Diario da Gaza 55

“Per noi, ogni giorno è il 7 ottobre”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Rifugiatisi a Rafah, Rami e la sua famiglia sono stati costretti a un nuovo esilio interno, bloccati come tante famiglie in questa enclave miserabile e sovraffollata. Questo spazio gli è dedicato dal 28 febbraio 2024.

L'immagine mostra un carro armato in azione, con un cannone montato che spara. Sullo sfondo si vede un'esplosione che genera fumi colorati, creando un'atmosfera drammatica. Davanti al carro armato, alcuni soldati sono in posizione, probabilmente impegnati nell'operazione militare. La scena è caratterizzata da polvere sollevata e un'illuminazione intensa, evidenziando l'intensità dell'azione.
Israele, 11 ottobre 2023. Soldati israeliani sparano proiettili vicino al confine con Gaza, nel sud di Israele.
JACK GUEZ / AFP

Lunedì 7 ottobre 2024.

Il 7 ottobre c’è stato il primo anniversario della guerra: 365 giorni di eccidi, 365 giorni di massacri, 365 giorni di “israelerie”1, di stermini. Un anno che è sembrato durare 10 anni. Non solo perché siamo invecchiati di 10 anni nell’arco di un anno, ma perché nessuno ha vissuto gli ultimi 12 mesi come noi, in termini di tempo e spazio.

Oggi si parla del 7 ottobre solo come è stato vissuto da parte israeliana. Un giornalista mi ha chiesto: “Si rende conto dell’immane tragedia degli abitanti nella cosiddetta “Gaza envelope”2? Delle 1.200 vittime?”. Mi sono chiesto come si potesse fare una domanda del genere a uno che vive a Gaza. È ovvio che posso capire quello che hanno provato gli israeliani. Perché lo vivo tutti i giorni. E lo vivo ancora oggi. Per loro, il 7 ottobre si è concluso alle 10 del mattino, fatta eccezione per gli ostaggi e le loro famiglie. Ma io il 7 ottobre, non solo l’ho vissuto finora, ma lo vivevo già da molto tempo prima.

E prima di me, i miei genitori, i miei nonni: tutti loro l’hanno vissuto dal 1948, quando le milizie israeliane attaccarono Deir Yassin e tanti altri villaggi, oltre alle città di Haifa, Giaffa ed altre, deportando centinaia di migliaia di palestinesi. È quella che si chiama Nakba, la catastrofe. Non posso fare un paragone tra quello che hanno vissuto gli abitanti della “Gaza envelope” con quello che hanno vissuto i miei antenati, perché nel 1948 ci furono molti più morti. E anche perché la Nakba dura ancora oggi: dopo la creazione dello Stato di Israele, noi siamo stati costretti a lasciare la nostra terra, e la Palestina è stata divisa.

Davvero credono che questa storia sia cominciata il 7 ottobre?

Alla domanda ingenua del giornalista, ho risposto: “Ma è ovvio che capisco quello che hanno provato gli israeliani. Ma loro, capiscono quello che stiamo provando noi, quello che il loro presidente, il loro primo ministro, il loro esercito ci stanno facendo subire?”

Sono consapevoli di questo Gazacidio, di questa Gazapocalisse che stanno compiendo da un anno? Nel “Gaza envelope”, hanno organizzato dei rave vicino a una prigione imposta dal loro esercito a più di 2 milioni di persone che subiscono un blocco e bombardamenti quotidiani. Si dice che gli israeliani si stiano vendicando degli eventi del 7 ottobre e che Israele abbia il diritto di difendersi da Hamas. Ma cosa ha fatto Hamas prima del 7 ottobre 2023? Cosa ha fatto nel 2009, nel 2014, nel 2019, le date delle precedenti aggressioni israeliane contro Gaza?

Non riesco a capire: sembra che il mondo – e mi riferisco in particolare a quello occidentale – stia cercando di cancellare volutamente l’intera storia della Palestina? Ma davvero credono che questa storia sia cominciata il 7 ottobre? Anni fa, uno dei più famosi generali israeliani aveva previsto ciò che sarebbe accaduto 63 anni dopo. Parlo di Moshe Dayan, allora Capo di Stato Maggiore dell’Idf, che, il 29 aprile 1956, pronunciò un’orazione funebre per un agente di sicurezza del kibbutz Nahal Oz, ucciso e mutilato in un agguato al confine con Gaza. Nahal Oz è uno dei kibbutz attaccati il 7 ottobre 2023. Nel corso dell’orazione, Dayan disse: “Non dedichiamoci oggi a incolpare i suoi assassini. Che cosa possiamo dire del loro odio terribile verso di noi? Da otto anni essi si trovano nei campi profughi di Gaza e hanno visto come, davanti ai loro occhi, noi abbiamo trasformato la loro terra e i loro villaggi, dove loro e i loro antenati abitavano in precedenza, facendoli diventare casa nostra”, lasciando esterrefatti i suoi ascoltatori. Era un discorso di guerra, per dire che ciò che era stato preso con la violenza doveva essere difeso con la violenza.

Israele ha invertito i ruoli

Per tutti i leader occidentali la Russia ha occupato l’Ucraina. Ma qui, è Israele che ha il ruolo della Russia ed è la Palestina ad essere occupata. La creazione di Israele è avvenuta con il piano adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che prevedeva la spartizione della Palestina mandataria in due Stati: lo Stato di Israele e lo Stato di Palestina. Qualcuno può dirmi dove sono oggi i confini di Israele? Esistono dal punto di vista del diritto internazionale? Si tratta di un’occupazione e una colonizzazione. E gli occupati, i colonizzati, hanno il diritto di difendersi, anche attraverso la resistenza armata. È esattamente quello che sta accadendo in Ucraina.

Tutto l’Occidente si è mobilitato per l’Ucraina, fornendo aiuti militari, assistenza umanitaria, sostegno finanziario. Da noi è l’esatto opposto. Israele ha invertito i ruoli. Ha raso al suolo e distrutto l’intera Striscia di Gaza: edifici, alberi, terreni agricoli, siti archeologici. Hanno persino dato fuoco a uomini e donne che erano nelle loro tende. Non posso raccontarvi la miseria, il terrore che viviamo da 365 giorni. Ci sono ancora morti sotto le macerie. Ci sono ancora dei dispersi. Sono vivi? Sono morti?

Ci sono migliaia di feriti e mutilati che non possono più vivere una vita normale. Ci sono 1,7 milioni di sfollati, evacuati dalla loro terra, dalle loro case, dalle loro città che sono andati verso sud, in quella che l’esercito israeliano chiama “zona umanitaria” di al-Mawasi, che però viene costantemente bombardata con lo stesso pretesto: l’obiettivo era colpire un membro di Hamas o sradicare Hamas.

Netanyahu ha bombardato l’intera Striscia di Gaza, da nord a sud e da est a ovest. Se la sua vera intenzione era quella di liberare gli ostaggi, non avrebbe dovuto bombardare, perché il premier sa benissimo che sono tra la popolazione di Gaza. I bombardamenti avvengono in maniera deliberata perché il premier israeliano preferisce che gli ostaggi muoiano. DSta mentendo al suo popolo, perché sa benissimo che la fine della guerra rappresenterebbe la fine della sua carriera politica. Gli israeliani vogliono risolvere una questione politica con le armi. Eppure, la soluzione è molto semplice: accettare uno Stato palestinese, ritirarsi dai territori palestinesi occupati, dalle alture del Golan e dal sud del Libano, così gli israeliani potranno vivere in pace. Ma Netanyahu non vuole la pace, lo dice apertamente. Per lui, tutta la Palestina appartiene a Israele. E per risolvere la questione, se non fosse sufficiente la forza, bisognerà usarne ancora di più. È quello che sta facendo a Gaza: 365 giorni di grave carenza di cibo, carestia, malattie, oppressione, depressione, umiliazione.

La fatwa di Netanyahu

Ma quello che più mi colpisce è la totale mancanza di umanità. Quando l’Occidente vede quello che sta accadendo in Ucraina o in qualsiasi altra parte del mondo, o quando gli israeliani della “Gaza envelope” vengono attaccati, i leader occidentali vedono subito l’aspetto umano della tragedia. Ma quando si tratta della Palestina, e in particolare di Gaza, l’aspetto umano è relativo.

Tutto il mondo è stato umanamente colpito dagli eventi del 7 ottobre. Ma quando gli occidentali hanno visto le immagini dei corpi straziati dei bambini di Gaza, delle case distrutte, dei padri di famiglia che morivano in strada, degli uomini che uscivano dalle loro case sventolando bandiera bianca e venivano fucilati, non c’è stata alcuna compassione umana, almeno tra i leader, e in buona parte della popolazione occidentale.

Lo stesso discorso vale per l’esercito israeliano che sa che il 45% degli abitanti di Gaza ha meno di 16 anni. Sono dei bambini. Eppure, nonostante ciò, ha sganciato delle bombe su di loro.

Il motivo è molto chiaro. Fin dall’inizio, Netanyahu ha dichiarato in un suo discorso: “Siamo di fronte ad Amalek”, il capostipite degli Amaleciti, il personaggio biblico simbolo dei persecutori del popolo ebreo secondo la Bibbia. Netanyahu e gli israeliani hanno evocato una guerra di religione. Nella Torah si dice esplicitamente che bisogna sterminare il popolo degli Amaleciti: “Va dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini”. È esattamente quello che sta accadendo a Gaza. Noi siamo il loro Amalek, per questo hanno ucciso le nostre donne, i nostri figli, i nostri genitori. Hanno distrutto le nostre case, ucciso gli animali, sradicato gli alberi, distrutto i nostri mezzi. Ecco il motivo di questo Gazacidio: una fatwa di Netanyahu contro gli Amalek, che ordina ai soldati di essere spietati. E, infatti, non hanno avuto pietà. E tutto questo serve a invertire i ruoli, facendo dei palestinesi gli occupanti e degli israeliani gli occupati.

Israele non ha confini definiti

Ed ecco il motivo per cui Israele “ha il diritto di difendersi”. In tutto il mondo, negli ultimi 365 giorni, ci sono state migliaia di manifestazioni per dire stop alla guerra a Gaza. Perché i leader non hanno mosso un dito? Non hanno forse dei figli? Non possono mettersi nei panni di un padre che ha perso il figlio? Di un bambino che ha perso suo padre? Non riesco a capire questo senso di umanità a geometria variabile. L’umanità è una sola. Si è umani, non solo verso i propri simili, ma verso qualsiasi essere vivente, verso i cani, verso gli animali. Si parla di diritti degli animali, ma quando si tratta dei palestinesi, i diritti non valgono. Tranne quello di essere uccisi, ma soprattutto senza dire una parola, senza reagire, senza resistere. Siamo solo un popolo che vive, mangia e muore. E quando gli israeliani vogliono ucciderci, beh, hanno il diritto di farlo, perché hanno “il diritto di difendersi”.

Tutto viene ribaltato nella propaganda mediatica dell’Occidente. Netanyahu ha mentito su ciò che è accaduto il 7 ottobre, sui cosiddetti bambini decapitati, sugli stupri e persino sul famoso rave, durante il quale un elicottero israeliano dell’Idf avrebbe sparato sui partecipanti, secondo il quotidiano israeliano Haaretz3. È sempre così, quando si tratta di Gaza o della Palestina, bisogna mettere in dubbio tutto. Solo dopo, le inchieste hanno smascherato molte menzogne. Ma la soluzione per evitare uccisioni e sofferenze degli israeliani è molto semplice: fare la pace. Abbiamo cercato di farla in passato, e in parte ha funzionato, ma l’estrema destra e Netanyahu non l’hanno voluta, distruggendo gli accordi di Oslo. Per loro, non esiste un popolo palestinese che possa vivere in pace a fianco di Israele, e i confini di Israele non sono ancora definiti.

Vorrei che tutto questo finisse, questi 365 giorni di umiliazione, dove ogni giorno ci sono nuovi orfani, nuovi mutilati, 365 giorni in cui il sangue non ha mai smesso di scorrere. Ogni volta mi fanno la stessa domanda: come ha vissuto quest’anno? Non riesco a trovare le parole per rispondere. Nemmeno la parola “inferno” può descrivere quello che abbiamo vissuto. È una cosa senza precedenti. Spero che l’umanità possa fare qualcosa. Quando si resta umani, si è in grado di vedere l’ingiustizia. Quando si muoverà il mondo? Non lo so, ma sono sicuro che un giorno regnerà la giustizia e l’umanità tornerà a trionfare.

1Neologismo inventato dall’autore per indicare una strage commessa da Israele. [Ndr].

2È il nome dato alla fascia di territorio israeliano che circonda la Striscia