Marocco

Mohammed VI è tornato per salvare l’immagine del regno

Il caso Pegasus, i sospetti di corruzione all’Europarlamento, una linea politica titubante, l’arresto di giornalisti e oppositori al regime non hanno fatto altro che peggiorare vistosamente l’immagine sotto tanti aspetti positiva della monarchia, diffusa per anni dai media e dai governi europei.

Nell'immagine si può vedere un evento ufficiale con diverse persone in abbigliamento formale. Un uomo, presumibilmente una figura di rilievo, indossa un mantello elegante e occhiali, mentre interagisce con un gruppo di donne e uomini in uniformi. Alcuni di loro stanno consegnando sacchetti con un logo su di essi. L'atmosfera sembra gioiosa e solenne, con un'attenzione particolare alla comunità e all'impegno sociale. Sullo sfondo si notano edifici e alberi, suggerendo un ambiente all'aperto.
24 marzo 2023. Re Mohammed VI inaugura l’operazione nazionale «Ramadan 1444», avviata dalla Mohamed V Foundation for Solidarity in occasione del Ramadan, a Salé, a nord della capitale.
Palais royal/AFP

Il regno marocchino è stato a lungo considerato come lo studente migliore in una classe di somari: riceveva lodi per la sua “stabilità” grazie a una forza di polizia che, per molti versi, ricorda quella dell’ex presidente tunisino Zine El-Abidine Ben Ali, per una forma “moderata” di islam e il suo “aperto e tollerante” Comandante dei Credenti e, rispetto ai suoi vicini del Maghreb e del mondo arabo, per la sua relativa apertura politica e le libertà concesse dal regime di re Mohammed VI. Da qualche anno, però molte cose sono cambiate e oggi la monarchia ha assunto, anche agli occhi dei suoi tradizionali alleati, un’immagine ambigua, per una serie di “scandali” che hanno alterato il capitale di simpatia che il regno aveva finora guadagnato grazie a notevoli investimenti in termini di soft power e lobbying.

Un terribile sistema di spionaggio

Il 18 luglio 2021, un’inchiesta condotta da un consorzio di sedici media internazionali riuniti sotto la sigla dell’Ong francese Forbidden Stories e di Amnesty International ha rivelato un grande sistema di spionaggio, ben rodato e inquietante, chiamato “Project Pegasus” dal nome dello spyware venduto a vari regimi dittatoriali dalla società israeliana NSO Group. Il suo obiettivo è quello il controllare a distanza dei cellulari. Lo spyware Pegasus può recuperare conversazioni – comprese quelle provenienti da presunte app “sicure” come WhatsApp o Signal – ma anche dati sulla localizzazione, foto e persino filmare, a sua insaputa, il possessore dello smartphone infettato.

Il Marocco è uno dei principali clienti del software Pegasus. “Ne fa un uso smisurato, che viola i diritti fondamentali”, secondo i dati resi pubblici da Forbidden Stories, che precisa:

Dalla banca dati raccolta nell’ambito dell’inchiesta Pegasus Project, su 50.000 potenziali obiettivi dello spyware, il solo Marocco avrebbe sorvegliato circa 10.000 numeri di telefono. Le ricerche confermano che il Marocco si è avvalso del sistema Pegasus per colpire giornalisti e responsabili dei principali media del paese. Le rivelazioni sono ancora più sconvolgenti e inquietanti, perché i servizi di intelligence marocchini hanno utilizzato il software per colpire anche i giornalisti fuori dai loro confini.

Non sorprende che il regno neghi in toto le accuse, che non riguardano solo giornalisti e attivisti marocchini. Secondo lo stesso rapporto, i servizi del regno avrebbero spiato anche personalità francesi di primo piano, tra cui il presidente Emmanuel Macron. Da allora, sulle relazioni franco-marocchine, caratterizzate da una ben nota complicità, è calato il gelo che dura ancora oggi

Ossessionato dalla sua immagine all’estero, il Marocco non ha mai badato a spese per promuovere l’idea di un “regno che fa del suo meglio” rispetto a una regione refrattaria alla democrazia e ai diritti umani. La replica indignata del Marocco alle accuse danno la misura della loro gravità e delle conseguenze dannose sulla sua immagine.

A Bruxelles scoppia il caso “Marocgate”

Il 9 dicembre 2022, scoppia un nuovo scandalo. Al termine di un’indagine condotta dai servizi segreti belgi, e dopo essere stati allertati da altri cinque “servizi” europei, tra cui la Direzione generale della sicurezza esterna (DGSE), la giustizia belga arresta l’ex eurodeputato italiano Pier Antonio Panzeri. È sospettato di aver intascato ingenti somme di denaro da parte di intermediari marocchini, tra cui l’ex ambasciatore a Bruxelles, Abderrahim Atmoun.

Nella casa di Panzeri a Bruxelles, la polizia belga trova 600.000 euro in contanti e 17.000 euro nella sua casa in Italia. “Il signor Atmoun portava di tanto in tanto dei soldi, ma non in maniera regolare”, ha dichiarato l’ex collaboratore di Panzeri, Francesco Giorgi, nel dicembre 2022. “Il signor Atmoun veniva a Bruxelles o andavamo noi a casa sua, nel suo appartamento di Parigi. Quando andavamo a prendere dei soldi, dicevano che andavamo a prendere cravatte o vestiti”.

Il Marocco, insieme al Qatar, è stato apertamente accusato di corruzione da parte dei deputati dell’Europarlamento, nonostante continui a negare categoricamente ogni addebito. Solo un anno dopo lo scandalo Pegasus che ha coinvolto i servizi segreti marocchini guidati dal 2005 da Abdellatif Hammouchi, uno degli uomini più influenti del regno, è il turno della Direzione del controspionaggio marocchino (DGED), guidata da Yassine Mansouri, un ex compagno di classe del re Mohammed VI, che viene accusato dalla giustizia belga e, ancora una volta... dal Parlamento europeo. In una risoluzione approvata il 16 febbraio 2023, l’UE “esprime profonda preoccupazione per le accuse di corruzione nei confronti delle autorità marocchine (...) e richiede l’immediata sospensione dell’accesso al Parlamento ai rappresentanti di interessi” del Marocco.

A inizio gennaio 2023, nel pieno dello scandalo, c’è stata la visita ufficiale a Rabat dell’Alto rappresentante europeo Josep Borrell, che però non ha sortito alcun effetto poiché le due parti (Marocco e Unione europea) sono rimaste arroccate sulle proprie posizioni. Il ministro degli Esteri marocchino Nasser Bourita ha dichiarato, nel corso di una conferenza stampa tenuta dai due rappresentanti:

È un partenariato che sta affrontando attacchi giuridici e attacchi mediatici ripetuti. Questi attacchi arrivano anche dall’interno delle istituzioni europee e sono il risultato di azioni che hanno il Marocco al centro e oggetto di calcoli di altri per colpire questa relazione

La risposta del diplomatico europeo è stata:

La posizione dell’Ue è chiara, non ci può essere nessuna impunità per la corruzione. Dobbiamo attendere i risultati delle indagini in corso e ci attendiamo la piena collaborazione di tutti”

In difesa dei giornalisti imprigionati

È sulla scia di queste accuse che viene adottata, il 19 gennaio 2023, una risoluzione dell’Europarlamento che risulta una prova oltremodo schiacciante per l’immagine del regno. Approvata a larga maggioranza con 356 voti a favore, 32 contrari e 42 astensioni, la risoluzione esorta le autorità marocchine “a rispettare la libertà di espressione e dei media, a garantire un processo equo ai giornalisti arrestati, segnatamente a Omar Radi (condannato a sei anni di carcere), Soulaimane Raissouni (cinque anni di carcere) e Taoufik Bouachrine (in carcere dal 2018)”1.

I tre giornalisti sono stati arrestati con accuse a sfondo sessuale, ma il Parlamento europeo “condanna con forza il fatto che le accuse di aggressione sessuale siano utilizzate in modo improprio per dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro attività”, e “ritiene che ciò arrechi pregiudizio ai diritti delle donne”.

Appena resa pubblica, la risoluzione ha avuto l’effetto di un terremoto. Certo, non è la prima volta che il Marocco riceve critiche da parte delle Ong (e persino dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti) per violazioni e attacchi alle libertà fondamentali e ai diritti civili. Ma questa volta, le accuse provengono da un’istituzione centrale dell’Unione europea. Secondo le carte dei servizi segreti belgi,

L’Unione europea è di vitale importanza per il Marocco. È il suo primo partner commerciale, soprattutto per i suoi investimenti esteri e accoglie, inoltre, gran parte della diaspora marocchina. Lo sviluppo del regno, la sicurezza energetica e le ambizioni geopolitiche (soprattutto il riconoscimento della “sovranità marocchina” sul Sahara occidentale annesso nel 1975) dipendono, almeno in parte, dal beneplacito dell’Unione europea.

Ritorno alle famose inaugurazioni

Sul piano interno, se la monarchia marocchina, come unica istituzione nel campo religioso e laico, continua a dominare la vita politica, la sua immagine di regime stabile e autoritario, pur con delle aperture, ha cominciato in parte a vacillare negli ultimi anni. Le prolungate assenze del re Mohammed VI (in Francia e, più di recente, per quattro mesi in Gabon), da una parte, e il “fenomeno Abu Azaitar” e i suoi due fratelli dal passato controverso molto vicini al monarca, fonte di preoccupazione per i vertici della corte, dall’altro, rimandano l’immagine del comportamento ondivago del potere supremo che fa notizia sulla stampa internazionale, oltre a incuriosire i corridoi ovattati delle cancellerie.

Questa è senza dubbio la ragione per cui il re, dopo il suo ritorno dal Gabon alla vigilia del Ramadan (22 marzo 2023), si è mostrato molto più presente. Come Comandante dei Credenti, ha presieduto tutti i discorsi religiosi durante il mese sacro. Come capo dell’esecutivo, ha ripreso le famose inaugurazioni di un tempo con una visita a Tangeri nel bel mezzo del Ramadan per inaugurare un ospedale universitario, riconoscendo anche che il capodanno Amazigh (berbero) – il 13 gennaio – rientri ufficialmente nell’elenco delle festività nazionali. E infine, in quanto capo militare, ha nominato un nuovo Ispettore Generale delle Forze Armate Reali.

Obiettivo: ristabilire l’autorità del potere monarchico, che si basa più sulla presenza fisica del re che sul regolare funzionamento delle istituzioni. Ma per recuperare l’immagine positiva che a lungo ha contraddistinto il regno, è necessario rilasciare i prigionieri politici. Oltre ai giornalisti citati, sono in carcere anche un avvocato ottantenne, Mohammed Ziane, una decina di cyber-attivisti oltre agli attivisti del Rif (nord), i cui leader sono stati condannati a pene da quindici ai venti anni.

1La situazione dei giornalisti in Marocco, in particolare il caso di Omar Radi, Parlamento europeo, testi approvati, 19 gennaio 2023.