale, non solo i democratici. Si sapeva che l’immagine di Israele era peggiorata negli Stati Uniti, come ovunque, ma non se ne immaginava la portata dovuta al massacro collettivo a Gaza. Il sondaggio mostra anche ai leader democratici quanto si siano sbagliati sotto la presidenza di Joe Biden e quanto sia urgente una presa di coscienza, se non vogliono perdere definitivamente la fiducia dei giovani. Mostra anche quanto Mamdani si sia ispirato alle campagne di Barack Obama. Cuomo, ex governatore democratico, disponeva di 25 milioni di dollari (21,55 milioni di euro) per diffamarlo, mentre Mamdani ne ha spesi solo 1,7 milioni (1,47 milioni di euro) per farsi conoscere. “Ma aveva a disposizione 50.000 volontari che hanno bussato a più di un milione di porte. I soldi non sono tutto”, ha osservato il quotidiano britannico The Guardian16.

L’ascesa di Mamdani mette il Partito Democratico di fronte a un crescente isolamento. Quest’ultimo continua a ricordare che, storicamente, ogni volta che il partito ha virato troppo a sinistra, lo ha pagato con clamorose battute d’arresto. Ma uno studio recente mostra che il 74% del suo elettorato, di tutte le tendenze politiche, ha un’opinione positiva del DSA17, dove Mamdani affianca Rashida Tlaib, l’unica eletta di origine palestinese al Congresso. Nel 2016 erano solo il 40%. Come scrive la cronista del Guardian, se l’establishment del partito, Kamala Harris – vice di Joe Biden – e Cory Booker – senatore e figura emergente del partito – “si ostinano a rifiutare di condannare ciò che la maggior parte delle persone nel mondo definisce crimini contro l’umanità, non è solo un errore morale, è politicamente inutile”18.

Abbattere le barriere

Sì, ma come uscirne? “La vittoria di Zohran Mamdani è una grande spinta per il BDS”, ammetteva all’indomani delle primarie Philissa Cramer, direttrice della redazione dell’Agenzia telegrafica ebraica19. Finora, il boicottaggio di Israele era presentato dai suoi oppositori come una invalicabile “linea rossa”, segnata dal marchio infamante dell’antisemitismo. Se si supera questo limite, non è più illegittimo considerare Israele uno Stato paria. Questo è, in sostanza, l’impatto della tempesta Mamdani.

Il 22 ottobre 2025, un dibattito ha opposto gli ultimi tre candidati in lizza. Mamdani ha difeso ancora una volta la causa palestinese. Ma, messo sotto pressione dai moderatori e dal suo concorrente Andrew Cuomo sulla conferma di alcune delle sue dichiarazioni del passato, Mamdani ha tergiversato, rispondendo che, in caso di vittoria, sarebbe stato “il sindaco di tutti i newyorkesi”. A tratti è sembrato a disagio di fronte ai suoi due avversari. Ma al termine del dibattito, i sondaggi hanno mostrato che Mamdani... aveva ulteriormente incrementato il suo vantaggio!

Negli ultimi giorni prima delle elezioni, il campo di Cuomo ha ricevuto il sostegno sfrenato di un gran numero di organizzazioni democratiche e associazioni ebraiche che, insieme, hanno moltiplicato le offensive per screditare Zohran Mamdani, definendolo più che mai “antisemita”, “senza mai rispondere alle sue argomentazioni su Israele” e sulla guerra che ha condotto a Gaza, osserva Peter Beinart20.

In caso di vittoria delle elezioni, il suo consigliere, Patrick Gaspard, aveva previsto che “nel momento stesso in cui Zohran poserà la mano sul Corano per prestare giuramento diventando il primo sindaco musulmano di New York, Donald Trump inizierà ad attaccarlo a tutto spiano”21.

1Negli Stati Uniti, ogni Stato ha un Senato, una Camera bassa, una Corte Suprema, ecc. che governano la sua legge nazionale, non federale.

2Aymann Ismail, “How Zohran did it”, Slate, 25 giugno 2025.

3Zohran Mamdani, “Our time is now”, Jacobin, 14 ottobre 2025.

4Michael Baggs, “His rivals are crapping themselves. Why Zohran Mamdani has Trump Terrified”, The News Agence, 27 agosto 2025.

5Peter Beinart, “What Zohran’s victory means for Palestine, Jews and Politics”, The Beinart Notebook, Substack, 25 giugno 2025.

6Arno Rosenfeld, “Why claims of antisemitism didn’t stop Zohran Mamdani”, The Forward, 25 giugno 2025.

7Liam Stack, “Mamdani has long criticized Israel. His opponents attack him for it”, The New York Times, 25 giugno 2025.

8Ibid.

9Eric Lach, “What Zohran Mamdani knows about power”, The New Yorker, 9 ottobre 2025.

10Ibid.

11Ibid.

12Nada Tawfik et Rachel Hagan, “Who is Zohran Mamdani?”, BBC News, 25 giugno 2025.

13Liam Stack, “Many Jewish voters back Mamdani. And many agree with him on Gaza”, The New York Times, 6 agosto 2025.

14Ibid.

15Lisa Lerer et Ruth Igielnik, “Americans’ Support for Israel Dramatically Declines, Times/Sien Poll Finds”, The New York Times, 29 settembre 2025.

16Judith Levine, “Here’s what the Democrats can learn from Zohran Mamdani”, The Guardian, 1 luglio 2025.

17Jared Abbott et Bhaskar Sunkara, “What Americans Think of Democratic Socialism”, Jacobin, 18 settembre 2025.

18Judith Levine, op. cit.

19Philissa Cramer, “Zohran Mamdani’s win in NYC is a big boost for the boycott Israel movement”, The Forward, 25 giugno 2025.

20Peter Beinart, “Jewish leaders keep calling Mamdani an Antisemite”, The Beinart notebook, Substack, 27 ottobre 2025.

21Eric Lach, op. cit.

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