Da Gaza al Maghreb

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Sono quasi otto mesi che la Striscia di Gaza si trova coinvolta in una guerra coloniale, che si svolge a porte chiuse, visto il divieto israeliano per i giornalisti di entrare all’interno dell’enclave. Dopo questi otto mesi, i 2,3 milioni di abitanti di Gaza si trovano a vivere un genocidio tra bombardamenti, carestia, continue evacuazioni e la quasi totale distruzione delle infrastrutture vitali di questo piccolo territorio.

Nonostante tutti i crimini, le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia e gli avvertimenti della Corte Penale Internazionale, il diritto internazionale e le sue istituzioni vengono calpestate. E l’unica risposta di Israele e degli Stati Uniti è quella di bollare le decisioni con accuse di illegittimità – o addirittura di antisemitismo! Di rado la questione è stata così strumentalizzata, con dei pompieri che giocano a fare gli incendiari, sostenendo di combattere l’antisemitismo, ma che in realtà difendono solo il diritto di Israele a portare a termine un genocidio.

Se la situazione palestinese è sotto i riflettori dal 7 ottobre, anche il resto della regione sta attraversando un periodo cruciale. Nei paesi limitrofi, l’operazione israeliana ha aggravato la situazione, innescando una polveriera, come ci ricordano lo scenario nel sud del Libano e la risposta iraniana del 1° aprile. Le libertà, compresa quella di stampa, arretrano registrando passi indietro nel Maghreb, dove è caduto ogni tabù rispetto agli atteggiamenti di razzismo e xenofobia nei confronti dei profughi subsahariani. L’Egitto si muove sempre sul doppio binario della repressione e dell’austerità economica. Per quanto riguarda il Sudan in guerra rappresenta ancora una volta un paese dimenticato.

Di fronte a questo scenario, Orient XXI rappresenta un caso a parte perché dà voce ai paesi del Sud, più che mai visti nell’ambito di uno scontro di civiltà contro i barbari, uno scontro tra l’Occidente e il resto del mondo. È necessario contrastare il rischio di un crescente divario tra questi due mondi, malgrado la terribile ascesa della retorica nazionalista e identitaria.

Noi abbiamo dato voce ai palestinesi e alle palestinesi. Nel suo “Diario da Gaza”, iniziato il 28 febbraio scorso sul nostro sito, il nostro corrispondente a Rafah Rami Abu Jamous racconta le insostenibili sofferenze quotidiane degli abitanti di Gaza e il loro esodo da una città all’altra, nell’attesa di un cessate il fuoco che tarda ad arrivare.

Vogliamo però anche dare ai nostri lettori e alle nostre lettrici gli strumenti per collocare il destino di questa popolazione in una prospettiva storica; ma anche per capire le ripercussioni del 7 ottobre sulla regione, e sull’ordine internazionale che rischia di stravolgere. Una guerra che ha giocato un ruolo in Europa nella crescente diffusione di una propaganda all’insegna dell’islamofobia e del colonialismo, ma anche nell’amnesia ipocrita sul DNA antisemita dell’estrema destra, a testimonianza dell’egemonia culturale che questo movimento è riuscito a imporre.

Infine, un odio non deve farci dimenticare un altro, perché siamo costantemente impegnati a documentare la sorte dei profughi subsahariani e il violento razzismo – sia a livello di governo che di popolazione – nei loro confronti, soprattutto in Tunisia, dove l’ultimo baluardo delle rivoluzioni arabe del 2011 sta crollando sotto i nostri occhi. Il tutto con la benedizione della Fortezza Europa, senza troppi scrupoli nel sostenere un regime autoritario, pur di impedire ai migranti di attraversare il Mediterraneo.

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