Cos’altro deve accadere? In Israele si è insediata una coalizione di governo composta da ministri che in qualsiasi altro paese sarebbero tacciati di essere fascisti. Daniel Blatman, docente di storia dell’ebraismo e della Shoah presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, ha scritto che questo governo ha ministri neonazisti. Ognuno di loro sostiene l’ideologia del suprematismo ebraico, nella convinzione che i diritti di un israeliano ebreo autorizzino a cancellare quelli dei palestinesi.
Cos’altro deve accadere? Il nuovo governo di Benjamin Netanyahu ha ribadito ancora una volta il suo veto alla creazione di uno stato palestinese, con un inasprimento della colonizzazione – un “crimine di guerra secondo il diritto internazionale” –, e l’adozione di misure degradanti contro i detenuti palestinesi – limitare il tempo della doccia, il diritto di cucinare, ecc. Ha cambiato lo status quo (piuttosto relativo) esistente in Cisgiordania dal 1967, trasferendo il potere da un’amministrazione militare a una civile che avrà l’incarico di dirigere il neoministro delle Finanze Bezalel Smotrich, uno di quelli che Blatman considera neo-nazi. L’editoriale del quotidiano israeliano Haaretz1 conferma che questa decisione “costituisce un’annessione de jure della Cisgiordania, poiché non vi è alcuna intenzione di concedere i diritti civili a milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania. La conseguenza è l’aver ufficializzato un vero e proprio regime di apartheid”.
Hawara. “La risposta dei soldati è stata di sparandomi addosso”
Cos’altro deve accadere? Nella notte del 26 febbraio, decine di coloni hanno dato fuoco al villaggio palestinese di Hawara, nei pressi di Nablus, con molti atti di violenza, diversi feriti e un morto. L’esercito e i servizi di sicurezza che controllano ogni centimetro quadrato in Cisgiordania, ogni viaggio a piedi, in bicicletta o in macchina, grazie a tecnologie all’avanguardia come si vedono nella serie Fauda, non hanno fatto nulla per prevenire questi assalti. Quel ch’è peggio è che, durante le prime ore dell’attacco, hanno coperto i coloni. Uno degli abitanti, Oday Al-Domadi, ha raccontato alla BBC2 di essere rimasto chiuso in casa con i suoi figli. “Ho gridato ai soldati di proteggere i bambini e impedire ai coloni di terrorizzarli, ma la loro risposta è stata quella di spararmi addosso, urlandomi di restare a casa. Alla fine, l’esercito ha fatto evacuare i palestinesi, ma le milizie dei coloni, nei giorni successivi, hanno continuato a pattugliare in totale libertà questo villaggio che, secondo il ministro Smotrich, si doveva “far sparire”.
Per l’editorialista di Haaretz Gideon Levy, è un pogrom – sono le sue parole – che annuncia nuovi massacri come quello di Sabra e Chatila nel settembre 1982 a Beirut dove furono uccisi centinaia di civili palestinesi, sotto gli occhi dell’esercito israeliano. “Non c’è stato alcun massacro a Hawara, non ancora, ma nessuno era in grado di prevedere come sarebbero andate le cose. Anche nel caso in cui i rivoltosi avessero voluto massacrare la popolazione, nessuno gli avrebbe sbarrato la strada. Nessuno fermò i falangisti a Sabra e nessuno li ha fermati a Hawara. C’è una grande differenza però, questa volta le milizie sono israeliane e godono di una maggiore complicità da parte di tutti i servizi dello Stato.
Gli abracadabra per una soluzione dei due stati
Cos’altro deve accadere perché il governo francese reagisca e corregga l’atteggiamento indulgente o piuttosto complice nei confronti di Israele? Non basta un comunicato firmato dalla Francia e da alcuni paesi europei. La politica del capo dello Stato è in linea con quella dell’ex presidente François Hollande che si rammaricava, alla presenza di Netanyahu, di non poter cantare tutto il “il suo amore per Israele e per i suoi vertici”3. Una linea politica che poggia su basi sbagliate: da una parte, gli abracadabra sulla soluzione dei due stati e la condanna della colonizzazione – non c’è dubbio che i comunicati francesi regolarmente adottati in tal senso seminino terrore in Israele! – ; dall’altra, un crescente sostegno, politico, economico, securitario, militare ai vari governi israeliani contrari a una soluzione dei due stati e a favore della colonizzazione.
Emmanuel Macron è l’unico capo di Stato occidentale ad aver ricevuto Netanyahu dopo la sua elezione. I due presidenti, secondo il comunicato, “hanno espresso la loro volontà di ampliare la collaborazione strategica che lega i (loro) due paesi e di rafforzare la relazione bilaterale in ogni campo. Il capo dello Stato francese ha ribadito inoltre l’incrollabile attaccamento della Francia alla sicurezza di Israele”. È così che Macron spera di ammansire Netanyahu? Avrebbe dovuto prima parlare col suo predecessore Nicolas Sarkozy, che aveva inaugurato questa strategia diplomatica nella speranza di “influenzarlo”, ma che tirerà le somme dei suoi tentativi confidando, nel novembre 2011, in un colloquio privato col presidente Barack Obama: “Netanyahu non lo posso sopportare, è un bugiardo”4.
L’ipotesi più plausibile è che il presidente francese non stia cercando di influenzare Netanyahu né la politica israeliana, cosa che implicherebbe l’adozione di sanzioni per veder applicato il diritto internazionale. Quelle stesse sanzioni che la Francia adotta per far cessare l’occupazione russa in Ucraina, ma che si rifiuta di adottare per far cessare l’occupazione della Palestina che dura da più di mezzo secolo. E il governo francese, che non perde occasione per esaltare “i valori comuni” che lo legano a Israele, spinge la sua convergenza (e la viltà) fino al punto da perseguire l’avvocato e attivista per i diritti umani franco-palestinese Salah Hamouri rifugiato in Francia, cercando di impedirgli di far sentire la sua voce5. Cosa ne è dello spirito di Charlie Hebdo?
Macron è andato ancora oltre il suo predecessore adottando la propaganda israeliana nel tentativo di mettere a tacere le voci in difesa della Palestina. È stato il primo capo di Stato francese a identificare antisemitismo e antisionismo. Ha sostenuto inoltre una definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA)6, che, in realtà, intende tutelare Israele da qualsiasi critica e che è stata rifiutata sia dall’American Bar Association, un’associazione forense volontaria di avvocati, che dall’Appello di Gerusalemme firmato da centinaia di intellettuali e storici dell’Olocausto e dell’antisemitismo. Ha ripreso la criminalizzazione del movimento Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) che ha portato il suo ministro della Giustizia Éric Dupont-Moretti a pubblicare una circolare per eludere la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva confermato la legittimità delle azioni di BDS. Che ne è dello Stato di diritto? Macron ha denunciato il rapporto di Amnesty International sull’apartheid in Israele-Palestina. Ha fatto così della lotta contro l’antisemitismo un’arma di guerra non per difendere gli ebrei, ma per criminalizzare la solidarietà con il popolo palestinese.
Gli “antisemiti buoni”
D’altra arte, è opportuno associare il governo israeliano alla necessaria lotta contro l’antisemitismo? Tutti conoscono la compiacenza mostrata nei confronti del presidente americano Donald Trump e del suo entourage complottista o le strizzatine d’occhio di Netanyahu all’estrema destra europea, soprattutto quella dell’Europa orientale. È chiaro che, per loro, ci possono essere degli “antisemiti buoni”, quando difendono Israele.
In questo contesto, cosa può fare la Francia? Nel giugno 1967, nonostante una massiccia campagna di stampa a favore di Israele, il presidente Charles de Gaulle aveva condannato l’aggressione israeliana. In una famosa conferenza stampa del 27 novembre 1967, de Gaulle aveva riassunto così l’essenza del conflitto: “Oggi, Israele organizza, sui territori conquistati, un’occupazione che non può essere portata avanti senza oppressione, repressione, espulsioni... e c’è una resistenza che, a sua volta, viene definita terrorista”. De Gaulle aveva definito un linea politica che avrebbe orientato tutti i vari presidenti fino a Jacques Chirac, dando alla Francia un prestigio senza pari negli equilibri mediorientali. Certo i tempi sono cambiati, ma in peggio. Oggi la repressione è più forte, come anche la resistenza che alcuni continuano a chiamare “terrorista”. Cos’altro deve accadere per spingere Emmanuel Macron ad agire?
1“Israel’s Cabinet Just Advanced Full-fledged Apartheid in the West Bank”, Haaretz, 26 febbraio 2023.
2Tom Bateman, “Hawara West Bank: “What happened was horrific and barbaric”, BBC News, 27 febbraio 2023.
3Citato in Alain Gresh & Hélène Aldeguer, Un chant d’amour. Israël-Palestine, une histoire française, La Découverte, 2017.
4Ibid. https://www.lapresse.it/esteri/2011/11/08/sarkozy-a-obama-al-g20-non-sopporto-netanyahu-e-un-bugiardo/
5Benjamin Barthe, “La nouvelle vie sous surveillance de l’avocat franco-palestinien Salah Hamouri”, Le Monde, 3 marzo 2023.