EGITTO

Il presidente e l’esercito, un matrimonio d’amore e d’interesse.

Di recente, il parlamento egiziano ha approvato con la massima urgenza vari emendamenti relativi all’istituzione militare. Questo mostra la volontà del presidente Abdel Fattah al-Sisi di avere un occhio di riguardo per i vertici militari, il cui ruolo sta crescendo in tutti i settori del potere, mantenendo al tempo stesso il controllo sulla maggior parte dei loro privilegi.

Il Cairo, Accademia Militare, 22 luglio 2018. Il Presidente Abdel Fattah al-Sisi e il Ministro della Difesa Mohamed Ahmed Zaki partecipano alla cerimonia di consegna dei diplomi ai nuovi ufficiali dell’esercito
Presidenza egiziana/AFP

Il 25 maggio 2021, il parlamento egiziano ha votato con insolita rapidità un emendamento per prolungare di un anno, da 64 a 65 anni, l’età pensionabile dei tenenti generali. Allo stato attuale, il grado di tenente generale è il secondo più alto all’interno della gerarchia militare, dopo quello di colonnello generale, per il quale l’età pensionabile non supera i 62 anni, ed è in assoluto la terza carica più alta. Il grado apicale è quello di maresciallo e l’ultimo ad averlo raggiunto è l’attuale presidente.

L’emendamento è stato presentato lo stesso giorno sia dal governo, con l’esplicita raccomandazione da parte del ministro della Difesa di votarlo il prima possibile, sia dalla commissione del Consiglio di Gabinetto e del Segretario generale del Parlamento. E sempre con la stessa rapidità, il testo è stato promulgato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, per essere immediatamente applicato al tenente generale Osama Askar. Quarantotto ore dopo la pubblicazione dell’emendamento, il 31 maggio 2021, Askar stava festeggiando i suoi 64 anni.

Il più giovane tenente generale

Non è la prima volta che il nome di Askar si trova coinvolto in manovre del genere, visto che di recente è stato nominato Capo di stato maggiore generale, il secondo grado più alto dell’esercito egiziano.

Ma è a partire dal 2015 che il suo nome comincia a circolare, in relazione a tre questioni spinose: quella del Sinai, che sta attraversando grandi disordini e scontri sanguinosi tra l’esercito e gruppi terroristici armati; le “voci” diffuse dai media, un tema di importanza fondamentale per il regime, in nome del quale ha finito per avere il controllo quasi totale dei media (quelli che non è riuscito a controllare sono stati vietati o attaccati dalle forze di sicurezza); e infine c’è la questione relativa alle carriere, alle esenzioni e alle promozioni, che sono spesso una bella seccatura per l’interessato, visto il numero degli aspiranti.

A fine gennaio 2015, l’opinione pubblica ha scoperto il nome di Osama Askar quando Abdel Fattah al-Sisi ha creato per decreto un nuovo incarico all’interno delle forze armate, quello di “comando unificato dell’area est del canale di Suez e della lotta contro terrorismo”. Una carica che riunisce quindi nelle mani di un solo uomo il comando della Seconda e della Terza Armata (a nord e a sud della penisola del Sinai). Al momento dell’investitura, Askar ha ottenuto anche la promozione al grado di tenente generale, diventando così il più giovane militare ad aver raggiunto un tale incarico. Oltre a tutte queste mansioni, è stato incaricato anche della ricostruzione del Sinai, con una dotazione di 10 miliardi di sterline egiziane (561 milioni di euro). Il tutto si è svolto nel corso di un incontro pubblico trasmesso in diretta televisiva, durante il quale al-Sisi si è rivolto ad Askar con queste parole:

Lei sta assumendo una responsabilità anche verso di me e verso gli egiziani per lo sviluppo del Sinai. Voglio che tutti sappiano che andiamo lì innanzitutto per creare e costruire, prima di cercare vendetta o uccidere dei criminali.

Sotto i riflettori

Prima di questa data, Askar era il comandante della Terza Armata di terra, il corpo armato responsabile del Sud-Sinai, che comprende la tratta a sud del canale di Suez, nonché della sicurezza del canale marittimo, la seconda principale fonte di reddito del paese – al netto delle tasse – e un sistema per esercitare pressione da parte dell’Egitto, sia a livello regionale che globale. Askar ha preso il posto del suo diretto superiore, il colonello generale Sedki Sobhi, ex ministro della Difesa e comandante in capo dell’esercito, la seconda figura più importante dopo al-Sisi durante il colpo di stato del 2013.

Il tenente generale Askar gode di un’alta considerazione, nonostante sia stato in carica durante tutti i periodi di tensione che il paese ha vissuto, dall’inizio della rivoluzione del gennaio 2011 fino alla destituzione del presidente Mohamed Morsi nel luglio del 2013. Lungo tutto quest’arco di tempo, ha garantito un clima disteso tra le forze ai suoi ordini e gli abitanti della regione sotto il suo controllo, in particolare quelli del governatorato di Suez e le tribù del Sud Sinai che hanno consegnato volontariamente molte armi non autorizzate durante il periodo di instabilità tra il 2013 e il 2014.

Ma, dalla metà del 2017, sono iniziate a circolare molte voci sulla figura di Askar, soprattutto quando, a fine 2016, dopo meno di due anni dal suo incarico nel Sinai, è stato nominato vicecomandante generale delle forze armate per lo sviluppo del Sinai, una decisione che molti osservatori hanno visto come un provvedimento di allontanamento. Nello stesso periodo, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbero state svolte alcune indagini nei suoi confronti per reato di concussione. Alla fine, queste presunte voci, riportate da emittenti vicine ai Fratelli Musulmani, sono state smentite in via ufficiosa dai media vicini alle forze militari e di sicurezza, che hanno pubblicato delle foto di Askar mentre assisteva all’operazione militare “Bright Star”1. Ma, nel maggio 2018, quelle voci hanno ricominciato a circolare, ma questa volta coinvolgendo la sua cerchia familiare. Stesso stratagemma da parte dei vertici militari che hanno pubblicato delle foto di Askar con la famiglia durante un viaggio in Arabia Saudita per un breve pellegrinaggio.

Una riabilitazione simbolica

“Le accuse calunniose nei suoi confronti sono vere fino a prova contraria”. È così che il portale web Masrawi ha descritto Askar quando è stato promosso al grado di tenente generale, lasciando intendere con ciò che gli è stato applicato lo stesso principio. Di fronte all’assenza di qualsiasi commento ufficiale sulle voci che circolavano contro di lui, si può di fatto pensare che sia stato sottoposto ad indagini. Le accuse sono forse dovute ad alcune opinioni politiche che avrebbe espresso, soprattutto durante periodi di grande tensione politica e militare, ad esempio durante la crisi con l’Arabia Saudita per le isole di Tiran e Sanafir (2016), che avevano provocato un’ondata di rabbia popolare, o anche in occasione dell’annuncio dell’ex capo del governo ed ex capo dell’aeronautica, il tenente generale Ahmed Chafik, della sua candidatura alle presidenziali del 2018 contro al-Sisi (senza dimenticare il tenente generale ed ex comandante in capo Sami Anane che aveva rilasciato una dichiarazione simile prima di essere arrestato dall’esercito).

Questa serie di eventi ha alimentato il timore su possibili cambi di vertice nell’esercito che potrebbero riguardare Askar. Quanto all’indagine finanziaria, questa sarebbe legata al suo incarico a capo di una regione che comprende importanti infrastrutture economiche, tra cui fabbriche e società minerarie. Il fatto di rimuoverlo in attesa dell’esito delle indagini è una pratica comune all’interno dei vertici militari. Il suo ritorno alla ribalta nel 2020 come capo delle operazioni delle Forze armate egiziane testimonia senza dubbio che è stato assolto..

Ma non solo, perché la sua riabilitazione ha superato tutte le aspettative. Forse è a causa di queste voci, o per il coinvolgimento di altre istituzioni – cosa poco apprezzata all’interno dell’esercito – o per la rabbia che le ripetute accuse di malversazioni hanno suscitato tra i suoi ufficiali, in un momento in cui, secondo loro, danno prova di grande senso di sacrificio negli scontri quotidiani con i gruppi armati nel Sinai.

La rotazione necessaria dei responsabili

Si dice spesso che l’ex ministro della Difesa ed ex comandante in capo delle forze armate, il maresciallo Mohamed Hussein Al-Tantawi fosse così scaltro da riuscire a mantenere il suo incarico per più di 20 anni (1991-2012), un record storico. Aveva infatti imparato la lezione da quanto accaduto al suo predecessore, il maresciallo Abdel-Halim Abu Ghazala, la cui grande popolarità aveva talmente spaventato l’ex presidente Hosni Mubarak al punto da silurarlo. Da parte sua, Tantawi ha saputo tenere un basso profilo, rifuggendo la popolarità all’interno e all’esterno dell’esercito. È chiaro, inoltre, che l’allievo e figlio spirituale di Tantawi è Abdel Fattah al-Sisi, che ha anche tratto molti insegnamenti da come sono andate le cose sotto Hosni Mubarak.

Uno dei più importanti è quello di non lasciare i responsabili mai troppo a lungo nella stessa posizione e di cambiare costantemente i capi, specialmente all’interno dei vertici militari. Lo scopo di farli ruotare è evitare che si crei un centro di potere o uno “svaccamento” come nel caso delle istituzioni al tempo di Mubarak, per via del numero di anni che alcuni funzionari trascorrevano nello stesso incarico. Oppure, per ridurre le tensioni tra la più importante istituzione egiziana, l’esercito, e altre che sono nell’entourage del presidente, come i servizi d’intelligence, la sorveglianza amministrativa o la presidenza stessa. In effetti, cambiare regolarmente i responsabili riduce solitamente l’accumulo di controversie personali. È chiaro che ai vertici si ritrovano pochi nomi di quelli che erano saliti alla ribalta all’inizio della presa del potere di al-Sisi, ad eccezione del maggiore generale Abbas Kamel, capo della direzione dell’intelligence generale, che molti considerano il vero braccio destro di al-Sisi.

Un’esperienza che ha permesso al presidente al-Sisi di raggiungere da un lato un punto d’equilibrio tra la riabilitazione del tenente generale Askar e un rapporto più sereno tra presidenza ed esercito e, dall’altro, la concentrazione del potere nelle sue mani. Perché poche settimane dopo aver posticipato di un anno l’età pensionabile dei tenenti generali, e prima di nominare comandante in capo Osama Askar, al-Sisi ha promulgato un’altra legge presentata dal suo governo e prontamente approvata dal Parlamento: la riforma di legge relativa al comando e al controllo della sicurezza dello Stato e delle forze armate. Una legge che riguarda lo statuto degli alti comandi dell’esercito, e limita ormai a due anni la durata delle loro funzioni in carica, compresa quella di comandante in capo, mentre prima era di quattro anni. La proroga di questi due anni è prerogativa del Presidente della Repubblica. E il primo a cui verrà o meno estesa questa proroga è Osama Askar.

Questo gioco delle poltrone sottolinea l’esperienza e la profonda conoscenza della situazione militare da parte di al-Sisi, visto che lì ha trascorso gran parte della sua vita. Il presidente sa anche come organizzare i rapporti tra l’esercito e le altre istituzioni, compresa l’istituzione presidenziale, poiché riesce a mantenere sempre un rapporto cordiale tra le due senza che le cose gli sfuggano di mano. E se un qualunque evento pregiudicasse la natura di questi rapporti – che ai suoi occhi resta fondamentale – lui saprebbe come porvi rimedio. Al-Sisi, infatti, considera l’esercito la base del suo potere, della sua stabilità e della sua longevità alla guida del Paese, oltre che elemento di stabilità, continuità e sviluppo dello Stato. È quindi sull’esercito, sui suoi membri quelli su cui lui fa sempre più spesso affidamento, sia in campo economico che politico. Per esempio, al-Sisi ha scelto come comandante in capo Mohamed Farid Hegazi, il cui mandato scadeva nell’ottobre 2021, come suo consigliere per l’iniziativa “Una vita dignitosa”. Si tratta di un programma di sviluppo rivolto alle aree rurali e non regolamentate, che include la costruzione di nuove abitazioni al posto di edifici non regolamentati, e la ristrutturazione di altri alloggi, nonché di servizi medici, sociali, sanitari, educativi e formativi, accanto a grandi opere edili come quelle relative ai sistemi di canalizzazione su tutto il territorio nazionale.

Risulta chiaro, pertanto, che tutte le nuove funzioni dell’ex comandante in capo sono di carattere civile, e non hanno alcun collegamento con la sua mansione precedente, a parte la convinzione del presidente – come quella di tutto il corpo dell’esercito – sulle capacità dei suoi membri di svolgere qualunque missione, in virtù delle loro qualità e della loro educazione militare. Questo spiega perché sia gli archivi economici, politici o sociali siano stati affidati ad ex militari, o direttamente ad un ufficio o ad un’istituzione annessa all’esercito o di natura militare, proprio come il servizio d’intelligence guidati dal maggiore generale Abbas Kamel, che è stato per anni capo di gabinetto di al-Sisi. Servizi via via sempre più importanti e attivi su questioni relative alle relazioni con l’estero. La presenza dell’Egitto in qualsiasi questione di politica estera ora dipende dalla presenza personale di Kamel, da Gaza a Tripoli e da Baghdad a Khartoum, mentre quella del ministro degli Esteri è di natura puramente diplomatica. Allo stesso tempo, il reclutamento a fine carriera è un’antica tradizione per i militari che cercano di ottenere i favori del regime e del presidente. In questo modo, entrano in competizione per avere diritto a un nuovo incarico dopo il pensionamento.

1NDR Una serie di esercitazioni d’addestramento organizzate e condotte ogni due anni dagli eserciti americano ed egiziano.