Il maltese, questa lingua così singolare in Europa

Origini arabe, lessico siciliano e italiano e una forte influenza dell’inglese: ecco le caratteristiche di una lingua europea singolare e carica di storia: il maltese.

Mosaico della domus romana, sito archeologico situato tra Mdina e Rabat, a Malta
Damian Entwhistle/Flickr

Situate al centro del Mediterraneo, le isole di Malta e Gozo presentano un profilo linguistico complesso. Benché più vicini alla Sicilia (93 km) che alla Tunisia (288 km) e alla Libia (355 km), gli abitanti, di religione cattolica e culturalmente europei, parlano ancora oggi una varietà dell’arabo diffusa nel Maghreb e in Sicilia attorno all’anno 1000. La sua sopravvivenza è unica: mentre la Sicilia, la Spagna e Pantelleria abbandonarono l’andaluso e il siculo-arabo, Malta, benché facesse parte della Sicilia, conservò la propria parlata perché i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi e i Castigliani non applicarono mai una politica linguistica specifica.

Quando nel 1530 Carlo V cedette Malta come feudo ai Cavalieri di San Giovanni, l’isola diventò uno Stato autonomo, ma i Gran Maestri, pur essendo per la maggioranza francesi, portoghesi e catalani, e solo quattro italiani, scelsero di adottare il latino e l’italiano come lingue dell’amministrazione e della cultura. Dal momento che all’epoca il livello di istruzione era mediocre e il tasso di alfabetizzazione oscillava intorno al 10%, la popolazione rimase largamente monolingue.

Ai tempi della dominazione musulmana (870-1091) gli abitanti erano meno di 10.000, ma alla partenza dei Cavalieri nel 1798 la popolazione raggiunse i 100.000 individui, continuando a crescere nel periodo britannico. Il rapporto tra il territorio (di appena 316 km2) e gli abitanti (oggi 500.000), insieme all’elevato numero di cognomi di origine siciliana, italiana e inglese, con decine di origine francese e spagnola, indica il peso dell’immigrazione nell’evoluzione della lingua locale.

Origini lontane difficilmente identificabili

Non si conosce quale fosse la lingua parlata a Malta nella preistoria: poteva essere di origine “mediterranea” come indoeuropea. I primi coloni, venuti dalla Sicilia, per oltre 5 millenni rimasero in contatto con le regioni vicine ma senza lasciare testimonianze scritte. Le prime iscrizioni rinvenute sono in punico perché i Fenici vi s’insediarono nel VII secolo a.C., ma un’iscrizione bilingue del III secolo a.C. dimostra che sia il punico che il greco erano entrambe lingue alte. Un decreto di prossenia1 mandato da Malta a Siracusa e scritto in greco, attesta la prevalenza di questa lingua all’inizio dell’epoca romana. La prima iscrizione in latino risale ai tempi di Augusto, 200 anni dopo la conquista romana.

Nella descrizione del naufragio di San Paolo2 nel 60 d.C. Luca chiama i maltesi “barbari”. Questa definizione è stata interpretata come indicazione che si parlasse ancora il punico. L’ipotesi è plausibile ma non esclude l’adozione del latino in 600 anni di dominio romano anche se in seguito Malta passò ai Bizantini che possono aver introdotto il greco.

Tuttavia mancano testimonianze certe, perché il maltese odierno non contiene tracce della lingua parlata prima della conquista musulmana. Al-Himyari descrive un feroce assedio nell’870 e un nuovo insediamento di musulmani e numerosi schiavi nel 1048-49. Lo spopolamento avvenuto tra la conquista e la colonizzazione è suggerito dalla mancanza di cimiteri, sia cristiani sia musulmani, e dalla toponomastica locale, che combacia con quella della Sicilia medievale, specialmente per la presenza del geonimo raħal o Ħal (Rahal gidit e Rachal saphy in Sicilia, Raħal Ġdid e Ħal Safi a Malta). Anche la lingua maltese presenta una marcata affinità con la varietà magrebina che si parlava in Sicilia fino ai tempi dei Normanni. È Ruggero II (1095/1154) a introdurre a Malta uno stile di vita europeo.

Un’isola cristianizzata ancora prima di essere romanizzata

Ciò che distingue Malta dalla Spagna o dalla Sicilia è che il processo di cristianizzazione è stato rapido e totale, mentre non si può dire lo stesso della romanizzazione, che al contrario è stata lenta e non ha mai raggiunto la completezza. La convivenza tra musulmani e cristiani è stata pacifica fino al 1224. Nel 1246, il governatore Giliberto Abbate invia una relazione all’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II, in cui si attesta la presenza di 836 famiglie musulmane malgrado le deportazioni del 1224. Tuttavia, nel 1246 Federico caccia tutti i musulmani dalla Sicilia e da Malta. La presenza di una diocesi è attestata a Malta nel 1270, e nel 1575 un visitatore apostolico registra ben 430 chiese e cappelle. Si accelera allora la romanizzazione della lingua parlata, poiché gli ordini religiosi appartengono alla provincia siciliana e i notai si formano in Sicilia.

Quando la varietà locale dell’arabo parlato ha perso il contatto con la varietà scritta, ovvero l’arabo classico, la lingua ha iniziato a svilupparsi in modo autonomo, attraverso un processo di semplificazione fonetica, morfologica e sintattica, e nel frattempo ha assorbito sempre più termini siciliani.

I documenti scritti a Malta tra il XIV e il XVI secolo sono tutti in latino o in siciliano; il dialetto locale continuerà tuttavia a essere parlato, mentre l’arabo verrà usato solo da una piccola comunità ebrea.

Quando arrivano i Cavalieri nel 1530, abbandonano il siciliano in favore dell’italiano. L’Ordine dei Cavalieri redige numerosi documenti in italiano, lingua considerata più semplice del latino. Inoltre, i Cavalieri portano con sé circa 3.500 persone di lingua romana, tra cui marinai, soldati, servi e artigiani.

L’isola si sviluppa rapidamente e la popolazione quintuplica in due secoli. La fondazione della Valletta, l’attuale capitale, necessita l’importazione di architetti dall’Italia e dalla Francia e artigiani e lavoratori dalla Sicilia, alcuni dei quali sposano ragazze locali nelle zone portuali. In questo modo il vocabolario tecnico del maltese assorbe centinaia di termini italiani, e nel frattempo i maltesi colti cominciano a scrivere opere letterarie e scientifiche in italiano.

Dal punico al dialetto nordafricano

Le definizioni della lingua maltese divergono: gli abitanti dell’isola la considerano come una sola e unica lingua, e la chiamano lingua maltensi (definizione del 1436) o lingua melitea (1549), mentre i viaggiatori stranieri la definiscono di volta in volta parlata africana (1536), parlar saracino (1558) o linguaggio arabo corrotto (1694). Hieronymus Megiser, linguista e storico tedesco che compie viaggi in Italia e a Malta negli anni 1588-89, è affascinato dagli abitanti dell’isola e dalla loro lingua:

“Benché siano cristiani, parlano una lingua saracena, moresca o cartaginese, oppure lingua franca, che è una specie di arabo con origini ebraiche”.

La classificazione scientifica delle lingue semitiche era ancora lontana, ma a Megiser si riconosce il merito di aver dedicato al maltese un libretto nel 1606, dove presenta 121 parole maltesi e la loro traduzione tedesca. Nel 1536 Jean Quintin associa la lingua locale alle iscrizioni puniche (benché la scrittura non fosse stata ancora decifrata) e l’idea piace agli eruditi maltesi. Sarà lo storico Gian Francesco Abela (1647) a comprendere le vere origini del maltese, consapevole del substrato arabo presente nel siciliano. Nel 1810 Wilhelm Gesenius, filologo e orientalista tedesco, prova scientificamente l’affinità del maltese con l’arabo parlato nel Nord Africa, ma il mito punico continua a essere sostenuto da alcuni studiosi locali fino alla metà del Novecento per motivi religiosi, politici e razziali.

La standardizzazione del maltese è stata lenta. Fino al XV secolo appaiono solo parole isolate negli atti notarili latini e nei documenti amministrativi in siciliano, generalmente nomi di luoghi e di oggetti domestici, ma intorno al 1470 Petrus Caxaro scrive una Cantilena, il primo testo interamente in lingua maltese.

Già allora le voci romanze si adattano alle regole grammaticali dell’arabo locale. Un esempio del 1473 riporta la forma “isfeduene”, dove la parola italiana “sfida” si coniuga con l’iniziale i-, un morfema del verbo al presente, terza persona, prende la desinenza -w della terza persona plurale, e il suffisso pronominale di prima persona plurale –na, dunque oggi jisfidawna, “ci sfidano”.

La guerra e la religione come armi

Alcuni Cavalieri dell’Ordine s’interessano al maltese per motivi pratici e scientifici. Nel Seicento un Cavaliere provenzale, Thezan, scrive in maltese delle istruzioni per sparare con il moschetto destinate alle truppe locali, e compila un dizionario bilingue maltese-italiano con 3.000 lemmi, in cui deve affrontare il dilemma che ha turbato gli studiosi per 200 anni: come scrivere i suoni non latini. Oggi il maltese ne ha solo due, l’aspirata ħ e il colpo di glottide q, ma allora la pronuncia era più vicina all’arabo. L’autore aggiunge 10 lettere arabe all’alfabeto latino, ma nel 1750 Gian Pietro Francesco Agius De Soldanis opta per l’alfabeto esclusivamente latino nella grammatica e nel dizionario di 12.000 lemmi. Michele Antonio Vassalli pubblica una grammatica nel 1791 e un Lexicon di 18.000 lemmi in cui adotta 12 lettere greche e puniche, ma nessuna lettera araba.

Nel Settecento la standardizzazione prosegue nel campo religioso. Ignazio Saverio Mifsud scrive sermoni in maltese, arricchendo la lingua con voci italiane e frasi latine per creare uno stile letterario. Ancora più importante sarà la traduzione del catechismo italiano pubblicata da Francesco Uzzino nel 1752. Per la prima volta tutti i bambini imparano a memoria le stesse frasi in vista della prima comunione e, a forza di ripeterli, assimilano termini come fidi (fede), liġi (diritto) sagramenti (sacramenti), Apostoli (Apostoli), Spiritu Santu (Spirito Santo) ecc. Sia nelle sfere alte della società (amministrazione, religione, cultura, legge, medicina) che in quelle più basse (pesca, edilizia, falegnameria), molte parole sono di origine siciliana o italiana.

I tentativi di Napoleone e degli inglesi

Nel 1798 Napoleone caccia i Cavalieri e annuncia una politica che favorisce la lingua francese, ma i maltesi si ribellano e chiedono l’aiuto del re di Napoli. Quest’ultimo allora manda i britannici che costringono i francesi alla resa nel 1800. Nel 1813 la Gran Bretagna decide di tenersi l’isola e lancia una politica di anglicizzazione, ma i maltesi colti la rifiutano perché l’italiano soddisfa le loro esigenze amministrative e culturali. Fallisce un tentativo di nominare giudici britannici e di fare dell’inglese la lingua dei tribunali: la Chiesa cattolica teme l’introduzione del protestantesimo.

Durante il Risorgimento l’Inghilterra appoggia l’unificazione dell’Italia e dopo il 1848 permette a un migliaio di esuli italiani di rifugiarsi a Malta. A loro agio nell’ambiente culturale e linguistico italiano, questi organizzano serate, concerti e conferenze, dando nuovo afflato alla produzione culturale locale. Soprattutto, introducono il romanzo storico ambientato a Malta con personaggi locali, instillando l’elemento patriottico tipico del romanticismo. Ironicamente, la cultura italiana si consolida nel primo secolo della dominazione britannica, ma dopo il 1860 Londra sospetta che ai maltesi possa venire voglia di unirsi all’Italia, la quale avrebbe potuto chiudere il canale di Sicilia e impedire l’accesso al canale di Suez, appena aperto.

A partire dal 1880 la paura dell’invasione fa costruire nuove fortificazioni, mentre le inquietudini suscitate dal movimento dell’irredentismo3 provocano nuovi attacchi contro la lingua italiana. Alcune Commissioni Reali riunite per l’occasione propongono di riformare la scolarizzazione e sostituire l’italiano con l’inglese. Si organizza quindi un movimento di resistenza, da cui nasceranno i primi partiti politici di orientamento imperialista o nazionalista. La situazione peggiora quando il Partito fascista prende il potere in Italia e la battaglia è condotta anche sul campo linguistico: a Malta l’italiano diventa la lingua del nemico. Gli avvisi si affiggono solo in inglese, i nomi delle vie vengono tradotti e si invita la popolazione a utilizzare le versioni inglesi dei nomi di battesimo e delle insegne dei negozi.

Londra contro l’italiano

La conoscenza dell’italiano e dell’inglese all’epoca è limitata alle persone istruite: nel 1842 solo l’11% della popolazione conosce l’italiano e solo il 5% l’inglese, ma quando quest’ultimo diviene obbligatorio per lavorare nelle forze armate, nella polizia e nell’amministrazione, la cifra sale al 22,6% nel 1931, mentre la conoscenza dell’italiano, ormai lingua esclusivamente culturale, non supera il 15%.

Dopo la Seconda guerra mondiale Malta cambia completamente. L’inglese diventa di moda, al cinema si proiettano solo film inglesi e americani, le canzoni pop sostituiscono l’opera lirica e, soprattutto, alla scuola elementare, divenuta obbligatoria nel 1946, si insegnano solo l’inglese e il maltese. La battaglia contro l’italiano gioca dunque a favore della lingua maltese perché il governo britannico ha capito che l’unico modo per spodestare l’italiano è concedere lo status di lingua ufficiale alla lingua natale.

Nel XX secolo il maltese è pronto per ottenere questo status. Una decorosa produzione letteraria era stata coltivata sin dall’Ottocento, e nel primo Novecento tocca la sua espressione più alta nelle poesie di Don Carmelo Psaila (noto per l’inno T’adoriam, Ostia divina). Nuove grammatiche, dizionari e libri scolastici portano a termine la codificazione e l’alfabeto viene standardizzato. Benché composto da sole lettere latine, alcuni segni diacritici sostituiscono il modo di scrivere all’italiana: un punto distingue le c e g palatali (ċ e ġ) dalle velari (k e g), la s sonora è ż, il digramma sc di scena si rappresenta con x, l’acca tagliata (ħ) indica l’aspirata, j e w rappresentano le semiconsonanti, la q è il colpo di glottide, mentre il digramma (għajn) e la h, entrambi muti, sono stati mantenuti per motivi etimologici.

Nel 1924 la radio via cavo trasmette la BBC su un canale e programmi in maltese sull’altro, e per la prima volta il maltese standard viene ascoltato ovunque da un pubblico ancora largamente analfabeta e dialettofono. Nel 1937 viene istituita la prima cattedra di lingua maltese all’università e l’esame in entrambe le lingue ufficiali diventa indispensabile per l’impiego statale e parastatale.

Il conseguimento dello status ufficiale

Nel 1934 il maltese ottiene lo status di lingua ufficiale insieme all’inglese e all’italiano, che però lo perde nel 1936. Nel 1957 la televisione italiana arriva in Sicilia e può essere captata da Malta. L’italiano torna dunque con una nuova funzione, non più amministrativa e culturale, bensì come strumento per l’informazione e l’intrattenimento. Con questo ruolo mantiene l’audience più alta fino al 1990 quando i canali locali attirano più spettatori, ma mantiene ancora circa il 20% degli ascolti in prima serata. L’italiano rimane anche la lingua più studiata, benché facoltativa, alla scuola secondaria, dopo il maltese e l’inglese che sono obbligatori. Alle elementari le lingue veicolari sono l’inglese e il maltese, ciascuna per la metà delle materie, mentre l’inglese è l’unica lingua veicolare all’università, salvo per le lingue straniere. Nell’uso comune si preferisce l’inglese per la lettura, per l’invio di email, SMS e per il bancomat, ma il maltese è parlato da oltre il 90% della popolazione e vanta due quotidiani (tre in inglese), tre canali televisivi e parecchie radio locali, senza considerare la notevole produzione di libri e opere teatrali. Nel 2003 il maltese è stato riconosciuto come una delle lingue ufficiali dell’Unione Europea.

Un arabo “periferico”

Il profilo della lingua odierna si rispecchia nella composizione del lessico. Nel Maltese-English Dictionary (MED) di Joseph Aquilina (1987-1990) le parole di origine araba costituiscono il 32% dei lemmi, le parole siciliane e italiane il 52,5% e quelle inglesi il 6,1%. Il MED include parole arcaiche e rare tra i suoi 41.026 lemmi, ma la versione Concise rappresenta meglio la lingua attuale: i suoi 22.649 lemmi mostrano più parole siciliane e italiane (61,61%), meno arabe (22,42%) e un leggero aumento di quelle inglesi (8,45%).

Tuttavia, le voci di origine araba comprendono le parole grammaticali e il vocabolario fondamentale, e sono di uso più frequente. Insieme con le regole grammaticali (sebbene semplificate), la frequenza definisce il maltese come lingua araba “periferica”.

Per esempio, i termini per indicare la sfera familiare illustrano bene la compenetrazione di arabo e italiano. I nomi dei membri più intimi sono di origine araba: omm, iben, bint, raġel, mara, tifel, tifla, tarbija (madre, figlio, uomo/marito, donna/moglie, ragazzo/figlio, ragazza/figlia, neonato), mentre la parola per indicare il padre è siciliana, missier (messere).

Gli altri membri della famiglia portano nomi siciliani o italiani: nannu, nanna, ziju, zija, neputi, neputija, kugìn, kugina, e la parola per famiglia è familja, mentre i familiari sono qraba. La natura complementare di lingua araba e italiana emerge anche nei giorni della settimana: it-Tnejn, it-Tlieta, l-Erbgħa, il-Ħamìs, il-Ġimgħa, is-Sibt, il-Ħadd, e nei mesi dell’anno: Jannàr, Frar, Marzu, April, Mejju, Ġunju, Lulju, Awissu, Settembru, Ottubru, Novembru, Diċembru.

Una stratificazione che caratterizza tutti gli ambiti; ad esempio il pane viene chiamato ħobż, ħobża, qoxra, lbieba, frak, ftira (pane, pagnotta, crosta, mollica, briciole, ciambella); bezzùn, tal-kexxùn, panina, ċabatta, malji (filoncino, pancarré, piccolo pane di forma rotonda, ciabatta, treccia); e infine sandwich, toast, baguette.

Nel parlato informale si ricorre spesso alla commutazione di codice o alternanza linguistica. Siccome alcune materie scolastiche s’insegnano in inglese, sono queste le parole che vengono subito in mente. Inoltre, numerose mamme parlano ai figli in inglese per avvantaggiarli a scuola, ma attualmente non sussiste il pericolo della sostituzione della lingua parlata. La fonte dell’innovazione non è più l’italiano ma l’inglese: alcune parole sono state assimilate (kettle > kitla), altre sono sicilianizzate (evaluation > evalwazzjoni), altre diventano falsi amici (related > relatati, involved > involuti), mentre in alcuni casi si creano forme nuove (enforceable > inforzabbli, developers > żviluppaturi, privacy > privatezza, occupancy > okkupanza).

Questi processi sono indispensabili per tenere il passo con l’evoluzione sociale, ma sussiste un problema spinoso: come scrivere le parole non adattate, per esempio le comunissime “bicycle” e “washing machine” (bajsikil, woxing maxìn)? Ovviamente, in un ambiente bilingue come quello di Malta, la pressione dell’inglese sulla lingua locale è forte; tuttavia, il censimento del 2011 è rassicurante: quasi tutti i cittadini parlano correntemente il maltese (99,6%) e l’inglese (91,3%), molti conoscono anche l’italiano (61,3%) e il francese (21,4%), ma pochi hanno studiato il tedesco (5,1%) e l’arabo (4,3%).

1Nelle città della Grecia classica, la prossenia era un titolo onorifico conferito per decreto a uno straniero, chiamato dunque “prosseno”, il quale era incaricato di ospitare e proteggere nel proprio luogo di residenza i cittadini della città straniera che gli aveva conferito tale titolo. Con le dovute proporzioni, questa responsabilità si ritrova oggi nella diplomazia moderna, quando uno Stato affida a un console onorario, scelto al di fuori dei propri cittadini, l’incarico di recare assistenza a uno dei suoi connazionali in difficoltà.

2Secondo gli Atti degli Apostoli, San Paolo fa naufragio sulle coste maltesi nell’inverno del 60 dopo Cristo. Oggi considerato il “padre dei maltesi”, è stato all’origine della cristianizzazione dell’arcipelago.

3Movimento popolare italiano che rivendica l’annessione al Regno d’Italia di tutti i territori (le terre irredente) che, benché stranieri, accolgono italiani o appartenevano un tempo all’Italia.