
Mentre in Italia e nell’Unione Europea si discute sulla classificazione dell’Egitto come paese “sicuro” in relazione ai centri per migranti in Albania e alle procedure accelerate per la richiesta di asilo, nel Paese nordafricano migliaia di persone sono ancora detenute per motivi politici. Altre centinaia, come lo studente Ahmed Hasan Mustafa, di cui la famiglia cerca le tracce da oltre cinque anni, sono state arrestate dalle forze di sicurezza e fatte sparire nel nulla. Solo quelle detenute nell’ambito di manifestazioni in solidarietà con la Palestina da ottobre 2023 sono oltre 100, ha reso noto l’ong Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR)1 Inoltre, il parlamento sta discutendo una controversa riforma del Codice penale che minaccia di istituzionalizzare ulteriormente gli abusi, già frequenti all’interno del sistema giudiziario, rafforzando il ruolo delle agenzie di sicurezza e della procura.
“Se all’Europa interessa davvero la stabilità, e la riduzione del numero di persone immigrate, dovrebbe assicurarsi che standard minimi di integrità, diritti e sicurezza per le persone siano effettivamente garantiti nel Paese” osserva da Londra l’attivista egiziano Moataz El Fegiery, presidente dell’ong Egyptian Forum for Human Rights (EFHR) e vicepresidente di Euromed Rights. Non c’è nessuna volontà politica di fare pressione sull’Egitto perché garantisca un maggiore rispetto dei diritti umani, e le cose sembrano destinate a peggiorare con la vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi. “Trump farà affidamento sull’Egitto per le sue scelte strategiche nella regione – osserva El Fegiery – Non credo che presterà attenzione ai diritti umani, e questo scoraggerà anche l’Europa dal fare qualsiasi cosa”.
Gli Usa e i “progressi” nelle carceri egiziane
D’altra parte, anche l’amministrazione Biden non ha dato prova di grande interesse per la situazione dei diritti umani in Egitto, e a settembre ha sbloccato un miliardo e 300mila dollari di aiuti militari al Cairo, rinunciando a vincolarne almeno una parte, come accadeva in precedenza, al rilascio di prigionieri politici. Secondo l’agenzia Reuters2, un portavoce del segretario di Stato uscente Anthony Blinken ha presentato la decisione come “molto importante per promuovere la pace regionale e il contributo specifico e continuo dell’Egitto alle priorità di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, in particolare per finalizzare un accordo di cessate il fuoco a Gaza”.
Altri 95 milioni di dollari di aiuti sono stati specificamente legati alla dimostrazione di progressi nel rilascio dei prigionieri politici. L’amministrazione Biden ha stabilito che l’Egitto ha compiuto progressi sufficienti per concedere questi fondi, secondo un portavoce del dipartimento di Stato.
Dichiarazioni come queste, che sottolineano presunti miglioramenti dell’Egitto nell’ambito dei diritti umani, destano perplessità. Se è vero che nel periodo compreso tra settembre 2023 e settembre scorso sono stati scarcerati quasi un migliaio di prigionieri politici, analisti del Centre for Middle East Democracy stimano che nel frattempo oltre 22783 persone siano state arrestate arbitrariamente. Nonostante il fatto che, se approvato, il nuovo codice di procedura penale ridurrà i limiti di tempo per la custodia cautelare, esperti delle Nazioni unite notano4 che continua “a consentire una detenzione preventiva prolungata” . Inoltre, non affronta “la pratica documentata della ’rotazione dei casi’ o del ’riciclaggio dei casi’ in Egitto, in base alla quale i pubblici ministeri aggiungono gli imputati a più casi con accuse quasi identiche, al fine di riavviare l’orologio della custodia cautelare".
Ue, aiuti all’Egitto senza condizioni
Da parte sua, l’Ue ha stabilito a marzo che fornirà al Cairo linee di credito da 5 miliardi di euro entro il 2027, suscitando indignazione tra attivisti e oppositori di al-Sisi, che hanno sottolineato come l’accordo per il primo miliardo di stanziamenti sia stato approvato5 senza che l’aiuto fosse subordinato a impegni chiari sui diritti umani.
L’organizzazione Cairo Institute for Human Rights (CIHRS) ha sottolineato una possibile correlazione tra alcuni abusi di potere in Egitto e la firma del nuovo partenariato strategico con l’Ue per il 2024: “l’impegno di un corposo sostegno finanziario, nonostante l’insufficiente attenzione al deterioramento della situazione dei diritti umani e alla crescente repressione in Egitto – scrivono dal Cihrs - sembra dare al regime il via libera per continuare la repressione degli oppositori”. La nota6 dell’associazione faceva riferimento al caso dell’avvocata Hoda Abdelmonem, detenuta da sei anni sulla base di accuse per terrorismo considerate pretestuose, e rinnovate subito dopo la scadenza della condanna precedente attraverso una pratica di “riciclaggio” delle accuse ben nota agli attivisti egiziani.
Dopo gli accordi di partenariato a livello europeo, l’Italia e l’Irlanda, hanno classificato l’Egitto come “Paese sicuro”, rendendo più semplici le pratiche per il rimpatrio degli immigrati egiziani.
Rimandati “al sicuro”
All’inizio della scorsa estate, 41 associazioni per i diritti umani hanno diffuso un comunicato7 per chiedere al governo della premier italiana Giorgia Meloni di rendere pubblici i criteri seguiti nella decisione di inserire l’Egitto nella lista dei “paesi sicuri” ai fini del rimpatrio di persone migranti. Per gli stati così classificati, infatti, il procedimento di valutazione delle richieste d’asilo segue un iter accelerato, riducendo i tempi a disposizione dei richiedenti per presentare la documentazione necessaria a dimostrare il rischio di persecuzione o gravi minacce alla propria incolumità nel Paese di origine. Questo è particolarmente problematico per Paesi come l’Egitto, sottolinea l’ong italo-Egiziana Egyptwide, perché, soprattutto nel caso di attivisti e oppositori, le autorità egiziane spesso “si rendono negligenti nel rilascio dei documenti ai propri cittadini che presentano domanda di protezione internazionale, come forma di punizione”8.
Uno dei cittadini egiziani trasferiti lo scorso ottobre dalla Guardia costiera italiana nei nuovi centri di detenzione amministrativa costruiti in Albania dal governo Meloni per esternalizzare le procedure d’asilo era, secondo diverse fonti, un giovane egiziano fuggito attraverso la Libia per non aver prestato il servizio militare obbligatorio. “In caso di rimpatrio o riammissione – ha allertato Egyptwide - avrebbe rischiato di essere detenuto in condizioni disumane, e verosimilmente sottoposto a trattamenti crudeli, inumani, e degradanti, che tuttora restano prassi nelle carceri egiziane”. Un altro degli egiziani deportati in Albania, ha raccontato più recentemente a una deputata italiana di essere in fuga da persecuzioni della polizia egiziana.
“Penso che adesso, a poca distanza dalla Revisione periodica universale delle Nazioni Unite sui diritti umani, ci sia un’opportunità – commenta ancora Moataz El Fegiery – i paesi Europei dovrebbero approfittare di questo momento per sollevare domande al governo Egiziano”. “Servirebbe un processo di riconciliazione – conclude - Dovrebbero essere adottate misure di fiducia affinché le persone possano tornare e vivere e lavorare in Egitto in sicurezza".
Repressione senza confini
La prima volta che Orient XXI ha incontrato El Fegiery,lo scorso ottobre, l’attivista era alla presentazione di un libro e di un breve documentario sulle pratiche di repressione del dissenso che l’Egitto arriva ad attuare al di fuori dei suoi confini. L’incontro si svolgeva nell’ambito del festival “Sabir” a Roma.
“La repressione transnazionale può sembrare un fenomeno marginale rispetto alla situazione dei diritti umani in Egitto. In realtà credo che potenzialmente riguardi tutti gli egiziani che vivono all’estero” aveva detto in quell’occasione Mahmoud Elenany, autore del documentario “Wherever they go” (Dovunque vadano). Il cortometraggio raccoglie testimonianze di esuli egiziani attivi in associazioni o movimenti, ma non c’è bisogno di essere tra questi, secondo Elenany, per esporsi al rischio di censura e ritorsioni da parte delle cancellerie di al-Sisi. Basta una semplice pubblicazione online: "nessun egiziano all’estero si sente al sicuro a condividere un’opinione su un social media. Se ’qualcuno’ vede il post sbagliato, potrebbe colpire la tua famiglia al posto tuo, dal momento che tu vivi fuori dal Paese” è il senso delle parole di Elenany, intervistato da Orient XXI.
Quella a cui fa riferimento il regista è una strategia che viene definita «punizione per procura» dall’ong Forum Egiziano per i diritti Umani (Efhr) nel suo rapporto “Transnational Repression: Targeting Egyptian Human Rights Defenders Abroad” (Repressione transnazionale: sorvegliare i difensori dei diritti umani egiziani all’estero”).
“Per i regimi – si legge nello studio - si tratta di un modo più economico di fare pressione sui difensori [dei diritti umani, ndr], rispetto al colpirli all’estero”. Per esempio, tra le dieci testimonianze raccolte da Efhr9, alcune parlano di padri arrestati per ritorsione contro le figlie impegnate politicamente in Europa, altre, di dipendenti pubblici licenziati per punire le attività politiche dei loro fratelli espatriati. “C’è stato il caso, l’anno scorso, in Italia - racconta a Orient XXI l’attivista di Efhr Samar Elhosseiny – di un attivista che era venuto a Roma per una missione di advocacy sui diritti umani ed era ospite in hotel. Quando è ritornato in albergo dopo un convegno, si è reso conto che la sua stanza era stata perquisita, tutti i suoi oggetti erano stati ispezionati e, contemporaneamente, aveva ricevuto dai suoi familiari una chiamata in cui gli avevano detto che la National Security Agency egiziana era andata a casa sua in Egitto, dicendo che i due eventi erano connessi e che doveva smettere di fare qualsiasi cosa stesse facendo in Italia”.
Nel Regno Unito, dalle manifestazioni #FreeAlaa alle conferenze sugli investimenti
Tra tutti i detenuti politici del regime egiziano, il più famoso ed emblematico, il cittadino anglo-egiziano Alaa Abd El-Fattah, è ancora in carcere nonostante i termini della sua pena, dettata da accuse pretestuose per “diffusione di false notizie” siano scaduti da fine settembre.
Nel Regno Unito, che da quest’estate è governato dal partito laburista, una certa delusione è emersa da parte dei difensori dei diritti umani egiziani nei confronti del nuovo ministro degli Esteri David Lammy. Mentre era all’opposizione, quest’ultimo si faceva fotografare alle manifestazioni per Alaa Abd El-Fattah, ma il cambio di esecutivo, a luglio, non ha determinato l’accelerazione sperata nelle pressioni del governo britannico per chiedere la scarcerazione dell’attivista. Quest’ultimo, secondo dichiarazioni della famiglia, non ha intenzione di guidare l’opposizione egiziana dall’estero, ma piuttosto di occuparsi del figlio adolescente, Khaled, affetto da una forma di autismo.
Per quasi tutti i tredici anni di vita di Khaled, Alaa Abd El Fattah, forse il volto più noto delle proteste di piazza Tahrir del 2011, è stato in carcere.
Sua madre, la matematica Leila Soueif, 68 anni, è da oltre un mese e mezzo in sciopero della fame per chiederne la liberazione. Dal 9 novembre, amici e attivisti hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta10 per sostenerla. Secondo una notizia ripresa dall’avvocata per i diritti umani Mahienour al-Masry, Soueif avrebbe già perso almeno 15 kg, raggiungendo livelli pericolosamente bassi di glicemia. «Continuerò a farlo finché Alaa non sarà libero o sarò portata in ospedale in condizioni terribili» ha detto Soueif il mese scorso, parlando del suo sciopero della fame in un’intervista11 alla BBC: «La sua vita è stata in sospeso per undici anni. Non può andare avanti così».
1https://eipr.org/en/press/2024/11/state-security-prosecution-releases-man-accused-solidarity-palestine-eipr-calls-ending
2https://www.reuters.com/world/biden-administration-grants-egypt-13-billion-military-aid-despite-rights-2024-09-11/
4https://www.madamasr.com/en/2024/11/13/news/u/un-human-rights-experts-raise-concerns-about-egypts-criminal-procedures-bill-in-letter-to-govt/
5https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2024/04/12/council-adopts-1-billion-macro-financial-assistance-to-egypt/
6https://cihrs.org/call-for-the-immediate-release-of-hoda-abdelmonem-and-dropping-of-fabricated-charges/?lang=en
7https://www.amnesty.it/litalia-riveda-la-decisione-di-classificare-legitto-come-paese-di-origine-sicuro/