Diario da Gaza 17

“Continueremo a festeggiare l’Eid sulla nostra terra”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Ora condivide un appartamento con due camere da letto con un’altra famiglia. Nel suo diario, racconta la sua vita quotidiana e quella degli abitanti di Gaza a Rafah, bloccati in questa enclave miserabile e sovraffollata. Questo spazio è dedicato a lui.

Deir El-Balah, 10 aprile 2024. Bambini giocano su una giostra il primo giorno della festività dell’Eid, dopo la fine del mese di Ramadan.
AFP

Giovedì, 11 aprile 2024.

Oggi è il primo giorno dell’Eid al-Adha, la festa che si celebra per la fine del periodo di digiuno e del Ramadan. Di solito rappresenta un momento di gioia e felicità, soprattutto per i bambini. In questo giorno, c’è l’abitudine di fare visita ai parenti, portando della cioccolata, dei maamoul1, dei dolci, soprattutto a Gaza, dove le relazioni sociali sono molto forti.

Ma questa volta l’Eid è arrivato dopo 6 mesi di guerra, massacri, feriti e morti, di distruzione totale e di vita in tenda per gli sfollati. Così siamo andati a casa dei miei suoceri. In casa non mancava solo la gioia tipica della festa, ma anche la presenza di Suleiman, mio suocero, che era un po’ il pilastro dell’Eid. Tutto ruotava intorno a lui.

Dopo la preghiera2, Suleiman aveva l’abitudine di noleggiare un pulmino con i suoi ultimi nove figli e cominciava ad andare in visita dai parenti molto presto, a partire dalle 7 e mezza del mattino. Il suo giro iniziava dalle figlie, poi andava dai fratelli e dai nipoti.

“Mio marito era il pilastro di questa tenda”

In questo giorno, i bambini si aspettano di solito delle aidiyeh, ossia delle mancette che vengono date per comprare quello che vogliono. Nel mondo arabo e musulmano è un rituale che tutti osservano. Suleiman aveva 19 figli, e non so quanti nipotini. Solitamente arrivavano tutti i suoi nipoti per salutarlo ed abbracciarlo ed era un momento di grande gioia. Ma oggi c’era solo tristezza. Sono andato a trovare mia suocera Nabila. Non riusciva a smettere di piangere. Diceva:

Ti ricordi Rami quando tutti i bambini si riunivano intorno a lui? Guarda ora come sono tristi. È la prima volta nella mia vita che passo l’Eid così. Lui riuniva tutti, era il punto d’incontro per tutti. Era lui che faceva tutto.

Le ho detto che era giusto così, ora lui era in paradiso e i bambini lo sapevano. Mi ha risposto:

È vero, ma non sembriamo felici. Di solito, per l’Eid, si comprano dei vestiti nuovi per i bambini. Questa volta, invece, non ho potuto comprare nulla per loro. Dall’inizio della guerra, ho perso tanti parenti della mia famiglia: mio fratello, due nipoti, per non parlare della famiglia allargata. Ora mi sento sola anche se i miei figli sono intorno a me. Mio marito era il pilastro della famiglia, il pilastro di questa tenda.

Mi ha detto che le dispiaceva per i bambini, che avrebbe voluto fare dei maamoul ma che non poteva fare nulla, che aveva le mani “legate”, come si dice da noi.

“Ho tirato fuori un paio di banconote...”

Non sapevo cosa dirle. Ho cercato di consolarla dicendole che la vita va avanti e che i suoi nipoti si sarebbero sempre ricordati del nonno. E che presto tutto questo non sarebbe stato altro che un brutto ricordo. Che un giorno diremo: “Ti ricordi di quando eravamo nelle tende? Ti ricordi come vivevamo? Come siamo riusciti a cucinare?”. Le ho detto che anch’io avevo perduto dei parenti, oltre a mio padre e mia madre. Ero legatissimo a mia madre. Il giorno in cui se n’è andata, ero molto triste. Ancora oggi, non riesco a dimenticare quel dolore. Ma la vita deve andare avanti. E così ho ripreso a vivere. Mi sono sposato, ho avuto dei figli che mia madre non ha mai potuto vedere. “Almeno Suleiman ha visto i suoi figli sposarsi, ha conosciuto i suoi nipoti. Ha vissuto molti momenti di gioia, che ogni genitore desidera vivere nella nostra società”.

Le mie parole non l’hanno realmente convinta. Mi guardava ancora in lacrime. A un certo punto, le ho preso la mano e le ho detto: “Vieni, andiamo dai bambini”.

Ho chiamato tutti i nipoti: “Venite qui da nonna Nabila”, e sono venuti tutti. Ho tirato fuori un paio di banconote e degli spiccioli, e ho lasciato che Nabila li distribuisse a tutti i suoi nipoti, anche al bambino di sei mesi. All’improvviso, i bambini, che avevano gli occhi tristi, hanno cominciato a sorridere grazie a quel piccolo gesto della nonna. Ho detto loro: “È stato il nonno a lasciare un po’ di soldi a Nabila per darvi le aidiyeh”. Hanno fatto i salti di gioia, hanno pregato per il nonno e per nonna Nabila, che aveva le lacrime agli occhi, ma questa volta erano lacrime di gioia.

“Rendere felici i nostri figli in questa guerra è un sogno”

Poi abbiamo giocato tutti insieme. È vero che non c’era né il maamul di Sabah, un dolce che le riesce benissimo, né quello fatto da Nabila, ma la tristezza aveva lasciato il posto a questa piccola gioia. Penso che anche Suleiman sarebbe stato felice di vedere la loro felicità. Ma la nostra famiglia è solo un esempio tra tante altre. Finora sono morte 32.000 persone. Sono migliaia le famiglie che quest’anno non hanno potuto vivere la gioia dell’Eid.

Spero che questo sia l’ultimo Eid che passiamo nella tristezza. Mancano 70 giorni al prossimo Eid, l’Eid Al-Kebir. Spero che per allora la guerra sarà finita, e che tutto questo sarà passato.

Nabila è venuta da me e mi ha abbracciato. Mi fa molto piacere ricevere i suoi abbracci. Sono l’unico genero con cui è così affettuosa e questo fa ingelosire tutti. Avevo le lacrime agli occhi. Ero contento di aver reso felici almeno un po’ lei, mia moglie e i bambini. Rendere felici i nostri figli in questa guerra è davvero un grande sogno. Ringrazio Dio di esserci riuscito.

Spero che tutti i bambini di Gaza abbiano potuto avere almeno un po’ di gioia nel cuore durante questo Eid. La gioia dell’Eid e, soprattutto, la gioia e la speranza di vivere, di dire a se stessi che la vita va avanti malgrado tutto. Nonostante questo terremoto che sta devastando Gaza, continueremo a festeggiare l’Eid e, soprattutto, non lasceremo la nostra terra.

1Un dolce tradizionale della cucina araba composto da pasta frolla farcita di datteri, fichi o frutta secca dolci

2Una preghiera speciale che si recita nella moschea la mattina dell’Eid [Ndr].