Diario da Gaza 43

“Le cicche valgono oro”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Rifugiatisi a Rafah, Rami e la sua famiglia sono stati costretti a un nuovo esilio interno, bloccati come tante famiglie in questa enclave miserabile e sovraffollata. Questo spazio gli è dedicato dal 28 febbraio 2024.

L'immagine mostra una persona che tiene in mano una sigaretta su un piatto di plastica rosa, sul quale sono visibili numerosi mozziconi di sigaretta. Accanto ai mozziconi c'è del tabacco sfuso e un contenitore trasparente. Lo sfondo rivela una strada affollata, con persone che si muovono e diversi cartelloni pubblicitari. L'atmosfera sembra quella di un mercato o di una zona urbana.
Rafah, 4 marzo 2024. Un uomo arrotola delle sigarette da vendere.
Mohammed ABED / AFP

Lunedì 29 luglio 2024.

Per andare alla Press House-Palestine della Striscia di Gaza, che ha riaperto da poco, passo tutti i giorni davanti al “grande mercato” di Deir el-Balah, allestito su entrambi i lati della strada. È un tipico mercato di guerra, dove non si trova granché. Quello che si può trovare sono per lo più oggetti usati: vecchie scarpe, sandali di seconda mano, vestiti usati rivenduti dai proprietari o trovati qua e là... Chiunque può venire qui a vendere la sua roba. Posti così, ce ne sono un po’ in tutta la Striscia di Gaza, ma siccome la maggior parte degli sfollati è ammassata nella vicina area di Al-Mawasi, quello di Deir el-Balah è diventato il mercato più importante.

Per arrivarci, passo attraverso la piccola rotonda di Al-Madfaa, poi prendo una stradina dove si vedono delle macchine parcheggiate accanto a una moschea. Sono auto degli anni 2020, modelli piuttosto rari nella Striscia di Gaza. Quelle di cilindrata più grossa valgono circa 100.000 dollari (quasi 92.000 euro). In ogni macchina, c’è sempre un uomo seduto dentro il bagagliaio aperto, con accanto una borsa, una bilancia di precisione, di solito utilizzata per pesare l’oro, e un kalashnikov. In genere, anche l’autista gira armato.

Un traffico organizzato da due grandi famiglie

Vi ho già parlato della “guerra delle sigarette” condotta dagli israeliani, che hanno vietato l’importazione nella Striscia di Gaza. Il divieto ha generato un fenomeno di tipo mafioso. Quelli che si vedono sono uomini che vendono sigarette di tabacco grezzo, non lavorato, importate illegalmente dalla Cisgiordania o da Israele. Le sigarette vengono pesate al grammo utilizzando dei bilancini. A seconda della qualità, un grammo viene scambiato tra i 30 e i 70 shekels (tra i 7,5 e i 17,5 euro al grammo).

Grazie a un amico beduino che conosce bene questi ambienti, sono riuscito a ricostruire come funzione questo sistema. Prima si accordano un palestinese di Gaza e uno della Cisgiordania, di Hebron ad esempio, o un israeliano. Per fare arrivare il tabacco nella Striscia di Gaza lo nascondono nei camion degli importatori privati. Da parte israeliana, c’è un trafficante che sa che l’indomani dovrà arrivare un camion di pomodori autorizzato a transitare attraverso il valico di Kerem Shalom, nel sud, l’unico attualmente in funzione. Il trafficante provvede quindi a nascondere il tabacco dentro i pallet. Al valico, i bancali vengono scaricati dal camion israeliano e caricati su quello palestinese. A volte l’importatore palestinese ne è al corrente perché lui stesso fa parte dell’operazione, a volte non sa che il tabacco è nascosto in quello che sta trasportando.

Da parte palestinese, c’è un gruppo armato che aspetta il camion. Gli uomini del gruppo sono autorizzati dall’esercito israeliano a fermarsi nella rotonda di Al-Shouka, non lontano dal valico; un luogo in cui, normalmente, nessuno può accedere. Se l’importatore palestinese è al corrente di tutto, gli uomini armati scortano il camion. In caso contrario, fermano il camion, scaricano i pallet, portano il tabacco in un luogo sicuro, e infine rimettono a posto i pomodori. Il traffico è organizzato da due grandi famiglie di cui non posso fare i nomi: una famiglia beduina di Deir el-Balah e un’altra originaria di Khan Younis.

Il tabacco importato di contrabbando viene venduto così com’è, perché è considerato di buona qualità. Ma queste due famiglie, oltre al controllo del traffico, gestiscono anche la coltivazione del tabacco sui loro terreni agricoli. Per incrementare le vendite, aggiungono delle sostanze che, in realtà, sono tossiche, come ad esempio il Confidor 200 SL, un noto insetticida che graffia un po’ la gola. Ma è quello che i fumatori vogliono, perché è ciò che le rende delle “vere sigarette”. Altri aggiungono anestetici, spesso trafugati dagli ospedali. È per questo che fumare queste sigarette procura una sensazione di benessere, dando l’impressione di essere “un po’ fuori di testa”.

Per gli israeliani è vietato importato fiammiferi e accendini

Per fare una sigaretta, servono delle cartine. Un tempo, i nostri genitori e nostri nonni, abituati a rollare le sigarette, adoravano quelle della Ottoman1, un marchio che è poi passato a indicare le cartine, come il nome Kleenex per i fazzoletti di carta. Ma le cartine Ottoman oggi sono troppo care. E così, come per tante altre cose, hanno usato l’arte di arrangiarsi. I fumatori hanno scoperto che possono usare la carta impiegata per stampare un disegno su una t-shirt o una tazza.

E visto che quella carta contiene carbonio, ha una buona combustione e non è necessario riaccendere la sigaretta, come succede con tante altre cartine. È un grande vantaggio, perché i fiammiferi e gli accendini, la cui importazione è vietata dagli israeliani, si trovano di rado e sono molto costosi. Di conseguenza, com’è ovvio, è aumentato anche il prezzo della carta da stampa.

Altri fumatori costruiscono delle pipe rudimentali con un tubo di bambù, al centro del quale praticano un foro per infilare la sigaretta. Oppure vengono raccolti dei mozziconi di sigaretta. I negozianti affidano a dei ragazzini il compito di raccogliere le cicche là dove ci sono assembramenti di fumatori, ad esempio nei pressi di un bar, o nelle rotonde dove è possibile trovare una connessione Internet.

A fine giornata, ogni bambino riesce a raccogliere tra i 10 e i 40 grammi di tabacco, che è una discreta somma, in quanto un grammo può valere in media 30 shekel (7,5 dollari). Un commerciante ha trovato un altro metodo, si serve di un uomo che fa le pulizie in un edificio delle Nazioni Unite, con il compito di svuotare tutti i posacenere dei dipendenti espatriati, gli unici che possono portare con sé le proprie sigarette. Sono fumatori che possono permettersi il lusso di non fumare le sigarette fino alla fine come fanno gli abitanti di Gaza, e così lasciano degli enormi mozziconi. È il motivo per cui il negoziante paga all’addetto alle pulizie 100 shekel (25 euro) al giorno, perché le cicche valgono oro.

Aumentare il caos della sicurezza a Gaza

Gli israeliani sono al corrente di questo traffico illegale. Se ci sono riuscito io a ottenere queste informazioni, è fuori dubbio che lo sappiano anche gli israeliani. Ma preferiscono chiudere un occhio. Da quanto so dalle mie fonti, i trafficanti versano grosse somme di denaro ad alcuni membri dei servizi di sicurezza israeliani, o dell’esercito. Del resto, non sarebbe la prima volta nella storia dell’occupazione della Palestina. Ma la corruzione non è l’unica causa. Se gli israeliani permettono che ciò accada, è anche per aumentare il caos della sicurezza a Gaza. Le mafie che gestiscono il traffico di sigarette sono armate, pronte a scontrarsi con altri gruppi pur di impedire ogni concorrenza. E poi, dopo il traffico di sigarette, queste stesse famiglie potranno dedicarsi ad altre fonti di guadagno: benzina, gas, ecc. E quando a Gaza ci saranno dei gruppi armati fino ai denti, potrebbero trovarsi un giorno a dover difendere i loro affari contro Hamas, visto che stanno racimolando milioni e milioni di shekel.

Per gli israeliani, i gruppi armati non rappresentano un vero pericolo. Come ho già detto, questi gruppi, che possono contare su dei complici nella parte israeliana, sono interessati solo a fare soldi. Però sono pronti a tutto pur di conservare il loro potere. Certo, non sono cartelli colombiani, ma, rispetto a Gaza, rappresentano già una grossa minaccia. Gli israeliani hanno tutto l’interesse ad aumentare il caos della sicurezza, ben oltre la guerra – se e quando finirà – in modo da costringere infine gli abitanti di Gaza a lasciare la città, anche nel caso in cui dovessero cessare i combattimenti.

1Le cartine Ottoman sono prodotte in Giordania esclusivamente con fibra di papiro egiziano. Sono ultra sottili, senza colla, leggerissime, bruciando perfettamente anche con tabacchi umidi. [NdT].