Palestina. La bussola di Francesca Albanese

Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, sottolinea nel suo ultimo libro Quando il mondo dorme. Racconti, voci e ferite dalla Palestina la distanza tra i principi del diritto internazionale e la “brutale realtà” dei rapporti di forza sul campo. Una realtà affrontata anche nel documentario di Christophe Cotteret, Disunited Nations — Proche-Orient: l’ONU dans la tourmente, che andrà in onda su Arte il 9 dicembre 2025.

Donna con occhiali e capelli raccolti, in un ambiente con il logo delle Nazioni Unite sullo sfondo.
Francesca Albanese. Locandina del documentario Disunited Nations di Christophe Cotteret (2025)

Quando il mondo dorme davanti allo sterminio del popolo palestinese e alla distruzione di Gaza, non bisogna trascurare nulla per scuoterlo e costringerlo a guardare in faccia la realtà. Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, si è prefissata questo obiettivo e non molla. Già nel corso della sua missione per le Nazioni Unite, ha pubblicato quattro rapporti dai titoli inequivocabili: “L’anatomia di un genocidio” (luglio 2023), “La Genocidio come cancellazione coloniale” (ottobre 2024), “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio” (luglio 2025) – perché, sì, varie aziende, comprese quelle francesi, fanno affari sul sangue del popolo palestinese – e “Genocidio di Gaza: un crimine collettivo” (ottobre 2025)1.

La relatrice speciale è indignata. Tuttavia, non si discosta mai dalla sua bussola: il diritto internazionale. Un diritto non disincarnato, freddo o meccanico, ma al servizio delle persone, per non perdere mai di vista l’umanità di ciascuno e di tutti. Un diritto che la relatrice ribadisce con forza confrontandolo con le aggressioni davvero inimmaginabili, dalle più insidiose alle più spettacolarmente violente, contro i palestinesi nella loro vita quotidiana.

Come testimonia il suo ultimo libro, Francesca Albanese possiede quel raro talento di saper coniugare ricordi personali e parole forti dei palestinesi che lottano per la loro sopravvivenza o di israeliani che sono contro la follia omicida del loro Paese. Senza dimenticare i riferimenti storici per contestualizzare i fatti e i continui richiami al diritto internazionale. La relatrice Onu riesce così a cogliere i minimi dettagli che rivelano ferite profonde: quelle dei suoi interlocutori ma anche, fatte le debite proporzioni, le sue.

La relatrice non cerca del resto di nasconderle. Nell’introduzione, traccia le linee generali del suo percorso. Nata in una cittadina montana nel Sud Italia, niente sembrava destinarla a diventare una sentinella dei diritti umani dei palestinesi, una whistleblower del genocidio in corso a Gaza. È il risultato dei suoi incontri, delle sue scelte, delle sue esperienze e, in particolare, di quella di giurista presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA) nel 2010. Qualunque siano le sue svolte professionali, la Palestina non uscirà mai dal suo orizzonte.

Le storie si intrecciano

Lo si evince da questo libro diviso in dieci capitoli, dove ogni capitolo prende il titolo dai personaggi straordinari incontrati nella Palestina occupata, le cui “storie si intrecciano alle vite e ai volti di molti altri”, come scrive nel libro. L’autrice approfondisce queste storie personali affrontando grandi questioni esistenziali (e polemiche): l’apartheid; la confusione sapientemente alimentata tra antisemitismo e critica al potere israeliano; il genocidio; e persino il diritto umanitario che può anche contribuire a banalizzare la colonizzazione...

In “Hind. Cos’è l’infanzia in Palestina?”, titolo del primo capitolo, l’autrice racconta infatti l’omicidio di una bambina di sei anni, Hind Rajab, da parte dell’esercito israeliano assieme a sei familiari e due paramedici della Mezzaluna Rossa arrivati in suo soccorso2, ma anche le testimonianze sconvolgenti di decine di bambini che Francesca Albanese ha ascoltato più e più volte:

Diventano grandi nel corpo di bambini, già gravati da preoccupazioni, da ansie, da paure, da responsabilità che non dovrebbero appartenere alla loro età.

Francesca Albanese sottolinea anche il caso dei bambini israeliani, cresciuti fin da piccoli nell’odio verso gli “arabi”, come dicono loro. Un termine generico per cancellare quello di “palestinesi”, come sottolinea George, un ingegnere palestinese che mostra cosa significa vivere nella Gerusalemme occupata.

Possiamo citare anche Abu Hassan e “le conseguenze dell’occupazione”; il professore italo-israeliano Alon Confino, grande studioso dell’olocausto, e l’antisemitismo; Ingrid e i numerosi esempi delle “sottigliezze della normalizzazione” dell’apartheid in nome del diritto umanitario; Ghassan Abu Sitta, medico chirurgo naturalizzato britannico, e le immagini insostenibili dei pazienti che accoglie; Gabor e la necessità di “preservare la memoria di un popolo”. Il decimo ritratto è dedicato a Max, suo marito, che vive a New York e si prende cura dei loro due figli quando Francesca Albanese è in viaggio. È lui che all’occorrenza provvede economicamente alla famiglia, visto che, in qualità di relatrice speciale, lei non riceve alcuno stipendio.

Quando si chiude il libro, viene in mente un verso di René Char: “La lucidità è la ferita più prossima al sole”, quella che brucia di più. Francesca Albanese ha una lucidità che ferisce: “Il genocidio di Gaza fa ormai parte della nostra storia collettiva, una macchia indelebile che peserà sull’umanità e per la quale i nostri nipoti chiederanno conto”. La relatrice intravede anche un barlume di speranza: la presa di coscienza dei popoli che, da soli, possono smuovere le montagne.

Ecco perché i difensori del sionismo e della colonizzazione di Israele ne hanno fatto un’acerrima nemica. C’è anche chi la scredita in modo più o meno sottile, come il conduttore del programma mattutino di France Culture, Guillaume Erner, che il 18 novembre 2025 le ha negato la qualifica di relatrice speciale dell’ONU per etichettarla come “voce filopalestinese”3.

C’è poi chi si spinge anche oltre. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, l’ha inserita nella lista nera dei terroristi, privandola di tutti i servizi delle aziende statunitensi o delle società ad esse collegate, a cominciare dalle carte di credito. È in buona compagnia, insieme al procuratore della Corte internazionale di giustizia Karim Kahn e ad altri tre giudici, tra cui il francese Nicolas Guillou4 tutti abbandonati dalle autorità francesi ed europee. Anche questo significa partecipare all’asservimento del popolo palestinese.

Incontro filmato con Francesca Albanese e Agnès Callamard

DISUNITED NATIONS Débat avec Francesca Albanese, Agnès Callamard, Christophe Cotteret, Johann Soufi.

Francesca Albanese era presente al Forum des images il 17 novembre 2025 in occasione della presentazione del documentario Disunited Nations – Proche-Orient: l’ONU dans la tourmente, realizzato dal regista e sceneggiatore Christophe Cotteret5.

Dopo la proiezione, c’è stato un dibattito con la relatrice speciale delle Nazioni Unite Agnès Callamard, il segretario generale di Amnesty International, Christophe Cotteret e Johann Soufi, avvocato specializzato in diritto penale internazionale. Ha moderato il dibattito Sarra Grira, caporedattrice di Orient XXI.

Il documentario sarà trasmesso su Arte il 9 dicembre 2025.

1Ogni rapporto è pubblicato in diverse lingue sul sito delle Nazioni Unite (ONU)

2Si ved il film di Kaouther Ben Hania, La voce di Hind Rajab, 1h52’, uscito nelle sale il 26 novembre 2025.

3L’intervista, molto di parte, ha suscitato molte polemiche. Si veda in particolare Pauline Bock, “Erner face à Albanese: retour sur une interview ‘radicale’”, Arrêt sur image, 22 novembre 2025.

4Stéphanie Maupas, “La vie de Nicolas Guillou, juge français de la CPI sous sanctions des États-Unis : ‘Vous êtes interdit bancaire sur une bonne partie de la planète’”, Le Monde, 19 novembre 2025.

5L’intervento è nel riquadro arancione

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