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Continuare a crederci

La mancanza di speranza è ancora il segno distintivo dei popoli sottoposti a regimi autoritari. Ma sono i popoli, ancora una volta, a stupire con la loro immediata resilienza. Migliaia di Palestinesi hanno contestato invano l’escamotage elaborato dal presidente Mahmoud Abbas per evitare di organizzare le elezioni in questo mese di maggio. Sostenere che tali elezioni non siano fattibili con il pretesto che Israele non voglia che si tengano a Gerusalemme pare una mezza bugia. Tuttavia, il 93% dei Palestinesi si era iscritto alle liste elettorali nel giro di qualche settimana, fortemente deciso a rilanciare un processo democratico fermo da 15 anni. A Gaza la vita riprende il suo corso in mezzo alle rovine: i palazzi distrutti da Israele cominciano a essere rimossi, le strade a essere pulite, e le barche da pesca ripartono in mare.

Come se nulla fosse, il regime siriano ha appena organizzato delle elezioni presidenziali di fronte a una comunità internazionale impotente e probabilmente convinta che un regime “stabile” fosse preferibile a un’avventura democratica. Gli ultimi avvenimenti di Ceuta, dove migliaia di Marocchini disperati hanno tentato di passare il confine con l’Europa, dimostrano che intere popolazioni cercano di fuggire dal loro paese. Rivelano anche che i governi sfruttano, o addirittura favoriscono questi movimenti migratori per fini politici e diplomatici.

In Europa, dirigenti illiberali guardano alla loro estrema destra con ammirazione. A Vienna, Praga, Lubiana o a Nizza si sfoggia la bandiera israeliana su alcuni edifici pubblici, motivando tale gesto con il dovere di sostenere Israele di fronte al pericolo rappresentato dal palestinese Hamas. A Budapest ci si rifiuta di siglare un testo europeo (per quanto poco suscettibile di essere percepito come una miccia rivoluzionaria) in cui si richiede il raggiungimento di un cessate il fuoco tra Gaza e Israele. La scusa è che la posizione europea fosse “parziale e non equilibrata”, nonostante assicurasse il diritto di Israele di difendersi.

Orient XXI intende continuare a informare sulla sorte imposta ai popoli che si vedono negati il diritto alla giustizia, al rispetto della legge internazionale e a un giusto trattamento diplomatico e mediatico. È con questo spirito che Orient XXI ha pubblicato una serie di inchieste dal titolo « France-Israël : lobby or not lobby ? » (in francese) per ricordare quanto sia difficile seguire la questione israelo-palestinese in maniera indipendente senza dover subire le scelte di linguaggio di politici poco preoccupati di dire la verità. È in virtù del principio, più semplicista che semplificatore, per cui è meglio un regime antidemocratico rispetto a una direzione islamista, che la Francia ha venduto dei caccia Rafale all’Egitto (in francese), le cui autorità reprimono senza sosta qualsiasi opposizione, pubblica o sospetta, e sopprimono libertà di espressione e associazione.

Nonostante tutti questi venti contrari, Orient XXI continua ad andare avanti, attento a rappresentare nel modo più giusto possibile tutte le società del mondo arabo e musulmano e a testimoniare i loro sforzi per ottenere più libertà. A dispetto delle difficoltà legate alla pandemia, Orient XXI ha potuto contare su giornalisti, ricercatori, universitari, giornalisti indipendenti e altri collaboratori che dal paese dove risiedono hanno potuto inviare al nostro giornale le informazioni di cui aveva bisogno. È grazie a tutte e tutti loro che abbiamo seguito le evoluzioni percepibili in Sudan (in francese), l’apertura da parte della Corte penale internazionale di un’inchiesta (articolo prossimamente in italiano) sui crimini commessi nei territori palestinesi, o i nuovi e più distesi rapporti tra l’Arabia Saudita e il Qatar. È così che quest’anno sono stati pubblicati centinaia di articoli – di cui una cinquantina in lingua italiana - riguardanti la politica così come l’economia, la cultura e i fenomeni sociali, i diritti umani e la condizione delle donne, l’ambiente e le religioni.

Oltre che in francese, Orient XXI pubblica anche in arabo, inglese, persiano, spagnolo e, dall’inizio del 2021, in italiano grazie a un gruppo di volontari che vive e lavora nella penisola.

Questa politica risoluta di fornire un’informazione verificata, indipendente, diversificata e accessibile in più lingue ha un costo. Se da una parte Orient XXI può contare su alcuni dei suoi numerosi partner che offrono gratuitamente i loro articoli e le loro illustrazioni e traduzioni, dall’altra il giornale ambisce a retribuire i suoi collaboratori più giovani o che si trovano all’inizio della loro carriera. Inoltre, due delle collaboratrici del giornale sono stipendiate. A questo si aggiunge il fatto che la situazione sanitaria ha causato una riduzione degli aiuti e delle sovvenzioni nelle quali il giornale aveva il diritto di sperare.

È per tutte queste ragioni che Orient XXI, che ha fatta la scelta della gratuità e dell’indipendenza, fa appello due volte all’anno ai suoi lettori e alle sue lettrici.

Un grande grazie da parte del gruppo Orient XXI.

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