Analisi

Iran. Le opposizioni divise alla ricerca di una strategia

Una coalizione formata dalla diaspora sta cercando di farsi portavoce del movimento che va avanti in Iran da cinque mesi. Ma la presenza tra le sue fila di Reza Pahlavi, figlio dello scià, non è condivisa da tutti. Tanto più che all’interno del Paese una ventina di organizzazioni sociali e civili indipendenti ha pubblicato una carta che rivendica “una rivoluzione sociale, moderna e umana”.

Manifestazione al Lincoln Memorial di Washington l’11 febbraio 2023 per denunciare il governo iraniano ed esprimere sostegno ai manifestanti contro il governo in ​​Iran, in occasione del 44° anniversario della Rivoluzione Islamica.
Roman Schmidt/AFP

A cinque mesi dall’inizio del movimento di protesta provocato dalla morte di Mahsa Amini, per il regime iraniano non sarà una sfida facile uscire dalla grave crisi che sta attraversando, soprattutto per l’incapacità di elaborare un processo di riforme che vada incontro alle rivendicazioni sociali e socioculturali della popolazione. Anche se la linea guida dei conservatori al potere resta la strategia repressiva, il movimento può già vantare degli innegabili risultati. L’obbligo del velo, ad esempio, è stato pressoché abbandonato non solo nei quartieri alti delle grandi città, ma anche nelle periferie popolari e nelle campagne. Le donne prendono i mezzi pubblici, camminano per le strade, nei mercati e nei cinema senza velo, e non circolano ormai più i furgoni della polizia morale che prima seguivano le donne che non indossavano il velo nel modo corretto.

Durante i movimenti di protesta del 2017 e del 2019 contro l’aumento del prezzo del gas o la mancanza d’acqua, l’unica risposta era stata la repressione, con 1.500 manifestanti uccisi nel 2019. Questa volta, dopo la morte di oltre 520 persone durante le manifestazioni e più di 18.000 arresti, la Guida Suprema ha chiesto il rilascio dei prigionieri arrestati negli ultimi cinque mesi. E mentre i giovani manifestanti particolarmente determinati chiedono di rovesciare il regime, il presidente Ebrahim Raisi ha presentato delle proposte, con l’“approvazione” dell’Ayatollah Ali Khamenei, per attirare nel Paese gli iraniani dall’estero.

Visita a Pechino

Alla luce di ciò, il 14 febbraio 2022 il presidente cinese Xi Jinping ha accolto Ebrahim Raisi a Pechino. Al di là della “solidarietà” mostrata dal leader cinese nei confronti del suo omologo iraniano, che riguardava più i forti legami tra le due nazioni che le difficoltà mostrate da un regime di Teheran con le spalle al muro, Cina e Iran considerano l’unilateralismo e le misure “violente” come le sanzioni “ingiuste” le principali cause di crisi nel mondo. Almeno da quanto scrive Raisi in un articolo pubblicato pochi giorni prima della sua visita a Pechino su Il Quotidiano del popolo, organo ufficiale del Partito Comunista Cinese. Nel 2021, i due Paesi hanno firmato un “patto di cooperazione strategica” per 25 anni, presentato da Mohamad Ali Khatibi, ex rappresentante dell’Iran presso l’Organizzazione dei paesi produttori di petrolio (OPEC) come “un reciproco vantaggio”. La Cina e l’Iran hanno infatti interessi economici comuni, con l’Iran che vende il suo petrolio alla Cina e quest’ultima che ama ben poco le sanzioni. Il viaggio è stato presentato da Teheran come un sostegno che potrebbe dare la possibilità al regime di uscire dall’impasse economico-politica in cui si trova, nel tentativo di recuperare la propria immagine.

Una coalizione sponsorizzata dagli Stati Uniti

L’11 febbraio 2023, centinaia di migliaia di manifestanti hanno celebrato in 1.400 città iraniane l’anniversario della Rivoluzione del 1979, mostrando il sostegno al regime di una parte della popolazione, ma anche l’organizzazione strutturata di cui dispone. Senza alcuna apertura politica, gli slogan hanno ripreso la retorica di condanna del movimento, nella convinzione che i manifestanti siano manipolati dagli Stati Uniti.

Il giorno prima, in occasione del 44° anniversario della Rivoluzione, era stato segnato dalla dichiarazione rilasciata alla Georgetown University di Washington da otto personalità, tra cui le attrici Golshifteh Farahani e Nazanin Boniadi, Reza Pahlavi figlio dell’ultimo scià, Masih Alinejad, attivista e giornalista di Voice of America, Shirin Ebadi premio Nobel per la pace nonché Abdulah Mohtadi, leader del movimento “marxista” Komala del Kurdistan iraniano, il calciatore Ali Karimi e Hamed Esmaeilion, dell’associazione dei familiari delle vittime del volo PS75 (un volo della Ukraine International Airlines abbattuto per errore dalla difesa aerea delle Guardie rivoluzionarie l’8 gennaio 2020, qualche giorno dopo l’omicidio del generale iraniano Qassem Soleimani avvenuto in Iraq il 2 gennaio 2020 ad opera di un drone americano). Le otto personalità hanno annunciato la nascita di una coalizione per elaborare una carta che organizzi una transizione verso un sistema pluralista con libere elezioni. Una dichiarazione sostenuta l’indomani da imponenti manifestazioni della diaspora in diversi paesi occidentali, con 180.000 persone a Los Angeles e circa 6.000 a Parigi. Il 20 febbraio, migliaia di iraniani si sono inoltre riuniti in una manifestazione sostenuta e organizzata dalla “coalizione” a Bruxelles per chiedere agli Stati europei di riconoscere le Guardie rivoluzionarie come organizzazione terroristica – cosa che aveva già fatto Donald Trump nel 2018 – oltre ad un’applicazione più severa delle sanzioni.

Proteste per la presenza di Reza Pahlavi

La coalizione ha il merito di porre apertamente la questione sugli sviluppi da dare a un movimento di protesta finora inedito in Iran. Ci sono voci però che mettono in dubbio la legittimità di un movimento sostenuto apertamente dall’amministrazione americana, giudicata inadatta alle aspirazioni di una protesta che punta alla dignità e al rispetto dei diritti umani, non essendo gli USA nella posizione di difendere tali diritti. L’attaccamento alla Repubblica, alla libertà, al diritto di parola, allo spirito di protesta resta ancora per una parte degli iraniani l’eredità della Rivoluzione del 1979. E soprattutto, Reza Pahlavi, che non ha mai criticato le torture e le esecuzioni sotto il regno di suo padre, fatica a creare un ampio consenso. Tuttavia, una parte della diaspora e della popolazione del Paese ritiene che questa coalizione sia al momento l’unica alternativa realmente in grado di rovesciare il regime della Repubblica islamica.

Tra l’altro, il 5 febbraio è intervenuto anche Mir-Hosein Musavi, ex primo ministro (1981-1989) agli arresti domiciliari dal 2011: “Non possiamo più riformare il regime dall’interno. Il livello di corruzione sistematica è troppo elevato, non c’è più alcuna possibilità di riforma”. Mohammad Khatami, leader dei riformatori ed ex presidente della Repubblica (1997-2005) auspica dal canto suo che il ricorso a “metodi civili non violenti” possa “costringere lo Stato a un cambio di passo e ad avviare le riforme”.

Una carta ispirata ai movimenti sociali di protesta

Infine, il 14 febbraio, è stata pubblicata sui social una carta di rivendicazioni firmata da una ventina di organizzazioni sindacali e civili indipendenti con sede in Iran. La carta rappresenta un’alternativa alla coalizione delle otto personalità della diaspora e reclama l’immediata liberazione dei prigionieri politici, la cancellazione immediata dell’emissione e applicazione di qualsiasi tipo di pena di morte, ma anche il rispetto del diritto del lavoro, dei diritti delle donne, il controllo popolare delle istituzioni e il diritto alla salute e all’istruzione (cfr. riquadro in basso). Una carta non in opposizione, ma in continuità con la Rivoluzione del 1979:

Dopo le due grandi rivoluzioni della storia contemporanea dell’Iran (la rivoluzione costituzionale del 1905 e quella contro la dittatura di Mohamad Reza Pahlavi del 1979), oggi i principali movimenti sociali – il movimento operaio, il movimento degli insegnanti e dei pensionati, il movimento per la parità delle donne, il movimento degli studenti e dei giovani, il movimento contro la pena di morte – sottolineano l’importanza della partecipazione di massa e dal basso, di tutti coloro che hanno avuto un’influenza storica e decisiva nella formazione della struttura politica, economica e sociale del Paese. L’attuale movimento di protesta mira a porre fine per sempre alla formazione di qualsiasi potere dall’alto e di essere l’inizio di una rivoluzione sociale, moderna e umana per liberare il popolo da ogni forma di oppressione, discriminazione, sfruttamento, tirannia e dittatura.

Data la natura clandestina del loro operato, i rappresentanti e la struttura organizzativa di queste associazioni e sindacati con sede in Iran non sono ancora ben noti. I loro comunicati stampa vengono perciò pubblicati sui canali social.

Quale sarà l’esito del movimento sociale iraniano, guidato principalmente da donne e giovani? Sembra poco probabile che la diaspora filo-occidentale possa prendere la leadership. Come sembra poco probabile che il governo possa cambiare linea politica, ponendo fine alla corruzione e avviando un vero cambiamento democratico in grado di realizzare le riforme strutturali. Resta da capire se, dall’interno del Paese, i movimenti di protesta riusciranno a organizzarsi e a trovare delle convergenze in grado di superare il regime con il sostegno popolare e malgrado la repressione. Il processo di cambiamento democratico in Iran ha ancora bisogno di tempo per organizzarsi e svilupparsi, sempre che un intervento dall’esterno (militare o politico) non lo impedisca.

Martedì 21 febbraio 2023, Benyamin Netanyahu ha accennato all’inevitabilità di un attacco militare contro l’Iran, mentre il 19 febbraio l’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha confermato che Israele “può fare tutto ciò che serve” contro l’Iran “e può contare sul nostro appoggio”. Non è da escludere anche un intervento in ambito Nato per contrastare gli “aiuti militari iraniani” alla Russia. Interventi militari che però sarebbero disastrosi per la regione, per la pace e soprattutto per la lotta del popolo iraniano unito sotto lo slogan “Donna, vita e libertà”.

Carta delle dodici rivendicazioni minime delle organizzazioni sindacali e civili indipendenti d’Iran

1 – Rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici, divieto di criminalizzazione delle attività politiche, sindacali e civili, e un pubblico processo per i mandanti e i responsabili della repressione delle proteste popolari;

2 - Libertà incondizionata di opinione, espressione, pensiero, stampa, partecipazione politica, libera attività di sindacati locali e nazionali e di organizzazioni popolari, libertà di associazione, sciopero, riunione e di accesso ai social network e ai media audiovisivi;

3 - Annullamento immediato dell’emissione e dell’esecuzione di qualsiasi tipo di pena di morte, esecuzione, punizione e divieto di qualsiasi tipo di tortura mentale e fisica.

4 – Riconoscimento immediato della piena uguaglianza di diritti tra donne e uomini in tutti gli ambiti politici, economici, sociali, culturali e familiari. Abolizione immediata di tutte le leggi e forme discriminatorie contro le relazioni e tendenze sessuali e di genere, riconoscimento della comunità LGBTQ+. Depenalizzazione di tutte le relazioni e tendenze di genere e rispetto incondizionato per tutti i diritti delle donne sul proprio corpo e il proprio destino, divieto del controllo patriarcale;

5 - Non ingerenza della religione nelle leggi politiche, economiche, sociali e culturali: la religione rappresenta una questione privata dei cittadini;

6 - Garantire la sicurezza sul lavoro, la sicurezza del posto di lavoro e l’aumento immediato delle retribuzioni degli operai, degli insegnanti, dei dipendenti pubblici e di tutti i lavoratori attivi e dei pensionati, attraverso la presenza, l’intervento e il consenso di rappresentanti eletti delle organizzazioni indipendenti e nazionali;

7 - Abolizione delle leggi basate sulla discriminazione, sull’oppressione nazionale e religiosa, creazione di istituzioni di supporto ed equa e giusta distribuzione delle risorse pubbliche per il progresso culturale e artistico in tutte le regioni del Paese, attuazione dei mezzi necessari e uguali per tutti per l’apprendimento e l’insegnamento di tutte le lingue esistenti nel Paese;

8 - Abolizione degli organi di repressione, limitazione dei poteri del governo e coinvolgimento diretto e permanente del popolo nell’amministrazione degli affari del Paese attraverso i consigli distrettuali e nazionali. Rimozione dall’incarico di qualsiasi funzionario governativo o non governativo in qualsiasi momento, in quanto diritto fondamentale di ogni elettore;

9 - Confisca dei patrimoni di tutte le persone fisiche o giuridiche, enti statali, parastatali e privati che, direttamente o mediante rendita governativa, sottraggono i beni e la ricchezza sociale del popolo iraniano. L’ammontare delle confische deve essere utilizzato immediatamente per l’ammodernamento e la ricostruzione dell’istruzione nazionale, dei fondi pensione, dell’ambiente e dei bisogni delle regioni del popolo iraniano emarginate e con meno possibilità economiche e lavorative durante i due regimi della Repubblica Islamica e della monarchia;

10 – Porre fine alla distruzione ambientale, all’applicazione di politiche radicali per la ricostruzione dell’ecosistema distrutto per un secolo e nazionalizzazione di tutte le parti della natura che sono state privatizzate, compresi i pascoli, le spiagge, le foreste e le montagne;

11 - Divieto del lavoro minorile e garanzia di vita e istruzione ai minori, indipendentemente dal loro stato economico, sociale e di famiglia. Creazione di un sistema previdenziale e di un’indennità di disoccupazione per tutte le persone in grado di lavorare o meno. Istruzione gratuita e sistema sanitario per tutte e tutti;

12 - Normalizzazione delle relazioni estere ai massimi livelli con tutti i Paesi del mondo, sulla base di relazioni eque e del rispetto reciproco. Divieto di acquisto di armi atomiche e impegno per una pace mondiale.

Firmatari

➞ Consiglio di coordinamento delle organizzazioni sindacali degli insegnanti iraniani
➞ Unione libera dei lavoratori iraniani
➞ Unione delle organizzazioni studentesche degli studenti uniti
➞ Centro per i difensori dei diritti umani
➞ Sindacato dei lavoratori della canna da zucchero di Haft Tappeh
➞ Consiglio per l’organizzazione delle proteste dei lavoratori a contratto petrolifero
➞ Casa della Cultura dell’Iran
➞ Il risveglio
➞ Il richiamo delle donne iraniane
➞ La voce indipendente dei lavoratori del gruppo siderurgico nazionale Ahvaz
➞ Centro per i difensori dei diritti dei lavoratori
➞ Unione dei lavoratori elettrici e metallurgici di Kermanshah
➞ Comitato di coordinamento per aiutare a costruire organizzazioni sindacali
➞ Unione dei pensionati
➞ Consiglio dei pensionati dell’Iran
➞ Organizzazione di studenti progressisti
➞ Consiglio degli studenti di libero pensiero dell’Iran
➞ Sindacato dei pittori della provincia di Alborz
➞ Comitato per seguire la creazione di organizzazioni sindacali in Iran
➞ Consiglio dei pensionati dell’organizzazione della sicurezza sociale (BASTA)

Fonte: Carta in lingua persiana pubblicata sui canali Telegram dal Consiglio di coordinamento delle organizzazioni sindacali degli/lle insegnanti dell’Iran.