Nel distretto di Bornova a Izmir, sulla costa egea, una cinquantina di persone circondate da striscioni e manifesti elettorali fanno la fila per comprare della carne sottocosto. Un anno fa, il comune ha aperto un piccolo spaccio dove ogni giorno si vende carne fresca con un prezzo del 30% in meno rispetto a quello dei supermercati. La fila richiede più di quattro ore, fino a quando non vengono esaurite le scorte di carne degli agricoltori locali. Un’iniziativa nata per aiutare i produttori e i consumatori colpiti dall’inflazione, che oggi ha superato il 50% secondo i dati ufficiali, una percentuale che in realtà, secondo gli economisti, è ben più alta.
Molti volontari di partito approfittano del tempo d’attesa dei clienti in coda per avvicinarsi, nella speranza di pescare qualche voto tra gli indecisi. Secondo i sondaggi, ci sarà una vittoria di misura che potrebbe avere ripercussioni sulla presidenza di Recep Tayyip Erdoğan, al potere da vent’anni. La crisi economica che il paese sta vivendo da quasi due anni e le critiche sulla gestione dell’emergenza del terribile terremoto che ha scosso il sud del paese a febbraio 2023, con oltre 55.000 morti, hanno intaccato la popolarità del capo dello Stato. Erdoğan potrebbe anche perdere la maggioranza in parlamento, pur essendo candidato con un’alleanza di partiti ultranazionalisti e islamisti. Secondo altri sondaggi, il suo principale avversario per la presidenza, il socialdemocratico Kemal Kılıçdaroğlu, sarebbe in vantaggio con una forbice tra il 2 e il 4%. Lo sfidante è sostenuto da una larga coalizione politica composta da forze di centro-sinistra, di destra e liberali, compresi degli ex alleati del presidente. Mai come ora, l’opposizione è stata così vicina alla vittoria elettorale.
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Negare l’inflazione
L’attuale presidente turco ha incentrato la sua campagna elettorale sui progressi tecnologici, in materia di infrastrutture e difesa che il paese ha conosciuto negli ultimi vent’anni sotto il suo governo. Erdoğan ha usato anche toni aggressivi nei confronti dell’opposizione, che “accusa” di essere pro-LGBTQI e di stringere alleanze con i gruppi terroristici. Il suo ministro degli interni, Süleyman Soylu, ha persino definito le elezioni come un “tentativo di colpo di stato” occidentale. Dal canto suo, l’opposizione ha optato per un campagna improntata all’apertura, attenta ai giovani e alle minoranze del paese. Kılıçdaroğlu considera Erdoğan responsabile dell’attuale situazione economica sulla base di semplici esempi della vita quotidiana, come l’aumento del prezzo dei prodotti di prima necessità, come le cipolle, che sono aumentate del 300% nell’ultimo anno, secondo i dati della Camera di commercio degli agricoltori. La serie di brevi video rilasciati quasi quotidianamente da Kılıçdaroğlu è subito diventata virale sui social, e fa da contrappeso ai media mainstream, che, in gran parte, sono nelle mani di società vicine al governo. I mezzi d’informazione ufficiali descrivono Kılıçdaroğlu come un golpista e un provocatore. Dal canto suo, Erdoğan continua a negare l’inflazione, sottolineando che la Turchia ha già superato i suoi problemi economici.
I cittadini, invece, sembrano divisi sulle cause dell’aumento dei prezzi. “Questa crisi ci porterà al collasso”, dice Nülifer Akçan, che voterà per il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) alle prossime elezioni. “Uno dei miei figli vive con me e paga l’affitto, io pago cibo e bollette grazie a lavoretti e alle pulizie. Ma la colpa di questa crisi non è di Erdoğan, è iniziata con la guerra in Ucraina. Ho un altro figlio che vive in Germania e ha gli stessi problemi”. A pochi metri di distanza, Ipek Kahraman è del parere opposto:
Prima, una banconota da 200 lire turche valeva un mucchio di soldi. Quando le ritiravi in banca, non c’era un solo negozio che le accettasse perché non aveva il resto. Oggi non puoi comprare nulla con quella banconota. È chiaro che c’è qualcosa che non va nel governo. Lavoro in un’azienda che importa fertilizzanti e i prezzi continuano a salire a causa della debolezza della nostra moneta. Questo non accade in altri paesi.
Aggiunge che non voterà per l’attuale presidente, ma preferisce non rilevare a chi darà la sua preferenza.
Secondo la maggior parte degli economisti, l’aumento dei prezzi è dovuto alle misure economiche poco ortodosse di Erdogan, che è intervenuto a più riprese presso la Banca centrale, provocando così grande sfiducia tra gli investitori. Il leader turco sta insistendo nel tagliare i tassi di interesse al di sotto dell’inflazione per rilanciare l’economia, un provvedimento che va contro le prassi normalmente adottate. I continui interventi della Banca centrale sul mercato dei cambi per mantenere artificialmente a galla la lira turca hanno finito per creare un sistema di doppio tasso di cambio, tipico di economie instabili come il Libano o il Venezuela. “Il governo ha reso la lira una valuta non più credibile, ormai è carta straccia”, accusa l’economista ed ex direttore della banca turca Yapi Kredi, Osman Cevdet Akçay. Secondo l’economista, i metodi macroeconomici tradizionali non servono, e la soluzione, in buona parte, consiste nel ripristinare la fiducia dei mercati. “Se per l’opposizione sarà difficile, per l’AKP sarà impossibile. Puoi invertire l’inflazione nel giro di due anni se convinci i mercati che la tua economia diventerà più stabile, qualunque sia il prezzo da pagare”, spiega. D’altra parte, Akçay dubita che la situazione economica possa avere ripercussioni sul voto degli elettori:
Se la persone pensano al loro portafoglio, non è affatto scontato che l’opposizione riesca a convincerli che riuscirà a governare meglio. Se un elettore dell’AKP perde il lavoro, pensa che con Erdoğan potrà sempre ritrovarlo, non con l’opposizione.
Una sfida elettorale molto serrata
Ulas Tol, capo del team di ricerca presso il Center for Research on Social Impact (TEAM), fa notare che l’attuale presidente è cresciuto nei sondaggi dopo il recente annuncio di una serie di promesse economiche, come il gas gratis alle famiglie per un anno o il pensionamento anticipato di migliaia di lavoratori. Ma la sua è una crescita relativa:
Erdoğan ha raggiunto il suo livello più basso di popolarità nel maggio 2022, sceso al 38% a causa della crisi economica. Da allora ha recuperato, ma i problemi restano enormi. Dal punto di vista elettorale, le sue misure populiste hanno rafforzato la percezione che se c’è qualcuno in grado di rimettere a posto le cose, quello è lui. Ma non riesce a andare oltre il 45%.
Secondo l’analista e co-fondatore dell’Istituto di ricerca IstanPol, Seren Sevil Korkmaz, il nuovo presidente vincerà con uno scarto di voti esiguo e saranno decisivi i voti degli elettori nelle grandi città:
È probabile che si verifichi una maggiore mobilità elettorale nelle aree metropolitane, poiché è lì che la crisi economica si è fatta sentire maggiormente. Rimane il fatto però che i consigli comunali delle grandi città sono nelle mani dell’opposizione. Di conseguenza è possibile che tanta gente pensi che l’opposizione non ha portato grandi cambiamenti, e che voti per la rielezione di Erdoğan.
Entrambi gli esperti concordano sul fatto che c’è una percentuale tra il 10 e il 15% di elettori indecisi, che non sono convinti né dalle proposte del governo né da quelle dell’opposizione. Una percentuale che si sta via via assottigliando con l’avvicinarsi delle elezioni. Tuttavia, secondo i sondaggi, né Erdoğan né Kılıçdaroğlu riuscirà a superare il 50% dei voti, e quindi saranno costretti ad affrontarsi al ballottaggio al secondo turno.
I 5,2 milioni di giovani chiamati per la prima volta al voto sono un elemento chiave di queste elezioni. “Rappresentano circa l’8% dell’elettorato. Sono più critici e hanno maggiori difficoltà ad accettare l’attuale governo. Ma ciò non vuol dire che sosterranno direttamente l’opposizione”, osserva Tol.
“Molti non si sentono rappresentati da alcun partito, ed è per questo che i dati oscillano nei sondaggi. Due o tre mesi fa, hanno sostenuto la candidatura presidenziale di Muharrem İnce (ex alleato di Kılıçdaroğlu). Da allora, c’è stato un crollo nei sondaggi e ora i suoi elettori sono orientati a votare per Kılıçdaroğlu”, spiega Korkmaz.
La candidatura di Kılıçdaroğlu può contare anche sull’appoggio della principale coalizione di sinistra, l’Alleanza del Lavoro e della Libertà (Emek ve Özgürlük İttifakı), guidata dal Partito Democratico dei Popoli (HDP), partito di sinistra filo-curdo, che oggi rappresenta la terza forza in Parlamento. L’HDP non ha presentato un suo candidato alla presidenza, e ha invitato i suoi elettori a votare per il rivale di Erdoğan. Al momento, sono in corso procedimenti giudiziari che potrebbero portare allo scioglimento del partito, a causa dei suoi presunti legami con il terrorismo. È per questo che si presenta alle elezioni con il nome di Partito della Sinistra Verde (Yeşil Sol Parti, YSP).
Il partito curdo porta in dote un pacchetto di voti che si aggira intorno all’11% e il suo sostegno a Kılıçdaroğlu potrebbe essere cruciale. Nei giorni scorsi, migliaia di curdi hanno accolto Kılıçdaroğlu nelle loro città, colpite per anni dalla repressione in strada del governo, dall’arresto dei sindaci e dalle sofferenze dovute alla crisi economica. Kılıçdaroğlu è riuscito a mobilitare gli elettori mettendo insieme ideologie molto diverse. Nei suoi comizi politici, si possono trovare persone che mostrano con la mano il simbolo degli ultranazionalisti turchi, altri quella della sinistra curda, e altri ancora che formano un cuore con le mani, l’immagine di un elettorato che spera nella vittoria di Kılıçdaroğlu.
Sotto stretta sorveglianza della polizia
Come nelle precedenti elezioni, le autorità hanno condotto operazioni di polizia contro la sinistra filo-curda prima delle elezioni. Sono almeno 300 gli arresti solo nel mese di aprile, per lo più giornalisti o candidati dell’Alleanza per il Lavoro e la Libertà. “Perché ci siano elezioni giuste e libere, tutti i partiti devono avere le stesse opportunità in questa tornata elettorale”, ha dichiarato Oya Özarslan, la presidente per la Turchia di Transparency International, una ONG internazionale che lotta contro la corruzione. “Eppure, a pochi giorni dalle elezioni, assistiamo ancora a centinaia di arresti, oltre al fatto che potrebbero esserci irregolarità il giorno del voto nei confronti del Partito Democratico dei Popoli (HDP), che, dopo aver cambiato nome, ha perso il diritto di essere osservatore elettorale”, avverte.
La presidente di Transparency International critica anche l’uso indebito da parte del governo dell’AKP delle risorse statali per la campagna elettorale, che mostra l’assenza di par condicio tra i partiti. “Non c’è un accesso equo ai mezzi d’informazione nella campagna elettorale. Inoltre, il governo non ha remore a utilizzare le risorse pubbliche a proprio vantaggio, come quando organizza un evento, invitando i giornalisti come Stato, e invece fa campagna elettorale”.
In più, c’è un altro problema legato a queste elezioni: il voto di milioni di persone colpite dal terremoto. Circa tre milioni di persone hanno abbandonato le aree colpite per trasferirsi in altre province del paese, ma ad oggi sono solo 133.000 quelli che si sono registrati nelle liste elettorali. Il resto, circa un milione di elettori, dovrà tornare a votare nelle regioni colpite dal terremoto. Özarslan si dice preoccupata:
C’è una serie di ostacoli che impedisce il ritorno in regione. Parliamo di persone che hanno perso tutto e devono pagarsi il viaggio da soli. Dovranno andare in autobus o con mezzi propri. Lo Stato non sta facendo nulla per aiutarli a votare.
Molte Ong che si occupano della trasparenza delle elezioni hanno lanciato una campagna di solidarietà per acquistare i biglietti dell’autobus per le vittime del terremoto. I principali partiti di opposizione hanno anche noleggiato decine di pullman per aiutare le vittime e i giovani in situazioni precarie a recarsi alle urne per votare, nella speranza di ribaltare il risultato elettorale.